19 marzo 2024
Aggiornato 03:00
Il rapporto

L'allarme di Confindustria: «La crisi economica sarà un meteorite, rischio depressione prolungata»

Un preoccupante rapporto di Viale dell'Astronomia sull'impatto economico dell'epidemia di coronavirus: «Calo Pil primo semestre del 10%. Il debito/Pil al 147%, deficit al 5%»

Vincenzo Boccia, Presidente uscente di Confindustria
Vincenzo Boccia, Presidente uscente di Confindustria Foto: ANSA

ROMA - L'economia italiana è stata colpita al cuore dal Coronavirus. Uno shock che viene dall'esterno, come «un meteorite», e che rischia di provocare una «depressione prolungata» con un «aumento drammatico delle disoccupazione e un crollo del benessere sociale». Ecco perchè occorre tutelare il tessuto produttivo e «agire subito, senza tentennamenti o resistenze: altri Paesi si stanno già muovendo in questa direzione». E' questo l'appello rivolto al governo e al mondo politico dal Centro Studi di Confindustria.

«Mai nella storia della Repubblica - è la premessa del Csc - ci si è trovati ad affrontare una crisi sanitaria, sociale ed economica di queste proporzioni». Questo, secondo gli economisti di Confindustria «è il momento di agire affinchè il nostro Paese possa affrontare adeguatamente questa fase drammatica e risollevarsi quando l'emergenza sanitaria sarà mitigata».

Tutelare lavoratori, imprese e famiglie

Bisogna, in primis, tutelare lavoratori, imprese e famiglie «con strategie e strumenti inediti e senza lesinare risorse». Solo mettendo in sicurezza i cittadini e le imprese «la recessione attuale potrà non tramutarsi in una depressione economica prolungata». Non appena possibile, poi, a giudizio di Confindustria occorrerà mobilitare risorse rilevanti per «un piano di ripresa economica e sociale». In entrambi le fasi «un'azione comune o almeno coordinata a livello europeo sarebbe ottimale; in assenza di questa possibilità, la risposta della politica economica nazionale dovrà essere comunque tempestiva ed efficace».

Calo Pil primo semestre del 10%

Guardando ai numeri, il Csc ha calcolato che ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive potrebbe costare una percentuale ulteriore di Pil dell'ordine di almeno lo 0,75%, pari a circa 13,5 miliardi di euro. La caduta cumulata del Pil trimestrale (che è pari a 430 miliardi) nei primi due trimestri arriva a -10%. Il Coronavirus, dunque, affonda il Pil italiano. Nel 2020 il prodotto interno lordo subirà un crollo del 6% portando l'Italia in profonda recessione. Il dato - avvertono gli economisti di Confindustria - potrebbe essere peggiore nel caso in cui le attività produttive non riaprissero a marzo.

Sul fronte del lavoro l'impatto delle misure di contenimento sarà pesante. Il tasso di disoccupazione risalirà quest'anno all'11,2% dal 9,9% del 2019. Nel 2021, secondo il Csc, tornerà invece a scendere attestandosi al 9,6%. L'occupazione totale, in termini di Ula, nel 2020, calerà del 2,5%.

Ogni settimana di blocco costa 13,5 miliardi

Ogni settimana in più di blocco normativo delle attività produttive potrebbe costare una percentuale ulteriore di Pil dell'ordine di almeno lo 0,75%, pari a circa 13,5 miliardi di euro. Nelle previsioni del Csc si ipotizza che nel settore manifatturiero saranno attive queste percentuali di imprese nei prossimi mesi: ad aprile 40% all'inizio e 60% alla fine del mese; a maggio 70% all'inizio e 90% alla fine del mese; a giugno 90% all'inizio e 100% alla fine del mese. Con queste ipotesi, la caduta cumulata del Pil trimestrale (che è pari a 430 miliardi) nei primi due trimestri arriva a -10%. Inoltre, la ripartenza nel secondo semestre sarà comunque frenata dalla debolezza della domanda di beni e di servizi.

Deficit-Pil vola al 5% nel 2020

Deficit pubblico in crescita. Il Centro Studi di Confindustria stima che a fine 2020 l'indebitamento delle Amministrazioni Pubbliche salirà al 5% del Pil, per poi scendere al 3,2% nel 2021. Il dato sconta anche la disattivazione completa, in deficit, della clausola di salvaguardia per un valore di 20,1 miliardi di euro (pari all'1,1% del Pil).

L'aumento delle entrate tributarie nel 2019 va considerato permanente. Sul 2020 influisce in maniera positiva la migliore evoluzione delle entrate nel 2019, che si è tradotta in un miglioramento del deficit (all'1,6% del Pil dal 2,2% previsto dalla Nota tecnica illustrativa allegata all'ultima Legge di bilancio). Il Csc ritiene che quest'aumento sia in buona misura permanente, sebbene verrà in larga parte eroso dalla dinamica negativa del Pil per il 2020.

Il rapporto debito pubblico/Pil salirà al 147% quest'anno per l'effetto congiunto dell'ampliamento del deficit legato all'emergenza Covid-19 e della caduta del Pil nominale (-5,2%). Nel 2021 si assesterà al 144,3%.

Imprese a rischio, Italia a rischio

Imprese a rischio, Italia a rischio. Per Confindustria oggi «è urgente evitare che il blocco dell'offerta ed il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese: a fronte delle spese indifferibili, tra cui quelle per gli adempimenti retributivi, fiscali e contributivi, e degli oneri di indebitamento, le mancate entrate prodotte dalla compressione dei fatturati potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive». Bisogna evitare che «la crisi di liquidità diventi un problema di solvibilità, anche per imprese che prima dell'epidemia avevano bilanci e prospettive solide».

Ultima chiamata per Ue, subito eurobond

Le istituzioni europee «sono all'ultima chiamata per dimostrare di essere all'altezza della situazione». Le prime azioni messe in campo vanno accompagnate da un «cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata». In Europa, secondo il Csc, «dopo i consueti balbettamenti assai gravi in questa situazione, in queste settimane sono state già prese decisioni importanti. I massicci interventi della Bce, che hanno fermato per ora l'impennata dello spread sovrano per l'Italia; la sospensione di alcune clausole del Patto di Stabilità e Crescita, per la finanza pubblica; le misure temporanee sugli aiuti di Stato». Queste azioni, però, «vanno accompagnate con un cruciale passo in più: l'introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata». L'Europa, insomma, è chiamata a compiere «azioni straordinarie per preservare i cittadini europei da una crisi le cui conseguenze rischiano di essere estremamente pesanti e di incidere duraturamente sul nostro modello economico e sociale».

Già la crisi dei debiti sovrani del 2011, a giudizio degli economisti di Confindustria, aveva mostrato le criticità dell'architettura della casa comune europea. «I limiti dell'assetto della governance europea sono nuovamente evidenziati dall'attuale crisi sanitaria. Il piano proposto finora dalla Commissione Ue - conclude il Csc - è poca cosa e come al solito lascia ai singoli paesi la responsabilità di gestire la crisi. La sospensione del Patto di stabilità è emergenziale, indispensabile ma insufficiente».