11 ottobre 2024
Aggiornato 23:00
Fisco

«Manette agli evasori», tutti i rischi delle norme in vigore

A differenza della legge di bilancio le modifiche introdotte dal decreto fiscale sul versante penale entrano in vigore direttamente, e quindi sono già Legge

Il Ministro Roberto Gualtieri con il Premier, Giuseppe Conte
Il Ministro Roberto Gualtieri con il Premier, Giuseppe Conte Foto: ANSA

ROMA - Sono davvero molte le novità introdotte nel penale tributario dal decreto fiscale collegato alla manovra, a partire dalle manette agli evasori e dall'estensione della responsabilità amministrativa delle società e degli enti anche per alcuni reati tributari, come la dichiarazione fraudolenta. Norme ora in vigore che, a fronte di un maggiore gettito e puntando su un effetto deterrente, rischiano però allo stesso tempo di creare un «clima di repressione penale molto forte che potrebbe scoraggiare l'iniziativa imprenditoriale» e di inceppare l'attività dei Tribunali in assenza di un incremento dell'organico dei Magistrati. Ne è convinto l'avvocato Edoardo Belli Contarini, partner dello Studio Legale Tributario Fantozzi & Associati.

Come cambia nel 2020 la disciplina penale tributaria? Cosa c'è di positivo e cosa c'è di negativo?
«C'è un'evidente inversione di rotta rispetto al recente passato perché l'impianto sanzionatorio viene inasprito con l'aumento delle pene edittali, la diminuzione delle soglie di punibilità e l'estensione ai reati tributari - seppure per quelli più gravi, cioè per la dichiarazione fraudolenta, l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, e la sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte - della confisca per sproporzione di cui all'articolo 240-bis del codice penale. Come elemento positivo viene esteso il ravvedimento operoso anche alle ipotesi di dichiarazioni fraudolente, purché però il contribuente si attivi prima di venire a conoscenza delle indagini a suo carico».

Si tratta di norme che sono entrate in vigore direttamente o per cui sono necessari decreti attuativi?
«A differenza della legge di bilancio, ove molte norme necessitano di decreti di attuazione, le modifiche introdotte dal decreto fiscale sul versante penale entrano in vigore direttamente, e quindi sono già legge. Con un'eccezione: l'applicazione della confisca per sproporzione di cui parlavo prima, che si applica solo ai comportamenti posti in essere dopo l'entrata in vigore della legge di conversione del decreto».

Il più aspro impianto di sanzioni, tra cui le cosiddette manette agli evasori, porterà maggiori benefici alle casse dello Stato?
«Forse in termini di deterrenza e di gettito, considerato anche che nella legge 231 - che disciplina la responsabilità amministrativa degli enti e delle società - vengono inseriti anche i reati tributari, sebbene anche qui i delitti più gravi di cui si è detto prima. Vale però la pena da parte del legislatore di chiedersi se questi benefici non vengano mitigati da un clima di repressione penale molto forte che potrebbe scoraggiare l'iniziativa imprenditoriale e gli investimenti».

Che impatto ha, in positivo e in negativo, l'estensione della responsabilità amministrativa prevista dalla legge 231 per i reati tributari che finora non esisteva?
«Con questa estensione una società accusata di aver commesso reati tributari - ovviamente nella persona del legale rappresentante - per evitare l'aggiunta delle sanzioni pecuniarie amministrative e di quelle interdittive (divieto di contrattare con la PA, esclusione e/o revoca di agevolazioni, sussidi, finanziamenti e contributi) previste dalla legge 231 deve preventivamente dotarsi del modello di organizzazione ad hoc e dell'organo di vigilanza. Questa sorta di «polizza assicurativa» comporterà un aggravio di costi per i contribuenti ma sarà assolutamente necessario, come lo sarà il ricorso a una consulenza specializzata in questa materia».

Qual è la ratio di questi interventi dopo diversi anni che hanno visto da una parte condoni e rottamazioni e dall'altra tentativi di pace fiscale con i contribuenti?
«La ratio è chiaramente di scoraggiare e reprimere gli illeciti tributari, oltre che di incrementare il gettito. Con una strategia di fondo, però, di segno contraddittorio rispetto agli interventi dell'ultimo quadriennio, in cui si sono succeduti la «pace fiscale» e la rottamazione delle cartelle esattoriali. Insomma, si è passati da una «stagione dei condoni» al ritorno al passato con le «manette agli evasori» di cui alla legge 516 del 1982. Al cospetto di tali e tanti interventi legislativi succedutisi nell'arco soltanto di pochi anni - di segno contraddittorio - è difficile cogliere una strategia di fondo. E' una situazione «ondivaga», come il famoso pendolo di Foucault. Il messaggio mediatico però è chiaro: chi evade deve «pagare», in tutti i sensi, anche sul piano penale».

Come si potrebbe intervenire per riequilibrare il sistema, se è troppo a sfavore del contribuente?
«Bisognerebbe anzitutto intervenire sulle aliquote progressive Irpef, tuttora troppo alte, rimaste sostanzialmente ferme agli anni ottanta. Poi sarebbe opportuno migliorare i sistemi di controllo e di accertamento, troppo disorganizzati, disorganici ed effettuati dall'amministrazione finanziaria con poco personale e senza mettere «a sistema» le numerose banche dati a sua disposizione. Infine, e soprattutto, si dovrebbe riformare la giustizia tributaria che oggi, almeno per quanto riguarda le Commissioni tributarie, è fortemente inadeguata».

Alla fine le sembra una riforma efficace o che rischia di rimanere almeno in parte sulla carta?
«E' probabile che sul piano della deterrenza dal commettere illeciti tributari la nuova legge funzionerà, ma con i corollari negativi di cui abbiamo detto prima. Vedo poi un altro difetto di questa riforma: rischia di provocare un ulteriore ingolfamento dei tribunali, che già oggi con difficoltà riescono a smaltire i processi penali pendenti. Senza un aumento dell'organico dei magistrati, unito a una maggiore specializzazione in materia tributaria, il sistema potrebbe incepparsi nel futuro prossimo».