18 aprile 2024
Aggiornato 05:30
Fiscalità degenerata: tutti contro tutti

Quel «sistema predatorio» chiamato mercato unico europeo

Cosa ci cela dietro al mantra di Draghi 'ci vuole più integrazione europea'? L'Unione Europea, non è un utopia irrealizzata. E' un progetto di conquista da parte di alcuni paesi su altri: un percorso tetragono, in pieno compimento

BRUXELLES - Nel maggio del 2015 Mario Draghi sentenziò: «Euro è irreversibile. L’uscita non è prevista dai trattati». Come tutti sanno solo pochi giorni fa, forse rispondendo all’ennesimo attacco che arrivava da Berlino, il capo della Bce ha corretto il tiro: «Euro non è irreversibile», spiegando che l’uscita dalla moneta unica ha un costo, piuttosto salato: 312 miliardi di euro. Una cifra irrealizzabile per chiunque, ovviamente, ma che apre scenari culturali interessanti. Ieri, durante una conferenza stampa, Mario Draghi ha allargato l’orizzonte sul futuro dell’euro, e non solo: «Serve più Unione per non sparire.» Un concetto, quello del rafforzamento dell’unione tra i paesi membri della Ue che da tempo viene proclamato, ma la cui materialità non è mai stata analizzata. Cosa significa il pletorico concetto di «maggiore integrazione Europea»? Integrazione verso che cosa, verso quale obbiettivo? Seppur ripetuto come un mantra, soprattutto a sinistra, tal concetto non è mai stato declinato. Tra tutte le trappole disseminate sul campo della Ue, uno in particolare merita attenzione: le normative fiscali.

Fiscalità per figli e figliastri
La concorrenza sleale, fiscale, non è un incidente di percorso, ma la regola fondante dell’Unione Europea. A meno che si possa credere che la situazione che vedrete illustrata tra poche righe sia frutto di sciatteria culturale: improbabile. Risulta evidente che la Ue, al di là della retorica dei decenni passati, è nata al fine di creare un finto mercato unico in cui alcuni paesi hanno gli strumenti per conquistarne altri: in primis l'Italia. La prosecuzione delle battaglie interrottesi nel 1945, con altri mezzi. L’arma decisiva è ovviamente quella fiscale, che unita alla libera circolazione dei capitali, ma non per tutti, rende la cosiddetta comunità europea una giungla dove le regole sembrano scritte da Chuck Palahniuk. Di seguito un sunto delle varie normative fiscale della Unione Europea.

Inghilterra
Londra è la capitale dei paradisi fiscali europei, ma solo per i non britannici. I prestigiosi e affermati sistemi bancari del paese sono attendibili e utilizzati da stranieri provenienti da quasi tutti i paesi del mondo, con piccole e grandi imprese che beneficiano di una (relativamente) bassa imposta sulle società del 20%. E' da capire come cambierà la circolazione fiscale in virtù della Brexit.

Germania
Gli investitori stranieri sono liberi dal peso delle tasse sugli interessi in Germania. Il paese teutonico ha molti punti a favore per gli investitori: garantisce l’assoluta privacy dei titolari dei conti e il reddito estero è esente da tassazione se è in forma di dividendi da controllate estere o redditi guadagnati in banche estere.

Irlanda
L’Irlanda offre una tassazione del 12,5% mentre, curiosamente, gli artisti sono esenti da imposte. Il paese ospita la sede europea di Google e di altri colossi americani, proprio per sfruttare la tassazione così bassa. Le persone che affermano di vivere in Irlanda, ma non sono residenti e in possesso di una residenza altrove, possono usufruire del regime fiscale irlandese. L’Irlanda ha una lunga storia nell’offrire basse aliquote d’imposta sulle società, così da incoraggiare le imprese straniere a trasferire la propria attività nel paese. Dublino è inoltre la sede del Financial Services Centre, un centro finanziario che funge come un rifugio deregolamentato sia per gli individui che per le imprese. Gli investimenti esteri nel Financial Services Centre pesavano per ben $ 2.7 miliardi di dollari nel 2014.

Isola di Jersey
Jersey è un’isola situata nel Canale della Manica e può essere considerata un’estensione del sistema finanziario inglese. La «dipendenza» dall’Inghilterra opera sotto diverse forme, come le leggi sulla trasparenza finanziaria. Le informazioni sulla proprietà effettiva non vengono rese disponibili al pubblico come anche le informazioni sui conti finanziari aziendali. I conti bancari a Jersey possono essere aperti senza depositi iniziali. Sulla piccola isola di 5×9 miglia quadrate, si può dire che ogni miglio è sede di $ 5 miliardi di ricchezza privata! Jersey è famosa per le procedure bancarie segretissime, così come la segretezza generale in materia di governo e giustizia.

Olanda
Paesi Bassi = tasse basse! L’Olanda ha una tassazione molto conveniente per le aziende, così come le imposte sugli interessi e sul reddito. Le politiche fiscali dei Paesi Bassi hanno attirato investimenti per 127 miliardi di dollari nel 2010 da aziende multinazionali. Ma da segnalare è anche il boom di investitori privati che hanno creato almeno una società a responsabilità limitata nei Paesi Bassi (+48%).

Svezia
Negli anni la Svezia ha eliminato una serie di imposte, tra cui le tasse sulle successioni e sulle donazioni. Le obbligazioni assicurative, chiamate Kapitalförsäkring, servono come veicoli di investimento unici e redditizi che possono essere utilizzati dai residenti svedesi e stranieri che vivono in Svezia. L’account consente alle persone di evitare le imposte sulle plusvalenze. Anche se la Svezia non è stata tradizionalmente vista come un paradiso fiscale in Europa, le modifiche fatte alle normative fiscali del paese e l’introduzione del Kapitalförsäkring hanno contribuito a modificare la visione del paese come un paradiso fiscale per gli investitori stranieri.

Danimarca
La Danimarca viene considerata un paradiso fiscale a causa della sua scarsa trasparenza negli scambi di informazioni tra le amministrazioni fiscali e bancarie. Il vero proprietario di una società per azioni o di una fondazione può essere difficile da distinguere in Danimarca, così come i proprietari di una semplice società in accomandita semplice.

Austria
L’Austria è famosa per il suo mercato obbligazionario e la privacy che garantisce ai propri clienti. Il suo segreto bancario ha fatto guadagnare al paese il 24° posto nell’indice di opacità finanziaria.

Lussemburgo
Le banche tedesche, notoriamente, sfruttano il regime fiscale del Lussemburgo, soprattutto per quanto riguarda i dividendi aziendali che non vengono tassati. I redditi di capitale a lungo termine sui titoli sono esenti da tasse se non si possiedono quote superiori al 10%. Il Lussemburgo è diventato popolare per le sue leggi fiscali molto conveniente, che hanno aumentato l’attrattività del paese per le imprese straniere. In pratica, buona parte dell’economia lussemburghese è costruita intorno al business acquisito dalla sua struttura fiscale.

Un sistema malato genera mostri
Di fronte a questo ginepraio di regole, in cui cittadini e piccole imprese italiane sono costrette a subire un regime fiscale vessatorio, è chiaro chi vince e chi perde. Mario Draghi forse intende l’uniformità dei vari sistemi fiscali, quando parla di "maggiore integrazione"? Improbabile, per non dire impossibile. Come reagirebbe, ad esempio, la Germania, che dall’introduzione dell’euro ha goduto di una perdurante svalutazione competitiva? Il mito del «ci vuole più Europa», non declinato, lasciato cadere come un abracadabra che dovrebbe aprire le porte del paradiso, rimane ciò che è: un falso mito, inventato al fine di perpetrare un sistema predatorio.