Brexit o Renzit? Le bugie che ci hanno raccontato sulla ripresa hanno le gambe corte
La crescita dell'Italia rallenta, ma è tutta colpa della Brexit? Secondo il consigliere della Regione Toscana, Claudio Borghi, la risposta è: assolutamente no. Le previsioni "ottimistiche di inizio anno" erano "balle" fin dal prinicipio
ROMA – Il Fmi ha recentemente rivisto al ribasso le previsioni di crescita dell'economia italiana, come avevano già fatto anche Prometeia e il Centro Studi Confindustria. Ma la colpa del rallentamento non è della Brexit. Secondo l'economista della Lega Nord e consigliere della Regione Toscana, Claudio Borghi, «le previsioni ottimistiche sull'Italia di inizio anno erano balle» fin dal principio. Vi spieghiamo perché.
La crescita dell'Italia rallenta
Prima del Fmi l'avevano già previsto anche Prometeia e il Centro Studi Confindustria. L'economia italiana è destinata a rallentare. Secondo gli ultimi dati dell'istituto di Washington, il tasso di crescita del Pil nazionale sarà pari a 0,9% nel 2016 e all'1% nel 2017. Mentre secondo le previsioni del CSC, la stima è ancora inferiore: 0,8% nel 2016 e 0,6% nel 2017. La crescita dell'Italia è tra le più basse dei Paesi del G-7 e i risultati positivi conseguiti nel biennio 2016-17, comunque non entusiasmanti, corrono il rischio di essere compromessi definitivamente dall'andamento dell'economia nazionale nei prossimi mesi.
E' tutta colpa della Brexit?
Le cifre in questione palesano il pericolo che le promesse contenute nel Def 2016 non vengano rispettate. Ma è tutta colpa della Brexit? Secondo l'economista della Lega Nord e consigliere della Regione Toscana, Claudio Borghi, assolutamente no. La sua opinione è che «le previsioni ottimistiche sull'Italia di inizio anno» fossero «balle» fin dal principio. Il rallentamento dell'economia globale e quello dell'economia italiana in particolare avrebbero poco a che fare con il risultato del referendum inglese. Borghi ha rilasciato un'intervista per Il Sussidiario.net, nella quale sostiene che la Brexit viene utilizzata come capro espiatorio al momento giusto per giustificare «le previsioni sbagliate in partenza pubblicate a inizio anno».
Un gioco al massacro dagli effetti perversi
Per l'economista «non è corretto affermare che i dati sul Pil peggiorano a causa della Brexit» perché le stime diffuse erano già «lunari e deliranti». Ma c'è di peggio. Perché il rallentamento della crescita economica non è privo di conseguenze, come ricorda Borghi. Se, infatti, il Pil diminuisce, il primo effetto collaterale coinvolge il deficit del paese, che aumenta proporzionalmente facendo gonfiare l'indebitamento nazionale. E l'aumento del debito pubblico indurrà le istituzioni economiche dell'UE a chiedere all'Italia il rispetto dei parametri di Maastricht riducendo la flessibilità, alimentando così quel circolo vizioso tra austerity e recessione che tutti conosciamo. «Un gioco al massacro», come lo definisce Borghi, dai risultati perversi per il Belpaese. E non finisce qui.
Capri espiatori per evitare l'assunzione di responsabilità
Veniamo al problema delle banche. L'introduzione del bail-in è «un colpo pazzesco per quanto riguarda l'attitudine di spesa e i rischi di credit crunch», perché «se la gente ritira i soldi dalle banche queste ultime non potranno più fare credito alle imprese», sostiene Borghi. E in questo modo s'innescherebbe un corto circuito fatale per l'economia reale. L'economista ha inoltre spiegato che «il boom delle sofferenze» in pancia alle banche italiane «è iniziato dopo l'applicazione dell'austerità» che ha portato sul lastrico famiglie e imprese nazionali. Il nesso causale è inverso rispetto a quello che vogliono farci credere: è quando il Pil non cresce (a causa della crisi economica o delle politiche di austerità) che aumentano le sofferenze bancarie, perché i debitori non riescono più a restituire il denaro preso a prestito dalle banche. Ma è più facile far passare il messaggio che all'origine della frenata del Pil ci siano le sofferenze bancarie, piuttosto che ammettere il contrario. Così come è più facile dare alla Brexit la colpa del rallentamento dell'economia nazionale e continentale. In questo modo le autorità economiche internazionali potranno continuare a non assumersi la responsabilità delle loro scelte sbagliate.
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