28 marzo 2024
Aggiornato 20:00
frena l'inflazione

In Cina è allarme deflazione. Perché dobbiamo avere paura del Dragone

Il gigante asiatico rallenta e i prezzi continuano a scendere. Dai tassi di crescita a doppia cifra siamo passati al 6,9% del 2015 e il rischio deflazione fa sempre più paura. Ecco perché temiamo il collasso del Dragone

ROMA – In Cina frena bruscamente l'inflazione e si allontana definitivamente dai valori che caratterizzavano la crescita dell'economia cinese di qualche anno fa. Il rallentamento del gigante asiatico, però, non preoccupa solo Pechino. Ma anche il resto del mondo. E vi spieghiamo perché.

Il gigante asiatico rallenta ancora
La Cina rallenta. Ancora. E stavolta a preoccupare tutta l'economia mondiale sono i dati relativi all'inflazione del mese di maggio. Si registra, infatti, il primo brusco cedimento negli ultimi 7 mesi, e i valori sono sempre più lontani da quelli che caratterizzavano l'economia cinese quando il tasso di crescita nazionale aveva la doppia cifra. L'indice dei prezzi al consumo si è ridotto in un mese dello 0,3% fermandosi al 2%. Se fossimo in Europa, la BCE farebbe i salti di gioia, ma siamo molto lontani dal target del 3% fissato da Pechino.

Dai tassi di crescita a doppia cifra al 6,9%
Il rallentamento in corso dell'economia cinese, però, non spaventa solo il Dragone. Ma tutta l'economia internazionale. Basti pensare che il passaggio dai tassi di crescita a doppia cifra al più modico 6,9% del 2015 ha mandato in recessione molti tra i maggiori paesi emergenti. Non a caso, anche per il rallentamento della Cina, la Fed ha preferito rimandare il rialzo dei tassi.

Perché il Dragone ci fa paura
Ma perché il Dragone ci fa tanta paura? Un tasso di crescita del Pil pari a circa il 7% sarebbe un ottimo risultato per il resto del globo (in Italia facciamo i conti sullo zero virgola), ma la Cina è il maggiore consumatore di energia mondiale e il primo paese per valore di merci scambiate. Se la sua economia rallenta, rallenta tutta l'economia globale, perché diminuisce anche la domanda cinese di importazioni che ha trainato la crescita mondiale negli ultimi anni.

Il rischio deflazione
E' questa la ragione per cui tutti guardano al Dragone con particolare attenzione. E più che il dato riguardante il tasso di crescita reale del Pil, spaventa maggiormente quello sul Pil nominale: se anche nel 2016 dovesse essere più basso del primo (come già accaduto per il 2015) significherebbe che la Cina importa deflazione nei prezzi alla produzione. E il calo dei prezzi potrebbe presto tradursi in crescenti difficoltà finanziarie per le imprese nazionali, alimentando un circolo vizioso capace di frenare ulteriormente la crescita di Pechino.

L'interdipendenza economica e finanziaria globale
Inoltre, la Cina è un rischio crescente per i mercati finanziari mondiali, perché c’è la possibilità che trasmettano un contagio proveniente dai mercati dei paesi emergenti sulle Borse dei paesi avanzati. Le crisi di Shenzen e Shangai, che risalgono alla scorsa estate e hanno fatto tremare tutta la finanza globale, hanno mostrato quanto ormai sia elevata l'interdipendenza economica e finanziaria anche tra pesi così lontani. In buona sostanza, l'economia mondiale ha bisogno della crescita dell'economia cinese e della sua stabilità economica dentro e fuori i mercati finanziari. Ma il Dragone sta attraversando una fase di trasformazione molto delicata.

Una chance per le imprese italiane
E' un gigante dai piedi d'argilla che ha la necessità di riequilibrare la sua struttura economica puntando soprattutto sulla domanda interna, e in particolare sui consumi nazionali. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare altrove, questa è un'occasione ghiottissima per le imprese italiane, che possono sfruttare la qualità dei prodotti made in Italy per conquistare un mercato senza precedenti. Secondo lo studio dell'istituto SACE, infatti, sono almeno 30 milioni i consumatori cinesi ad alto reddito disposti a spendere per i prodotti di importazione di alta qualità. La via della Seta è decisamente una chance da non perdere, a patto che Pechino riesca a mettere in atto le riforme necessarie per evitare la deflazione e un'ulteriore rallentamento economico. Altrimenti a collassare non sarà soltanto il Dragone.