20 aprile 2024
Aggiornato 00:00
Tsipras e Juncker nemici-amici

Grecia, L'ennesima fumata nera fa salire il rischio default

Sembrava la volta buona. Invece è stato un altro buco nell'acqua. La Borsa di Atene precipita e la Grecia è vicina al default. Ma quanto vicina?

ROMA – Dopo due giorni di discussioni, nessun accordo tra Tsipras e Bruxelles. Secondo il portavoce della Commissione europea, il divario tra le parti è ancora molto «significativo», mentre per il governo greco i negoziati sarebbero falliti a causa delle richieste «irrazionali» da parte dei creditori. Ecco perché è fallito l'ultimo tentativo di negoziazione.

La fumata nera fa precipitare la Borsa
Atene deve restituire al Fmi, entro la fine di giugno, 1,6 miliardi di euro. E altri 400 milioni servono per pagare gli stipendi della pubblica amministrazione e il welfare sociale. Le casse dello Stato sono vuote e per evitare il default l’unica ciambella di salvataggio, per non affogare e restare a galla nel mare turbolento dell’economia internazionale, è quella dell’accordo con le istituzioni europee, dal quale dipendono i nuovi aiuti alla Grecia: pari a 7,2 miliardi di euro.  In vista dell’Eurogruppo del 18 giugno, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha fatto un ultimo tentativo, durante il weekend, per cercare di raggiungere finalmente un compromesso; ma anche questa volta ogni sforzo è stato vano e la borsa di Atene, questa mattina, ha testimoniato l’ennesimo fallimento con ulteriori ribassi sui titoli azionari.

Perché sono fallite le trattative del weekend
Dopo una settimana di dichiarazioni concitate, la delegazione del governo greco era tornata sabato a Bruxelles nella speranza di raggiungere l’accordo. La ragione, secondo le fonti greche, del fallimento delle trattative risiede soprattutto nel rifiuto, da parte ateniese, della richiesta di rispettare un avanzo primario pari all’1% del Pil per il 2015. Un obiettivo considerato troppo elevato da Alexis Tsipras e la sua squadra di governo, per una popolazione che ha già sofferto molto per le misure imposte dall’austerity sovranazionale. Ma c’è di più. Secondo Euclid Tsakalotos, capo negoziatore della Grecia, «la controparte non avrebbe avuto alcun mandato per negoziare». Se i greci erano disposti a scendere a compromessi, infatti, non altrettanto si poteva dire dei creditori che hanno imposto un prendere o lasciare.

Default o non default?
In attesa dell’Eurogruppo, che si terrà in Lussemburgo, serpeggia un po’ dovunque l’ipotesi del default. Da una parte e dall’altra, i protagonisti di questa sfiancante partita di poker - non priva di bluff e colpi di scena – sembra stiano giocando col fuoco e abbiano interesse a protrarre i negoziati se non, addirittura, a non condurli in porto. Alcuni economisti ritengono, infatti, che alla Grecia convenga dichiarare il fallimento perché poi sarebbe assolta dall’obbligo di risarcire i creditori. Ma quali sarebbero le conseguenze politico-economiche di una scelta del genere? L’analisi costi-benefici non ci spinge a guardare con favore alla via dell’insolvenza, perché questa avrebbe gravissime ripercussioni sulla credibilità internazionale della Grecia, che si troverebbe così a dover fare i conti con un’economia disastrata – tutta da ricostruire – e un vicinato europeo decisamente mal disposto nei suoi confronti. No, siamo convinti che quella del default non sia la via maestra da seguire. E confidiamo che entrambe le parti abbiano interesse a collaborare, come ci ha insegnato John Nash con il «dilemma del prigioniero», nonostante i ripetuti bluff di questi mesi Quale sarà il prezzo dell’accordo lo scopriremo nei prossimi giorni.