5 dicembre 2023
Aggiornato 02:00
Vantaggi per i colossi dell'economia, svantaggi per i consumatori

TTIP, Dopo il G7 "avanti tutta". Ma danneggerà l'Europa?

Le trattative sono riservate, anzi, segretissime. L'accordo sul libero scambio tra Stati Uniti ed Ue è una manna per le multinazionali, ma rischia di mettere a rischio la salute dei consumatori, la sopravvivenza dell'agricoltura europea, e la trasparenza degli appalti pubblici.

ROMA – I sette grandi paesi più industrializzati, riuniti in Baviera, hanno deciso di accelerare i colloqui sul discusso trattato di libero scambio transatlantico, con l’obiettivo di approvarlo il prima possibile. Non tutti gli economisti, però, sono favorevoli al TTIP: ecco perché, e quali sono i rischi per l’Unione Europea.

Che cos’è il TTIP
La sigla TTIP deriva dall’acronimo del suo nome inglese: Transatlantic Trade and Investment Partnership. Si tratta di un accordo commerciale internazionale tra gli Stati Uniti d’America e l’Unione Europea: coinvolgerà i 50 stati americani e i 28 europei, e riguarderà 280 milioni di cittadini su entrambi i continenti. Vale la pena sottolineare che, da sola, la somma del PIL degli Usa e di quello dell’UE corrisponde al 45% del PIL mondiale: si tratta, dunque, di un trattato che avrà un impatto gigantesco sull’economia internazionale. I negoziati del TTIP sono stati avviati ufficialmente dal presidente americano Barack Obama e dal presidente della Commissione europea José Manuel Barroso nel giugno del 2013, ma dopo ben dieci anni di trattative tra i due continenti.

I vantaggi del trattato, secondo l’Aspen
Si tratta, tutt’ora, di negoziati molto riservati. L’unico documento ufficiale diffuso dall’UE definisce il TTIP come «un accordo commerciale e per gli investimenti» che ha l’obiettivo di «aumentare gli scambi e gli investimenti tra l’UE e gli Stati Uniti realizzando il potenziale inutilizzato di un mercato veramente transatlantico, generando nuove opportunità economiche di creazione di posti di lavoro e di crescita mediante un maggiore accesso al mercato e una migliore compatibilità normativa e ponendo le basi per norme globali». Secondo alcuni studi realizzati dal Center for Economic Policy Research di Londra e l’Aspen Institute, il TTIP dovrebbe incrementare gli scambi commerciali tra i due continenti del 28% generando circa 187 miliardi di euro. Sempre secondo questi dati, il PIL mondiale aumenterebbe circa dell’1% (120 miliardi di euro) con grandi benefici per i governi e i cittadini coinvolti.

Chi critica l’accordo sul libero scambio e perché
Tuttavia, questi vantaggi in termini economici probabilmente avranno un prezzo sociale piuttosto alto e c’è da chiedersi se siamo disposti a pagarlo. I soggetti che si oppongono all’accordo transatlantico di libero scambio sono moltissimi: dall’organizzazione internazionale Attac a una molteplicità di reti di associazioni (tra le quali Greenpeace e Slow Food), fino a una lunga serie di economisti. Chi pagherà davvero il prezzo del TTIP?  Per rispondere a questa domanda, innanzitutto vale la pena ricordare che il Center for Economic Policy Research of London è finanziato dalle grandi banche internazionali e, senza mistero, tutela gli interessi dei colossi multinazionali. Nel TTIP l’armonizzazione delle norme internazionali per il libero scambio di prodotti, servizi, capitali e investimenti tra le parti verrà realizzata «al ribasso»per favorire la concorrenza, ma a discapito della sicurezza dei consumatori, della qualità delle merci, della trasparenza nell’assegnazione degli appalti.

Chi pagherà il prezzo del TTIP?
Alcuni esempi: l’UE ha adottato delle norme molto severe sulla sicurezza del consumatore, e da noi vige il principio di precauzione (secondo il quale un prodotto può essere distribuito sul mercato solo dopo aver valutato attentamente i potenziali rischi per la salute dell’acquirente), che invece non esiste in America. Inoltre, l’agricoltura europea – costituita da medie e piccole aziende spesso a gestione familiare - rischia di entrare in crisi dopo l’eliminazione dei dazi doganali che la tutelano dalla concorrenza delle grandi multinazionali, e di essere fagocitata dalle ben più remunerative coltivazioni di OGM. Di più: con l’eliminazione delle barriere tariffarie, sarà molto più facile per le grandi aziende delocalizzare la produzione dove questa è più conveniente, a discapito dei costi sociali (salari e diritti dei lavoratori). Per tutte queste ragioni, probabilmente, il prezzo del TTIP lo pagheranno, in ultima istanza, i consumatori. Soprattutto quelli europei. Siamo sicuri che ci convenga firmare?