19 aprile 2024
Aggiornato 12:30
Analisi della Coldiretti all'apertura del Vinitaly

Il clima cambia il vino Made in Italy, ha un grado in più

Uve più precoci, meno acide e più dolci rispetto al passato. Il surriscaldamento ha determinato un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale mese di settembre e non è un caso che si sta discutendo di anticipare di quasi una settimana la data per stappare il vino novello

ROMA - Il vino italiano è aumentato di un grado negli ultimi 30 anni anche per effetto dei cambiamenti climatici che si sono verificati nella Penisola, dove la temperatura media nel 2011 è stata superiore di 1,5 gradi rispetto al 1980, facendo peraltro segnare in questo arco di tempo alla colonnina di mercurio ripetuti livelli di caldo record da oltre 2 secoli. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti all'apertura del Vinitaly, dove lunedì prossimo alle ore 15 si terrà l'incontro «Clima e vino: rischi e prospettive di una relazione particolare».
Per la Coldiretti numerosi sono i casi di disciplinari di vini a denominazione che negli ultimi anni si sono adeguati al cambiamento modificando i limiti minimi di gradazione alcolica sia al Nord (dove per la Barbera d'Asti si è passati per il base da 11,5 gradi a 12 e per il superiore da 12 gradi a 12,5), che al Sud (per l'Aglianico del Vulture la gradazione minima naturale delle uve alla vendemmia è passata da 11, 5 gradi a 12,00 per il Superiore Docg a 13,00 gradi).

VENDEMMIA ANTICIPATA - Il surriscaldamento ha determinato un anticipo della vendemmia anche di un mese rispetto al tradizionale mese di settembre e non è un caso che si sta discutendo, dopo oltre venti anni, di anticipare di quasi una settimana la data per stappare il vino novello fissata per legge in Italia il 6 di novembre nel 1989. Ad esempio nell'ultima vendemmia - sottolinea la Coldiretti - l'inizio della raccolta delle uve destinate al prestigioso spumante metodo classico Franciacorta è partita addirittura il 5 agosto a Coccaglio in provincia di Brescia nell'azienda agricola Faccoli mentre le uve più tardive come l'Aglianico e il Nebbiolo sono state raccolte entro ottobre, in netto anticipo rispetto agli anni '80 quando per le stesse varietà si arrivava anche a fine novembre.

UVE PIÙ DOLCI RISPETTO AL PASSATONegli ultimi 30 anni le sommatorie termiche in Italia sono aumentate in modo significativo (in tutta l'Italia settentrionale, ad esempio, di circa il 20 per cento), soprattutto nei mesi estivi con più elevate e prolungate temperature massime principalmente nel mese di luglio. Oggi le uve ottenute da viti di equivalente produttività, appaiono caratterizzate da gradazioni zuccherine frequentemente più elevate di 2-4 gradi brix, con acidità titolabili inferiori, di circa 1-2,5 grammi/litro. Di fatto il vigneto Italia - precisa la Coldiretti - produce adesso uve più precoci, meno acide e più dolci rispetto al passato.

Gli effetti del surriscaldamento sulle uve di fronte alla tendenza generale al consumo di vini meno alcolici - spiega ancora la Coldiretti - stanno spingendo i produttori alla ricerca di soluzioni agronomiche ed enologiche che comportano maggiori oneri in termini economici, dall'anticipo di vendemmia all'irrigazione, dalle potature verdi alla vendemmia notturna che è diventa stata sempre più frequente nei vigneti, mentre in cantina si usa sempre meno mosto concentrato e si ricorre alla refrigerazione per ridurre le temperature dell'uva e controllare la fermentazione.

L'EFFETTO SUI VIGNETI - Il caldo cambia anche la distribuzione sul territorio dei vigneti che tendono ad espandersi verso l'alto con la presenza della vite anche a quasi 1.200 metri di altezza come nel comune di Morgexe di La Salle, in provincia di Aosta dove dai vitigni più alti d'Europa si producono le uve per il Blanc de Morgex et de La Salle Dop.

Una conferma che «la vite grazie alla sua capacità di adattamento è un patrimonio di biodiversità da preservare perché rappresenta una delle colture più adatte a sfidare i cambiamenti climatici», ha affermato il presidente Coldiretti Sergio Marini. «Se è difficile prevedere gli effetti del cambiamento climatico a breve termine, nel medio e lungo periodo c'è però un buon margine di tempo per pensare ed introdurre soluzioni possibili. A rischio sono gli stessi territori del vino che potrebbero perdere l'aspetto a cui siamo abituati, fino a situazioni limite in cui zone di produzione ad oggi fra le più vocate, potrebbero addirittura scomparire», ha invece affermato il presidente delle Città del Vino Giampaolo Pioli.

EXPORT A 4,4 MILIARDI DI EURO - Da difendere c'è un patrimonio che è la voce più importante dell'export agroalimentare nazionale, superando quota 4,4 miliardi di euro, con un aumento del 12 per cento rispetto allo scorso anno, secondo una analisi della Coldiretti.Il valore delle esportazioni ha superato nel 2011 i consumi nazionali che sono cresciuti dell'1 per cento per un valore attorno ai 4 miliardi che porta il fatturato del settore vitivinicolo a 8,5 miliardi. Un risultato che - conclude la Coldiretti - è il frutto di 650mila ettari di vigneto, 250mila aziende vitivinicole e del lavoro di 1,2 milioni di persone che direttamente o indirettamente sono impegnate nel settore.