19 aprile 2024
Aggiornato 11:30
I dati dell'ISTAT

Industria, fatturato mai così male da 2009

Il fatturato dell'industria è diminuito del 4,4%. Pesa il -7,1% sul mercato interno. CGIL: Paese in recessione, rischio disoccupazione di massa. CISL: Determinanti politiche di crescita. UGL: Da calo produzione ripercussioni su occupazione

ROMA - Fatturato dell'industria in forte discesa a gennaio, con il calo peggiore dalla fine del 2009. A gennaio - comunica l'Istat - il fatturato dell'industria è diminuito del 4,4% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso (dopo il +5,4% di dicembre), segnando la flessione più significativa da novembre 2009. Sul mercato interno, in particolare, c'è stato un pesante -7,1%, mentre su quello estero c'è stato un aumento dell'1,3%.
Nel confronto con dicembre - aggiunge l'istituto di statistica - il fatturato ha avuto una diminuzione del 4,9% (dopo il +3,2% mensile di dicembre), con un -5,2% sul mercato interno e un -4,5% su quello estero.

Ordini gennaio a -5,6% - Ordini in pesante calo per l'industria italiana a gennaio, con la flessione peggiore dall'autunno del 2009. A gennaio - secondo l'Istat - gli ordinativi totali hanno avuto una diminuzione del 5,6% rispetto allo stesso mese dell'anno scorso (dopo il -4,3% di dicembre), segnando il calo più significativo dall'ottobre del 2009.
Nel confronto mensile - aggiunge l'istituto di statistica - c'è stato un calo congiunturale del 7,4% (dopo il +5,2% di dicembre), dovuto a una contrazione del 7,6% per gli ordini interni e del 7,3% per quelli esteri.

CGIL: Paese in recessione, rischio disoccupazione di massa - «Siamo un Paese precipitato in piena recessione con il rischio sempre più reale di una disoccupazione di massa». E' quanto afferma il Segretario Confederale della CGIL, Vincenzo Scudiere, in merito al dato su fatturato e ordinativi dell'industria a gennaio diffuso oggi dall'ISTAT. Secondo quanto rilevato dall'Istituto Nazionale di Statistica gli ordinativi all'industria a gennaio su base tendenziale segnano un calo del 5,6%, ai minimi da ottobre del 2009. A gennaio il fatturato dell'industria, corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 20 di gennaio 2011), diminuisce in termini tendenziali del 4,4%, con una riduzione del 7,1% sul mercato interno e un aumento dell'1,3% su quello estero. Lo rileva l'ISTAT. Si tratta del livello più basso dal novembre del 2009.
Il sindacalista rilancia quindi «l'allarme disoccupazione e per questo chiediamo al Governo di attivare rapidamente una strategia di politica industriale e per la crescita che inverta urgentemente la rotta», conclude Scudiere.

CISL: E' recessione, determinanti politiche di crescita - «I dati di gennaio, con un forte calo del fatturato e degli ordinativi industriali, simmetrici a quelli della produzione industriale, confermano in pieno come l'economia italiana abbia superato il punto di svolta ciclico verso una pesante recessione». Lo sostiene in una nota il segretario confederale della Cisl Luigi Sbarra.

UIL: Dati fatturato e ordini confermano stato recessione - «I dati sulla diminuzione del fatturato e degli ordinativi dell'industria confermano lo stato di recessione dell'economia del nostro Paese». Lo afferma in una nota il segretario confederale della Uil, Antonio Foccillo osservando che «entrambe le flessioni sono dovute al calo del mercato interno e questo dimostra la caduta del potere di acquisto delle famiglie, dei lavoratori e dei pensionati».

UGL: Da calo produzione ripercussioni su occupazione - «I dati Istat confermano la difficoltà che sta vivendo l'industria italiana e soprattutto la progressiva riduzione della committenza pubblica, bloccata dalle politiche di risanamento dei bilanci». Così il segretario confederale dell'Ugl, Paolo Varesi, ha commentato i dati diffusi oggi dall'Istat su fatturato e ordinativi, spiegando che «un calo della produzione del 4,4% su base annua si ripercuote sull'occupazione e sulla tenuta sociale di molti territori la cui economia è spesso focalizzata su settori molto specifici, e che non offrono perciò alternative occupazionali in caso di crisi di domanda».