26 aprile 2024
Aggiornato 06:30
Sempre più lontane le strategie di FED e BCE

A Zero il costo del denaro negli USA

Mossa a sorpresa della FED che taglia il costo del denaro a livelli mai visti negli USA: tra lo 0% e lo 0,25%. E così sono nove i tagli sui tassi di riferimento operati da Ben Bernanke, governatore centrale americano

Mossa a sorpresa della FED che taglia il costo del denaro a livelli mai visti negli USA: tra lo 0% e lo 0,25%. E così sono nove i tagli sui tassi di riferimento operati da Ben Bernanke, governatore centrale americano. Solo 14 mesi fa i Fed Founds, i tassi fissati dalla FED, si trovavano al 5,25%. Una decisione storica, figlia della crisi, che ha già ottenuto l’approvazione di Wall Street ma non dei mercati europei che dopo un'apertura positiva stanno avendo un andamento negativo. Una differenza che dimostra la distanza delle politiche economiche e monetarie attuate sulle due sponde dell’Atlantico.

La decisione, presa all’unanimità dal Consiglio della FED, è finalizzata a sostenere l’economia americana e a rimettere in moto il ciclo economico puntando sugli investimenti. Ma anziché intervenire direttamente sul tasso di interesse, la Banca centrale americana ha deciso di applicare una soluzione flessibile, che si presta ad offrire soluzioni diverse a seconda delle circostanze. La FED ha infatti annunciato, contemporaneamente al taglio del costo del denaro, la riduzione del tasso di sconto, portato dall’1,25% allo 0,5%. Un intervento articolato dunque, mirato a sostenere sia il mercato finanziario che quello reale.

La riduzione dei tassi voluta dalla FED rimarrà stabile per un «certo periodo di tempo». Lo scopo è quello di ricostruire la fiducia degli operatori economici, ma soprattutto degli investitori e di coloro che hanno contratto debiti o mutui, in modo che si possano ragionevolmente aspettare rendimenti bassi anche per le scadenze più a lungo termine. Un modo di modificare le aspettative degli investitori e ricostruire la fiducia in questo periodo nero dell’economia americana.

La strategia di Bernanke è stata già paragonata a quella attuata in Giappone dal 2001 al 2006. Allora, il paese del «Sol levante» cercava di uscire da un lungo periodo di crescita zero e la Boj, la Banca centrale giapponese, attuò una politica monetaria espansionistica e di sostegno al consumo, contestualmente al taglio dei tassi. Stessa strategia che la FED sembra pronta a portare avanti. Ma come nota Riccardo Sorrentino, analista del Sole24ore, le analogie con la strategia giapponese si fermano qui. Bernanke infatti «non guarda a Tokyo ma all'esperienza americana del periodo 1942-1951, gli anni dell'economia di guerra», quando la Banca Centrale americana finanziò la guerra e il piano Marshall attraverso la compravendita di titoli di stato. Una mossa in realtà attuata anche da Tokyo tra il 2001 e il 2006, senza però indicare un rendimento massimo dei titoli. Bernanke sembra invece pronto a mantenere fisso il rendimento da titoli per un periodo ragionevole di tempo, sia per quelli a breve che per quelli a medio-lungo periodo. Una mossa orientata a sostenere i consumi e a garantire allo stesso tempo elementi di stabilità nel sistema, per ricostruire la fiducia degli operatori economici.

La strategia di Bernanke si coniuga dunque con il piano economico già proposto da Obama, che diventerà probabilmente operativo già dal 20 gennaio. Il Presidente eletto ha deciso infatti di intervenire nel sistema economico attraverso un ambizioso piano miliardario e la mossa della FED di portare a zero il costo dal denaro vuole proprio favorire gli investimenti. Insomma anche gli Stati Uniti, pur senza ammetterlo direttamente, in periodo di crisi dimostrano di avere un’anima interventista.

Ma a stupire è la differenza rispetto alla strategia dell’Eurozona. La BCE mantiene infatti i tassi di interesse al 2,50%, pur avendo attuato a inizio dicembre un taglio di 75 punti base (prima il tasso di interesse era al 3,25%). La mossa di Trichet, ma sponsorizzata da molti governanti europei che pretendevano una reazione di Francoforte alla crisi, andava in direzione del sostegno all’economia. Ma il governatore è intenzionato a mantenere, anche fermamente, la fama anti-inflazionistica della Banca centrale europea, temendo soprattutto l’eccesso di liquidità e la possibilità di nuove bolle speculative e crisi finanziarie. Negli USA invece si teme la recessione e la deflazione di domani.
Un pericolo che anche l’Europa non ha interesse che si concretizzi, e che dovrebbe far propendere per un maggiore raccordo tra le politiche economiche attuate nell’Eurozona e negli USA.

ev