26 aprile 2024
Aggiornato 01:00
Cassazione, Sezione lavoro, sentenza del 28 luglio 2008, n. 20532

Lavoro autonomo e lavoro subordinato: Qualificazione anche dall’analisi delle direttive impartite

Determinante il comportamento delle parti nella realtà effettiva

Per distinguere il lavoro autonomo da quello subordinato è intervenuta ancora una volta la Sezione lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza del 28 luglio 2008, n. 2053.
A tale riguardo questa ha chiarito che un altro modo per qualificare il rapporto di lavoro subordinato può rilevarsi dall’analisi del potere direttivo del datore di lavoro che si estrinseca in ordini specifici e per verificare l’esistenza del vincolo di subordinazione il giudice può anche osservare se il lavoratore nell’espletamento del suo lavoro azienda abbia subito una qualche limitazione nella sua autonomia.

In particolare, ha osservato la Cassazione, che sarà utile osservare se il lavoro affidato è esente da rischi, se la prestazione è continua, se il lavoratore deve osservare un orario, ove si svolge la prestazione, la cadenza e la misura fissa della retribuzione, ma soprattutto se l’incarico è stato affidato al lavoratore solo tramite ordini specifici.
Per la Cassazione non è necessariamente determinante la qualificazione del rapporto di lavoro compiuta da datore e lavoratore alla stipulazione iniziale del contratto, bensì il comportamento delle parti nella realtà effettiva.

Fatto e diritto
Un dipendente che prestava la sua attività presso un laboratorio di Analisi Cliniche aveva convenuto in giudizio il datore di lavoro lamentando di avere prestato lavoro subordinato alle dipendenze dello stesso per oltre 5 anni con le mansioni e la qualifica di «segretario» e con un orario lavorativo di 59,30 ore settimanali.
Il dipendente, dopo avere dedotto che la retribuzione corrispostagli era inadeguata ex artt. 36 Cost. e 2099 cod. civ. rispetto alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato, chiedeva la condanna della convenuta al pagamento della somma di L. 74.429.853 a titolo di differenze paga, tredicesima e quattordicesima mensilità, indennità sostitutiva delle ferie, festività, lavoro straordinario, indennità sostitutiva del preavviso e trattamento di fine rapporto.
Il datore di lavoro non si costituiva in giudizio. Ed il giudice – espletata la prova testimoniale - accoglieva la domanda del dipendente.
Il datore di lavoro impugnava il ricorso in Corte di Appello, ma il giudice d’Appello in parziale accoglimento dell'appello e in parziale riforma della sentenza appellata, condannava la società appellante al pagamento, in favore dell'appellato, della somma di Euro 19.032,00 (pari al L. 36.851.722), in luogo della relativa statuizione di primo grado appellata, con accessori come da sentenza gravata e fino al soddisfo;
Il datore di lavoro ricorreva allora in Cassazione.

La decisione della Cassazione
Per la Cassazione la Corte di appello, nell'accertare e definire la natura subordinata del rapporto intercorso tra le parti, si era attenuta esattamente ai criteri fissati dalla giurisprudenza per la determinazione della natura (subordinata ovvero autonoma) del rapporto di lavoro alla stregua dei parametri normativi desumibili dall'art. 2094 cod. civ., secondo cui gli elementi che differenziano il lavoro subordinato dal lavoro autonomo sono l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare datoriale, con conseguente limitazione della sua autonomia e suo inserimento nell'organizzazione aziendale.
Per la Cassazione bisogna quindi valutare la sussistenza effettiva del vincolo di subordinazione e per poterlo fare i citati elementi debbono essere giudicati con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore ed al modo della sua attuazione atteso che, in linea di principio, il potere direttivo deve estrinsecarsi in ordini specifici, perché è attraverso gli stessi, (e mediante non solo direttive di carattere generale configurabili anche nel lavoro autonomo), che viene assicurata la cd. conformazione della prestazione del lavoratore subordinato rispetto alle esigenze dell'impresa.
Altri elementi, invece - quali la cd. assenza del rischio, la continuità della prestazione, l'osservanza di un orario, la localizzazione della prestazione e la cadenza e la misura fissa della retribuzione - assumono natura meramente sussidiaria e non decisiva.
Per quanto attiene alla qualificazione del rapporto compiuta dalle parti nell'iniziale stipulazione del contratto non è necessariamente determinante, poiché nei rapporti di durata il comportamento delle parti può essere idoneo ad esprimere sia una diversa effettiva volontà contrattuale, sia una nuova diversa realtà effettuale.
Con particolare riferimento alle attività lavorative della controversia in questione la Corte d’Appello ha statuito - alla stregua di una completa valutazione della risultanza processuali al termine di un corretto percorso motivazionale - che «la collaborazione è stata offerta all'interno dei locali del Laboratorio, con utilizzazione dei mezzi da questo messi a disposizione (ad es. computer), con continuità ed in coincidenza con gli orari di apertura della struttura».

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