29 marzo 2024
Aggiornato 14:30
Serve una legge, subito

Gioco d'azzardo, «Rifiutati dalla sorte e dagli uomini»: il doc che racconta le nostre vite colonizzate dal gioco

Un'analisi lucida su un fenomeno che ha letteralmente invaso le nostre vite. Una vera e propria malattia del nostro tempo, che in Italia ancora non vogliamo vedere. Con costi personali e sociali elevatissimi. E la quasi totale assenza della politica

BIELLA - Siamo un popolo di giocatori, e neanche ce ne accorgiamo. Gratta e Vinci, Superenalotto, Win for Life, giochetti online, estrazioni quotidiane, slot e macchinette sparse ovunque ci attirano come mosche. Un potere ammaliatore, che sembra innocuo e proprio per questo ancor più subdolo e pericoloso. L'offerta è vastissima: si può giocare sempre e dappertutto, basta una moneta. La legalizzazione del gioco d'azzardo ha cambiato il gioco e i giocatori, e solo ora, e solo in minima parte, cominciamo a coglierne la gravità. Ormai è diventata una questione di salute pubblica, di legalità e di malessere, familiare e sociale. «Rifiutati dalla sorte e dagli uomini» è un documentario che racconta molto bene la normalizzazione di un fenomeno che, anziché allarmarci, si è radicato così in profondità nel nostro quotidiano da scomparire. Il gioco è ovunque e immediatamente accessibile, ma, paradossalmente, quasi non lo vediamo più.

Un mercato tutt'altro che in crisi
«Questa normalizzazione», ci spiegano i due registi del documentario che sta facendo il giro dell'Italia in incontri sempre affollatissimi, i biellesi Vieri Brini ed Emanuele Policante, «passa attraverso tanti canali: il numero sterminato di possibilità di entrarci in contatto, la prossimità geografica, la pubblicità con testimonial di ogni sorta, dal calciatore alla star, il linguaggio proprio del gioco che si insinua nell'immaginario collettivo». Un fenomeno cresciuto enormemente negli ultimi anni: nonostante la recessione, il mercato del gioco d'azzardo è arrivato infatti a toccare la cifra di 80 miliardi di euro. Oltre il 50% delle entrate arriva dalle slot digitali, Newslot e Vlt: per capirci, le prime sono quelle che troviamo nei bar, nelle tabaccherie, nei circoli privati, nelle edicole, le altre nelle sale slot vere e proprie.

Quanti sono i giocatori
I giocatori problematici oggi sono stimati tra le 767.318 e le 2.295.913 persone, cioè tra l'1,27% e il 3,8% della popolazione. Quelli patologici oscillano tra le 300mila e il milione e mezzo, cioè tra lo 0,5% e il 2,2% della popolazione. «Le responsabilità, anzi le irresponsabilità – sostengono Brini e Policante – sono condivise: tra chi ha sottovalutato il problema, chi ha voluto fare cassa, chi ci ha fatto business. E la cosa grave è che queste persone ne sono pienamente consapevoli: dimostrazione ne è il fatto che nessun operatore del settore ci ha permesso di filmare o ha accettato un'intervista».

In vent'anni si è passati dal gioco d'azzardo tradizionale a quello legalizzato di massa
Il problema del gioco d'azzardo diffuso si affaccia nel nostro Paese nei primi anni '90 con l'arrivo delle cosiddette macchinette nei bar. Si è passati dal gioco d'azzardo tradizionale a quello industriale di massa nell'arco di un ventennio, come spiega bene nel filmato il sociologo Maurizio Fiasco. La prima fase è iniziata nei primi anni '90, quando si è costruita una politica fiscale rivolta ad incrementare le entrate erariali dello Stato, prelevando di più sugli strati sociali meno abbienti. Perché proprio loro? Perché erano soprattutto loro a giocare. Questa fase comincia ad esaurirsi nel 2002, quando vengono introdotte le Newslot: 350mila macchine da gioco nei luoghi della vita comune. «A questo punto l'obiettivo si sposta – spiegano i due registi –. Il focus diventa costruire l'economia dei giochi, quindi aprire uno spazio di mercato. Così si sono affacciati investitori privati, molti dei quali già attivi, tipo Sisal e Lottomatica».

La colonizzazione delle nostre città
Uno sviluppo che si è fatto anche anche spaziale. «Possiamo parlare di una vera e propria colonizzazione: città piccole e grandi sono state invase dalle slot. Ci sono alcuni paesini in cui è impossibile trovare bar senza macchinette». Parallelamente, la legislazione, che prima era molto rigida perché confinava il gioco nei casinò, si è fatta sempre più blanda, dimenticandosi di considerare il gioco come un problema, anche sociale. «Un aspetto interessante è che il mercato delle slot è quello che genera quasi la metà degli introiti totali pur essendo quello in cui c'è meno comunicazione e pubblicità, proprio perché le macchinette vengono posizionate in luoghi strategici accessibili a tutti. E la cosa assurda è che in moltissimi bar ci sono ancora gli elenchi dei giochi proibiti appesi da qualche parte, però poi ci trovi la slot che può mangiarti la casa». Se poi ci aggiungiamo che negli ultimi anni, industrializzandosi, il gioco si è fatto più passivo e più veloce, ecco che capiamo perché sia diventato anche più compulsivo. «Adesso si sta diffondendo persino un modello ultra-passivo, con macchinette con l'autoplay o che che ti grattano già il Gratta e Vinci». Questo meccanismo accelera la giocata, aumenta l'eccitazione e incatena ancora di più la gente alla sedia. Semplice, facile, immediato.

Un fenomeno trasversale che colpisce tutti
Ciò che spaventa e di cui quasi non si parla è che, potenzialmente, potremmo diventare tutti dei giocatori patologici. «È un fenomeno assolutamente trasversale che colpisce tutti – proseguono Brini e Policante –: donne anziane, stimati padri di famiglia, ragazzi giovanissimi, casalinghe. Senza distinzione di reddito. Diversi giocatori che abbiamo incontrato ci hanno raccontato di essersi avvicinati al gioco per pura casualità: un ragazzo ad esempio è entrato per caso in una sala scommesse mentre aspettava per strada un amico che era in ritardo. Ha puntato su un cavallo scegliendolo solo per il nome che gli faceva ridire e ha vinto mille euro. Da lì non si è più fermato».

Perché si gioca
La molla che scatta è diversa per tutti, anche ci sono molte analogie: la semplice voglia di sfidare la fortuna, la reazione a un momento difficile, semplice noia. «Una volta che ci sei dentro ne sei totalmente prigioniero ed è quasi impossibile uscirne da soli. Diventi un estraneo per la tua famiglia, chiudi ogni relazione sociale, vivi solo per giocare». Una dipendenza vera e propria, identica a quella da sostanze. "I giocatori raccontano di sentirsi in una sorta di dimensione onirica, di pace assoluta, immersi nelle luci psichedeliche della macchinetta, nei suoni ridondanti. E a un certo punto perdono completamente il senso del valore del denaro. La moglie di uno di loro ci ha detto chiaramente che 5 o 50 euro a un certo punto erano diventati uguali per suo marito. I soldi diventano un semplice tramite per farsi la propria dose di gioco».

Tra le cause, l'impoverimento culturale che non offre alternative alle slot
Una patologia che non viene per nulla percepita come tale. «Siamo ancora convinti che chi gioca d'azzardo sia chi va a fare la puntata al casinò, ma questo è sempre meno vero, tanto che i casinò stanno scomparendo. Si tratta prima di tutto di un problema culturale: è lo stesso impoverimento culturale ad aver favorito la diffusione delle slot in luoghi dove non c'è nulla da fare se non andare al bar». Tutto questo con costi sociali elevatissimi: «Queste persone rovinano se stesse e le proprie famiglie, ma spesso anche gli altri: casalinghe che gestiscono il patrimonio di famiglia, imprenditori che si bruciano la fabbrica, cariche pubbliche che finiscono nelle mani di usurai e mafiosi diventando ricattabili. E poi il giocatore usa tutto il denaro che ha per giocare, quindi niente più ristoranti, vestiti, viaggi, con un impatto economico che alla lunga si fa sentire».

Cosa possiamo fare nel nostro piccolo?
Cosa può fare ognuno di noi nel suo piccolo? «Prima di tutto non giocare, nemmeno l'euro all'autogrill, per non alimentare il mercato. È importante anche far scattare l'allarme sociale: se scopriamo il nostro vicino di casa magari possiamo segnalarlo ai familiari perché lo aiutino. E poi possiamo fare una scelta in quanto consumatori decidendo di non frequentare più i luoghi che ospitano le slot». Sta crescendo sempre più il numero di comitati cittadini e gruppi informali che dicono no al gioco e si moltiplicano i slot mob, che premiamo i locali che hanno rinunciato alle macchinette. Serve una legge? Sicuramente. La aspettiamo con ansia.

Qui trovate la pagina Facebook del documentario dove potete restare sempre aggiornati sulle nuove proiezioni in giro per l'Italia e sulle ultime news sul mercato del gioco d'azzardo.