Il pagellone del 2017: diamo i voti alla Formula 1
Bilancio di fine anno dei team e dei piloti protagonisti dell'ultimo Mondiale: un campionato rivinto dalla Mercedes, ma solo dopo una dura lotta con la Ferrari
ROMA – Fine anno, è tempo di bilanci. Anche per il circus della Formula 1, che manda in archivio un Mondiale finito per la quarta volta consecutiva nelle mani dell'imbattibile corazzata Mercedes, ma stavolta con una cavalcata meno trionfale delle ultime, visto che di mezzo ci si è messo il duello con il Cavallino rampante della Ferrari. Andiamo dunque a ripercorrere il filo della stagione iridata dando i voti ai principali protagonisti, tra macchine e piloti, del 2017 a quattro ruote.
Lewis Hamilton: voto 10 e lode. Dodici mesi fa buttò al vento un campionato che avrebbe potuto vincere a mani basse, se all'inizio non si fosse concentrato più sulla sua vita da star che su quella da sportivo. Ma l'anglo-caraibico non sarebbe il fuoriclasse che è se ripetesse per due volte di fila lo stesso errore. L'esordio stagionale più stentato del solito, stavolta, è stato colpa della vettura, più che della sua guida. Poi, Lewis si è affidato alla sua velocità indiscussa, alla sua capacità di ridurre al minimo gli errori, alla sua fame di riscatto per completare vincendo la sua annata da record. Il capolavoro più fulgido della sua carriera (finora).
Mercedes: voto 8. A una squadra che vince il doppio titolo mondiale per la quarta volta consecutiva non si può dare un giudizio negativo. Ma se quella squadra è la Freccia d'argento, abituata a ben altri monologhi in pista, passare l'intera prima metà della stagione alla rincorsa della diretta rivale rappresenta comunque un mezzo inciampo, che ha dato non poco da pensare ai tecnici di Brackley. La W08 si è rivelata una monoposto non meno veloce delle sue progenitrici, ma, per usare le parole del boss Toto Wolff, una «diva», incline ai capricci da primadonna, dunque non sempre semplice da mettere a punto per ogni pista. Gli ingegneri ci hanno messo un po' per trovare il bandolo della matassa: poi hanno capito, e da quel momento non ce n'è stato più per nessuno.
Sebastian Vettel: voto 7,5. Dottor Vettel e Mister Seb. Implacabile fino al giro di boa estivo (quattro vittorie e altrettanti podi), irriconoscibile nel finale (dove di successi ne è arrivato solo un altro). Capace di mostrare un sangue freddo da vero leader nei momenti psicologicamente più delicati per tutta la sua squadra (come il flop dell'attesissima evoluzione del motore), ma anche di gravissimi scatti d'ira che in alcune cruciali fasi di gara (vedi la ruotata di Baku e la partenza di Singapore) gli hanno fatto perdere punti decisivi nella corsa all'iride. Queste considerazioni dipingono il quadro di una stagione per lui positiva, ma ancora non abbastanza.
Max Verstappen: voto 7,5. Sul fatto che sia lui il futuro della F1 nessuno può nutrire più alcun dubbio. La sua aggressività, la sua sicurezza in se stesso, la sua assoluta assenza di timori reverenziali, ma soprattutto la sua eccezionale velocità sia sul giro secco che nei duelli ruota a ruota giustificano paragoni ingombranti con i fenomeni del passato. Quella che ancora gli manca (e, a 20 anni, non potrebbe essere altrimenti) è un pizzico di saggezza, quell'abilità di calcolare il rischio sotto pressione di cui la sua generazione di guidatori da Playstation inevitabilmente difetta. Ma ha ancora tutto il tempo di migliorare, e allora saranno guai per tutti.
Ferrari: voto 7. Venendo da un 2016 traumatico, il bilancio di quest'anno a Maranello non può che avere il segno più. La SF70H è stata probabilmente la monoposto più completa dell'intero lotto, capace di giocarsela quasi sempre alla pari con una rivale ritenuta imbattibile come la Mercedes. A pesare sono stati alcuni errori relativamente piccoli, ma commessi purtroppo proprio nello snodo più delicato: l'ultimo aggiornamento del propulsore avrebbe dovuto portare in dote quei cavalli in più necessari alla volata finale, invece si è rivelato disastrosamente fragile.
Daniel Ricciardo: voto 7. Il suo sorriso che è ormai diventato un marchio di fabbrica ha iniziato a presentare qualche increspatura nel corso del calendario. Alla domenica spesso è riuscito a far valere la sua maggior esperienza nell'amministrazione della gara, ma al sabato è stato quasi sempre battuto in qualifica dal suo compagno di squadra Verstappen. Questo dovrebbe farlo riflettere molto attentamente sulla prossima decisiva svolta da compiere nella sua carriera: se vorrà diventare campione del mondo, probabilmente non sarà alla Red Bull.
Valtteri Bottas: voto 6,5. La sua promozione alla Mercedes è stata soprattutto frutto della fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto. Ma comunque, il suo primo obiettivo il finlandese quest'anno l'ha centrato: dimostrare di non avere ereditato il sedile che fu di Nico Rosberg solo perché il suo manager era il team principal della scuderia, Toto Wolff. Lo ha fatto a suon di risultati incontrovertibili in pista: tre vittorie e quattro pole position. Quello che gli manca ancora è una costanza di rendimento decente: andando avanti così non vincerà mai il campionato del mondo.
Kimi Raikkonen: voto 6,5. Il problema è lo stesso del suo connazionale Bottas: la continuità. A parte i doverosi giochi di squadra, Iceman avrebbe meritato quest'anno almeno due vittorie, oltre alla prestigiosa pole position a Montecarlo. Ma in troppe altre occasioni il dubbio sollevato dal presidente Sergio Marchionne che avesse invece lasciato salire in macchina il suo gemello scemo si è fatto realmente concreto. Il talento che lo ha reso l'ultimo campione del mondo nella storia della Ferrari non è mai stato in discussione: se saprà ritrovare le motivazioni e la concentrazione che spessissimo non abbiamo visto nei suoi occhi algidi, è ancora in grado di lottare con i migliori.
Red Bull: voto 6,5. Il telaio si è rivelato valido, degno di una terza forza del Mondiale, ma una bocciatura va sicuramente espressa per il motore Renault, che si è rotto un numero di volte davvero inaccettabile per una formazione che ambisce legittimamente a lottare per il titolo (chiedere a Verstappen). Peccato, perché per il resto le carte in regola per spezzare il duopolio Mercedes-Ferrari potrebbe averle tutte in mano.
Liberty Media: voto 6. Per ora l'intervento dei nuovi proprietari del circus si è visto ben poco, e quel poco non è stato nemmeno così originale, come la presentazione in perfetto «American style» del Gran Premio di Austin. Di sicuro la prima mossa è stata quella di portare la Formula 1 nel nuovo millennio, abbracciando (seppur parzialmente e tardivamente) la rivoluzione di Internet e dei social media, e questo è già più di quanto si potesse dire del vecchio patron Bernie Ecclestone. Per il resto il voto non può che essere sospeso, con la speranza che la voglia di innovare non abbia la meglio sul Dna di uno sport che ha alle spalle una gloriosa e incancellabile tradizione di quasi settant'anni.
Fernando Alonso: voto 4,5. Anche quest'anno i risultati negativi sono stati colpa più della McLaren (o meglio, della Honda) che della sua guida. Ma continuare a dare la colpa agli altri, come ha fatto nel corso di tutta la sua carriera, a un certo punto è una scusa che non funziona più. Se quello che potenzialmente era definito il pilota più talentuoso della sua generazione si è ridotto a questo punto è stato per le sue incapacità di management che lo hanno portato puntualmente a compiere le scelte sbagliate al momento sbagliato: lasciare la McLaren prima e la Ferrari poi, rinunciare alle chiamate della Brawn e della Red Bull, farsi attrarre da progetti dal nome blasonato ma dalla scarsa sostanza. Ha imboccato una strada che pare senza uscita e probabilmente lo sa anche lui, tanto che, per evitare di sprecare oltre le sue doti al volante di cancelli a motore, ha preferito ricercare qualche motivazione al di là dell'Atlantico, alla 500 Miglia di Indianapolis.
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