Tavecchio si difende: “Ecco perché la colpa non è mia”
Parole velenose dell’ex presidente della Federcalcio per spiegare in conferenza stampa il suo addio e le sue dimissioni da capo della Federazione
ROMA - Alla fine si è dimesso, alla fine anche la sua testa è caduta. Carlo Tavecchio non è più il presidente della Federcalcio dopo le sue dimissioni a margine del breve (appena un quarto d’ora) consiglio federale che ha posto fine al suo mandato e chiuso l’era più nera del calcio italiano negli ultimi 60 anni con la mancata qualificazione della Nazionale ai mondiali di Russia ed una sfiducia totale nel calcio italiano. Tavecchio non avrebbe voluto gettare la spugna, ma è stato costretto dal caos generato nella politica calcistica e da una terra bruciata ormai definitiva intorno a lui. Da Tavecchio ci si attendevano spiegazioni nella conferenza stampa di cui è stato protagonista, spiegazioni al suo addio, spiegazioni sul suo repentino cambio di idee e su un passo indietro che nessuno aveva preventivato dopo le iniziali remore dell’ormai ex presidente federale.
La parola alla difesa
«Ho pensato di dimettermi alle 11:45 - ha detto urlando Tavecchio - e alle 12:35 ho comunicato la mia decisione, dettata da una speculazione ai miei danni. Non ritengo di avere colpe personali nel fallimento dell’Italia e nella mancata qualificazione ai mondiali, forse solo quella di non aver esonerato il commissario tecnico nell’intervallo di Italia-Svezia; commissario tecnico che peraltro non ha scelto il sottoscritto, bensì Marcello Lippi. Siamo la prima federazione a livello internazionale e non abbiamo ottenuto di portare 4 squadre in Coppa dei Campioni solo perché Tavecchio ha la giacca di colore blu. Mi sono dimesso ed ho chiesto che facessero altrettanto anche gli altri membri del consiglio, ma nessuno lo ha fatto, resto io il solo ad andarmene a casa, nonostante quanto di buono io abbia fatto finora; mi prendo anche il merito del VAR che io volevo fin dal 2014, prima di allora solo Aldo Biscardi aveva parlato di qualcosa di simile in Italia. Che succede ora? Non sono neanche certo che al momento la priorità sia la scelta del nuovo commissario tecnico, comunque io ho parlato con 4-5 allenatori, in pochi sono liberi, ma ora si salterà a dire che non vogliono diventare tecnici della Nazionale per colpa mia. Bene, io me ne vado e vediamo che succede. Porto avanti questi 90 giorni o quelli che saranno, dopodiché si aprirà una nuova parentesi». Appunto.