Follia ultras «sequestra» Italia-Serbia
La partita sospesa dopo solo 7 minuti. Guerriglia sugli spalti e per le strade. Prandelli: «Cose mai viste, il portiere tremava»
GENOVA - Un capo tifoso con il volto coperto da un passamontagna si arrampica su una grata, tira fuori dalle tasche un temperino e in pochi secondi fa a brandelli una rete protettiva. Dietro di lui un altro tifoso esulta svuotando in aria un estintore preso chissà dove, mentre altri approfittano del varco appena aperto scagliando verso il terreno e le altre tribune del Ferraris bengala e petardi. Prima del calcio d'inizio di un match durato appena sette minuti, e che si concluderà sulle scrivanie della disciplinare Uefa con la vittoria a tavolino per l'Italia, di fronte al settore che tiene in ostaggio uno stadio intero si recano due processioni. Una è quella inerme delle poche decine di agenti in tenuta antisommossa, ovviamente immobili di fronte ad un muro di 2.000 persone. L'altra è quella dei calciatori della nazionale serba, che ai loro sostenitori riservano un applauso e un gesto, quello del numero tre, subito letto più come un riferimento alla simbologia della Grande Serbia che all'esito scontato del 3-0 a tavolino, la prima selle sanzioni a cui va incontro la federazione di Belgrado. «Non li abbiamo applauditi, li abbiamo calmati», ha spiegato subito dopo l'interista Dejan Stankovic.
Italia-Serbia è finita così ieri sera: senza mai iniziare, scalzata da una dimostrazione di come il calcio e il tifo possano diventare strumento della politica. In questo caso di una fazione ultranazionalista. Nella stagione del debutto della 'tessera del tifoso' lo stadio più inglese dello Stivale, il Ferraris di Genova, si è trasformato nel teatro di una delle sconfitte più gravi per il sistema di sicurezza. Sistema che, a detta della Figc, prima del match ha svolto in maniera «accurata» i controlli sui tifosi. Eppure negli ultimi mesi, e anche nella cronaca recente, i segnali di allarme arrivati dal calcio serbo non sono stati pochi. Un tifoso francese ucciso a Belgrado, una giornalista presa di mira e minacciata da un'intera curva per un reportage sui legami tra ultras e malavita organizzata. Fino allo sconfinamento nel sociale, con gli incidenti che a Belgrado hanno sconvolto la parata del Gay Pride. Per gli azzurri di Cesare Prandelli la partita di Marassi doveva rappresentare l'occasione del rilancio dopo il deludente pareggio di Belfast con l'Irlanda del Nord, ma i tre punti che incasserà l'Italia - con conseguente conferma del primato nel Gruppo C delle qualificazioni ad Euro 2012 - passano in secondo piano di fronte a quanto accaduto ieri sera. Il caos scatenato dai tifosi serbi ha obbligato a rinviare di oltre mezz'ora il calcio d'inizio, forzando le due squadre a rientrare negli spogliatoi. Poi il tentativo, con il rientro sul terreno di gioco, l'esecuzione degli inni (coperto da fischi assordanti quello serbo) e sette minuti di partita scorbutica. Sette minuti che qualcuno, nel settore della tifoseria serba, ha trascorso tentando di distruggere con spranghe di metallo la vetrata che lo separava dalla tribuna adiacente.
Ad interrompere il match ci ha pensato l'arbitro, che ha deciso di mettere fine ad una serata nera nonostante le rassicurazioni degli addetti all'ordine pubblico circa l'assenza di rischio di un'invasione di campo. «L'arbitro ha fermato la partita perché la sicurezza non era garantita», ha spiegato il dirigente della Figc Antonello Valentini a fine gara, «ora il direttore di gara dovrà fare rapporto all'Uefa dicendo cosa ha visto». La sicurezza, in quel momento, era anche quella di Emiliano Viviano. Il portiere azzurro, piazzato a distanza di tiro dai tifosi serbi, si è rifiutato di restare in campo. L'altro portiere, quello scelto come titolare alla vigilia dal Ct serbo, non è neanche sceso in campo. Vladimir Stoikovic ha rinunciato alla partita per il grande spavento vissuto al mattino, con le minacce subite da tifosi serbi riusciti poi a mettere a segno addirittura un assalto al pullman della squadra. Il primo segnale d'allarme, seguito nel pomeriggio e in serata dagli incidenti causati durante l'avvicinamento allo stadio. Roberto Massucci, responsabile della sicurezza della Figc, in tarda serata ha spiegato alla stampa che la tifoseria serba «era ostile anche nei confronti della loro nazionale»: «Eravamo consapevoli di dover gestire una partita a rischio ma non ci aspettavamo questa aggressività», ha detto, «le forze dell'ordine italiane hanno fatto quello che potevano. Il livello di aggressività prima della partita era ignoto, perché tifoserie del genere non devono avere la possibilità di muoversi». Massucci ha poi parlato del tilt accusato dal sistema di sicurezza: «I controlli sono risultati accurati, evidentemente chi vuole introdurre determinati oggetti negli stadi ha il sistema per farlo. Non dimentichiamo», ha aggiunto, «che si tratta di controlli sulla persona e non di perquisizioni».
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