2 maggio 2024
Aggiornato 21:30
Sintomi e malattie

Cos’è la sindrome di deplezione del Dna mitocondriale

Una malattia rarissima che colpisce poco più di dieci individui in tutto il mondo ma che ha conseguenze devastanti. I sintomi, la trasmissione e le cure

La sindrome da deplezione del dna mitocondriale
La sindrome da deplezione del dna mitocondriale Foto: Shutterstock

La maggior parte di noi ha sentito parlare della sindrome di deplezione del Dna mitocondriale solo dopo la vicenda che ha commosso tutto il mondo, quella di Charlie Gard. Lui è uno dei sedici bambini al mondo affetto da questa patologia. Si tratta di una malattia per la quale ancora non si conosce nessuna cura, per cui un individuo è destinato a perdere la vita molto precocemente. Ma niente si sa con certezza. È il caso di Mele, il bambino Toscano affetto dalla stessa sindrome a cui avevano dato pochi mesi di vita. Oggi ha nove anni e va a scuola ogni giorno.

Che cos’è la sindrome da deplezione del Dna mitocondriale?
Si tratta di una malattia – anzi, un gruppo di malattie – di origine genetica. La persona che ne è affetta assiste gradualmente a una diminuzione del Dna mitocondriale a livello cellulare. Come ben sappiamo, i mitocondri sono quei piccoli organelli necessari alla fornitura di energia cellulare. Senza questi i muscoli e organi vitali deperiscono ogni giorno di più, arrivando a non funzionare totalmente. Secondo quanto si legge nel sito di Telethon i mitocondri «contengono un piccolo cromosoma che serve a produrre soltanto tredici proteine, ma ognuna di esse è necessaria perché i mitocondri possano svolgere la loro funzione». Per tale motivo gli organi più colpiti sono i muscoli – che generalmente consumano grandi quantità di energia - il fegato e il cervello.

I sintomi della sindrome da deplezione del Dna mitocondriale
I sintomi non sono tutti identici, trattandosi di un gruppo di patologie che evidenziano differenze anche nei geni colpiti. Generalmente, però, si evidenziano abbastanza precocemente e in maniera piuttosto grave e progressiva. Tra i più comuni vi sono la difficoltà di alimentazione, di crescita e una forte debolezza muscolare.

Tre forme principali
La sindrome si suddivide in tre forme principali: la miopatica che colpisce in prevalenza sia i muscoli che le ossa, l’encefalomiopatica che interessa muscoli e sistema nervoso e, infine, l’epatocerebrale che prende fegato e cervello.

Come si trasmette
Generalmente viene trasmessa dal padre o dalla madre che contengono una forma mutata del gene. Trattandosi di una tipologia recessiva tutte e due le copie del gene devono essere modificate, in alternativa la malattia non si manifesta. In questo caso è facile che i portatori siano individui sani. Per diagnosticarla è necessario eseguire un esame specifico che possa quantificare il Dna mitocondriale.

Esiste una cura?
Purtroppo al momento no, anche se ce ne sono molte in via di sperimentazione. L’unico trattamento, al momento è quello che prevede una riduzione dei sintomi. Sul sito di Telethon si legge che «Una forma per la quale sono state sperimentate con successo terapie mirate a correggere il difetto biochimico causa della malattia è l’encefalopatia neurogastrointestinale mitocondriale, che non è una tipica sindrome da deplezione del Dna mitocondriale, perché oltre alla deplezione presenta anche altre alterazioni del Dna mitocondriale. È causata da un difetto enzimatico che porta all’accumulo di eccessive quantità di un composto fisiologico nel sangue. Con trattamenti ripetuti volti a eliminare questo composto si riesce a far regredire i sintomi della malattia. Un approccio in corso di valutazione per le forme con grave coinvolgimento epatico consiste nel trapianto di fegato».