20 aprile 2024
Aggiornato 01:30
Medicina

Sclerosi multipla, il trapianto di staminali arresta la malattia per diversi anni

Uno studio italiano dimostra che il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche nei pazienti con sclerosi multipla severa o refrattaria ai trattamenti, può bloccare la malattia per anni

Sclerosi multipla
Sclerosi multipla Foto: Shutterstock

GENOVA – Notizie confortanti per i pazienti affetti da sclerosi multipla (SM) severa o refrattaria ai trattamenti. Secondo uno studio condotto dai ricercatori dell’Università degli Studi di Genova e presentato a Londra in occasione della 32° edizione del Congresso European Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ECTRIMS), il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche può offrire buone possibilità di trattamento nel lungo termine.

La malattia si arresta
La meta-analisi condotta dalla prof.ssa Maria Pia Sormani e colleghi dell’USG mostra che nei 15 studi clinici, il 67% dei pazienti trattati ha raggiunto e mantenuto, dopo 5 anni dal trapianto, il cosiddetto stato NEDA, ossia la malattia si è bloccata. «I risultati – spiega la prof.ssa Sormani – dimostrano una maggiore percentuale di soggetti che hanno raggiunto il NEDA tra quelli sottoposti a trapianto rispetto ai pazienti trattati con farmaci modificanti la malattia, sottolineando che il trapianto potrebbe essere un’alternativa di trattamento potenzialmente più efficace per i pazienti con una malattia molto aggressiva. La nostra analisi ha mostrato che il 67% dei soggetti trattati ha mantenuto lo stato di NEDA per un periodo di 5 anni».

Per chi non ha alternative
La meta-analisi ha evidenziato come il trapianto di staminali sia stato un trattamento d’elezione per chi presentava una forma aggressiva di sclerosi multipla e che non rispondeva ai trattamenti farmacologici. Tuttavia, sottolineano i ricercatori, l’efficacia mostrata dalla terapia immuno-ablativa seguita dal trapianto autologo di cellule staminali non è definitiva. «Per valutare l’efficacia di questo trattamento occorrono studi clinici ad hoc per raggiungere un livello di evidenze accettabile per la comunità neurologica e le autorità regolatorie», scrivono gli autori.

Lo studio
La ricerca revisionale italiana ha preso in esame i dati sul trapianto autologo di cellule staminali pubblicati tra il 1995 e il 2016, che riguardavano il trattamento della SM. Nell’analisi, i ricercatori hanno incluso dati riguardanti la mortalità, il tasso di progressione della malattia e lo stato di NEDA. Per mezzo di una scala detta ‘EDSS’, è stata valutata la progressione della malattia. I dati raccolti hanno evidenziato che il tasso di mortalità andava scendendo con il passare degli anni: più alto agli albori della tecnica di trapianto, più basso verso i giorni nostri. Per esempio, non è stato osservato alcun caso di decesso tra i pazienti trapiantati dopo il 2008 rispetto al 3,0% di quelli degli studi precedenti. Secondo la prof.ssa Sormani, tutti i decessi si erano verificati nel primo decennio di studi, questo dimostra che vi è stato un netto miglioramento nelle tecniche di trapianto.

L’ablazione e il sistema immunitario
«Nel trapianto di cellule staminali – fa notare la Sormani – l’ablazione del sistema immunitario fornisce un campo fertile per la formazione di un nuovo sistema immune libero dalle molecole infiammatorie associate ai sintomi della malattia. L’idea è che questo trattamento è in grado di sopprimere l’attività infiammatoria e ripristinare il sistema immunitario. In pratica, il sistema immunitario riparte da zero e si ricostruisce senza la malattia».