29 marzo 2024
Aggiornato 14:30
Cervello

Identificata una proteina chiave nello sviluppo del morbo di Parkinson

La ricerca, pubblicata on line su PNAS, è stata condotta da un gruppo dell’Università del Rochester Medical Center e della Columbia University

Alcuni ricercatori hanno identificato una proteina che sembra essere centrale nel processo che determina lo sviluppo del morbo di Parkinson. L’azione della proteina, nota come trasportatore cationico organico 3 (Oct3), colma un vuoto nella comprensione del danno cerebrale che causa sintomi come tremore, indolenzimento, lentezza nei movimenti e instabilità nella postura, caratteristici dei pazienti affetti dal morbo. La ricerca, pubblicata on line su PNAS, è stata condotta da un gruppo dell’Università del Rochester Medical Center e della Columbia University. E’ stato dimostrato che Oct3, una proteina che guida le molecole in ingresso ed in uscita dalla cellula, gioca un ruolo chiave, portando composti chimici tossici al cospetto delle cellule cerebrali che muoiono in pazienti affetti da Parkinson.

Da decenni la ricerca lavora per comprendere le cause per cui solo alcune specifiche cellule cerebrali muoiano, causando l’insorgere della malattia. I risultati appena pubblicati attribuiscono un ruolo agli astrociti, un tipo di cellula a funzione trofica e di supporto presente nel cervello. A supporto della teoria che gli astrociti rappresentino più che un tipo cellulare di supporto è la recente scoperta del loro coinvolgimento nella malattia di Alzheimer, nella sclerosi laterale amiotrofica e nell’epilessia.

Gli autori hanno scelto di studiare come il cervello gestisca una sostanza chimica denominata MPTP, spesso impiegata nello studio di tale patologia, poiché in grado di danneggiare le medesime cellule cerebrali colpite nei pazienti affetti da Parkinson. Lo studio ha permesso di capire che nel cervello, e più precisamente negli astrociti, MPTP, che viene convertito nel composto MPP+ letale per i neuroni dopamminergici, viene espulso proprio ad opera di Otc3 all’esterno degli astrociti nello spazio circostante i neuroni dopamminergici. Poiché MPP+ è in grado di accedere selettivamente all’interno dei neuroni dopamminergici, sfruttando la presenza di specifici trasportatori della dopammina, tale composto è in grado di provocare la morte selettiva dei soli neuroni dopamminergici. Bloccando o eliminando geneticamente Oct3 nel topo, non si riscontrano lesioni nei neuroni dopamminergici nonostante la presenza di MPTP, poiché senza Oct3, MPP+ rimane confinato all’interno degli astrociti. Dall’analisi del tessuto cerebrale di pazienti deceduti per la malattia è stato possibile capire che Oct3 è attivo proprio nella regione cerebrale affetta dal morbo di Parkinson. Oct3 è risultata inoltre coinvolta nella risposta cellulare all’assunzione di alcune droghe che inducono dipendenza come la metanfetamina. Poiché il ruolo fisiologico di Oct3 prevede la rimozione dell’eccesso di alcuni neurotrasmettitori implicati nella modulazione dell’umore dalle zone circostanti i neuroni, azione che viene bloccata dall’uso di metanfetamnia generando uno stato euforico, Oct3 può quindi rappresentare un nuovo bersaglio per la terapia anti-depressiva. Numerosi trattamenti mirano oggi ad aumentare la disponibilità nel cervello di serotonina: bloccare questa specifica funzione di Oct3 può offrire quindi una nuova strategia per combattere la depressione. Con queste scoperte si aprono dunque le porte alla progettazione di nuovi farmaci che blocchino le funzionalità di Oct3.