19 marzo 2024
Aggiornato 08:00
L'intervista

Balotta: «Il governo ha dato un buffetto ai Benetton. Ma lo pagheremo caro»

Con l'esperto Dario Balotta, presidente dell'Osservatorio nazionale liberalizzazioni e trasporti, il DiariodelWeb.it analizza l'accordo annunciato dal governo sul dossier Autostrade

Il logo di Autostrade per l'Italia
Il logo di Autostrade per l'Italia Foto: ANSA

Alla fine la montagna ha partorito il proverbiale topolino. Al termine di un Consiglio dei ministri durato tutta la notte, il governo ha trovato l'accordo di massima sul futuro di Autostrade per l'Italia. Non ci sarà la revoca promessa, ma un'uscita graduale del gruppo Atlantia, della famiglia Benetton, e un altrettanto graduale ingresso come primo azionista di Cassa depositi e prestiti. Una soluzione che non scontenta né il Movimento 5 stelle, che pubblicamente aveva chiesto la testa degli attuali concessionari, né il Partito democratico, decisamente più morbido. Né, tantomeno, i Benetton, che ieri dopo l'annuncio hanno visto volare il titolo di Atlantia in Borsa, con un +26,6%. Il DiariodelWeb.it ha analizzato questo accordo con l'aiuto di Dario Balotta, presidente dell'Osservatorio nazionale liberalizzazioni e trasporti.

Dario Balotta, il M5s esulta come se avesse vinto questo braccio di ferro. Ma in realtà per chi è un affare questa transazione ?
Di affare non si può parlare, né per una parte né per l'altra. Io sostengo che i Benetton siano caduti in piedi. E, per lo Stato, l'unico vantaggio è l'occasione di rimettere in ordine l'intero sistema, gestito attraverso convenzioni scritte in epoche ormai antidiluviane. Perché non ci sono solo i 3 mila chilometri di rete di Autostrade per l'Italia, ma ce ne sono altri duemila di altri concessionari, prevalentemente pubblici.

Che i Benetton siano caduti in piedi, evidentemente, lei non è l'unico a pensarlo, visto che ieri hanno guadagnato il 26,6% in Borsa.
Basti vedere che lo Stato, per diluire la quota azionaria dei Benetton ed entrare nel capitale, dovrà metterci dei soldi. È vero che così si eviteranno i costi di subentro e la relativa vertenza su quanto si sarebbe dovuto tirare fuori: dai 7 ai 23 miliardi secondo le interpretazioni. Ma è anche vero che lo Stato italiano, per riprendersi in mano un investimento che ha fatto lui, deve sostenere dei costi ingenti, che non sappiamo nemmeno a quanto ammontino. Ha dovuto pagare per garantirsi quei diritti che dovevano già essere presenti in convenzione: ovvero tariffe ridotte al minimo, visto che l'ammortamento di quell'opera è già completato da anni, solo per coprire i costi di manutenzione e non per garantire extra-profitti. Si è scelta la strada peggiore e più costosa.

Ma perché non si è andati avanti sull'ipotesi della revoca?
Secondo me l'ipotesi della rescissione del contratto si sarebbe dovuta valutare immediatamente dopo la caduta del ponte Morandi. Invece si è aspettato un anno e mezzo per fare il decreto Milleproroghe, che in sostanza gridava «al lupo, al lupo» senza considerarne le conseguenze. E poi, ricostruendo il ponte, non si è approfittato per gettare le basi per un nuovo assetto della convenzione a favore dello Stato. Così, il giorno prima di aprirlo, non hanno potuto fare altro che affidarlo al concessionario dell'Autostrada dei Fiori, cioè Aspi.

Che cosa si sarebbe dovuto fare due anni fa?
Bisognava mettere in piedi subito un comitato di esperti per valutare le possibilità di cambiare gestore con minori costi per lo Stato. Oppure confermare Atlantia fino al 2038, ma negoziandone le condizioni: ad esempio costringendola ad una riduzione annua del 5% delle tariffe, oppure triplicandole o quadruplicandole il canone. Ma lo Stato ha dimostrato ancora una volta di brancolare nel buio, perché la presidenza del Consiglio, i ministeri dell'Economia, delle Infrastrutture, l'Antitrust, l'Autorità dei Trasporti davano tutti indicazioni diverse.

Quindi si è optato per una soluzione democristiana, che non scontentasse nessuno?
Perfetto, hai detto bene. Solo che non sappiamo come si concluderà. Invece di pagare un subentro, lo Stato comprerà le azioni di Autostrade. Quindi Aspi cosa ci perderà? Ha trovato un compratore sicuro, dopo aver contratto debiti per gli investimenti con 350 milioni di bond, comprati dai risparmiatori italiani. A restituirli ci dovrà pensare il maggior azionista, che diventerà Cassa depositi e prestiti.

Insomma, i debiti di Autostrade ce li accolleremo noi?
Certo, perché i soldi di Cdp sono i nostri risparmi postali. Questo buffetto a Benetton, che ha voluto dare per motivi squisitamente politici, lo Stato l'ha pagato caro.

E la stanno pagando cara anche gli automobilisti, che si ritrovano costretti in coda sulle autostrade in questi mesi.
Anche in questo caso, lo Stato ci ha messo del suo. Il ministero delle Infrastrutture, dopo aver dormito per trent'anni, all'improvviso si è svegliato e ha chiesto di monitorare e fare i lavori contemporaneamente in tutte le gallerie. Il risultato è stato il blocco completo.

Lo Stato ha delle responsabilità anche per non aver vigilato sulle condizioni delle infrastrutture autostradali?
Eccome. Aveva due funzionari nel consiglio di amministrazione, che sono rimasti dormienti e hanno solo preso il loro appannaggio. Questo è sempre stato un sistema assurdo, in cui il coltello dalla parte del manico ce l'aveva il concessionario e non il concedente. Per questo stesso motivo oggi, nonostante la caduta del ponte e i quarantatré morti, è stato impossibile far uscire i Benetton con una spallata.

Oggi che le Autostrade torneranno a maggioranza pubblica, lo Stato ci darà garanzie migliori sulle manutenzioni?
Probabilmente c'è da auspicarlo.

Ma realisticamente?
Per tre anni non succederà niente, forse il livello degli investimenti crescerà in modo lieve, ma le tariffe non andranno più in tasca ai Benetton. La domanda è se lo Stato avrà voglia o riuscirà a trovare un meccanismo per trasferirle al ministero dell'Economia, oppure attraverso il mercato entreranno nel capitale i fondi esteri. Se succederà questo, avremo di nuovo poche manutenzioni, pochi investimenti e tariffe alte. Ci vorrebbe un sistema delle convenzioni più trasparente, ad esempio con i contratti di servizio. Questo succederà, secondo te? Secondo me, no. Torneremo nelle paludi di sempre.