Contri: «Quella tra Stati Uniti e Russia è una guerra di informazione e propaganda»
Dopo le sue chiacchierate partecipazioni ai talk show televisivi, il professor Alberto Contri spiega al DiariodelWeb.it la sua lettura sulla guerra di Putin e di Biden

Negli ultimi giorni si è fatto notare in televisione per alcuni scontri che lo hanno visto protagonista nei salotti dei talk show. Ma a far discutere, più che altro, sono le posizioni del professor Alberto Contri, che spesso stonano rispetto alla narrazione ufficiale unica che viene presentata dalla grande informazione. Lui, del resto, di comunicazione se ne intende: per cinquant'anni è stato al vertice di multinazionali pubblicitarie, associazioni e fondazioni di settore, ma anche consigliere della Rai. Oggi è grand'ufficiale della Repubblica è stato per 25 anni docente di Comunicazione sociale a La Sapienza e alla Iulm. Ecco la sua versione raccontata ai microfoni del DiariodelWeb.it.
Professor Alberto Contri, che ruolo gioca l'informazione, o forse dovremmo dire la propaganda, nello scenario bellico?
Direi fondamentale, preponderante. Come in tutte le guerre che si svolgono sotto l'occhio della telecamera. Basta osservare i dibattiti televisivi.
E lei che vi partecipa anche, che considerazioni ne può trarre?
Innanzitutto si nota quello che, nel solito gergo anglosassone che caratterizza il mondo della comunicazione, si chiama il cosiddetto «confirmation bias».
Il pregiudizio confermativo.
Giustamente, diciamolo in italiano. Ciascuno è portato a credere a ciò che conferma le tesi che già aveva precostituito in precedenza. A prescindere, tra l'altro, dai dati oggettivi.
Ci racconta le sue esperienze dirette?
L'ultima risale ai giorni scorsi, a «L'aria che tira». C'era l'ennesimo esponente di un istituto di studi internazionali, persona molto pacata ed esperta. Ho già fatto notare due o tre volte, suscitando l'irritazione degli interpellati, che questi soggetti sono tutti filoatlantisti, dal primo all'ultimo. E vivono di commesse e di consulenze per l'Unione europea, per l'Ocse, per organismi che sono schierati a prescindere. Questo è uno dei grossi problemi.
Lei, al contrario, è accusato di essere filo-Putin.
Ma non andrei a vivere in Russia manco morto. Anzi, sono cresciuto nel mito dell'America, che purtroppo negli anni è svanito. Da piccolo il mio sogno era avere il cinturone con due Colt, perché avevo visto un sacco di film in cui gli indiani erano i cattivi e i cowboy erano i buoni. Gli Stati Uniti sono sempre stati bravi a raccontare le storie dal punto di vista del più forte.
Finché questo accade ai protagonisti di un film western, passi. Ma quando si cerca di applicare lo stesso schema a una guerra vera, nascono i problemi. L'unica narrazione che si accetta è «Putin cattivo» e basta, sorvolando su tutte le altre responsabilità.
Certo. Si è costretti a premettere ogni volta che Putin non avrebbe dovuto invadere, cosa che io credo. Pare che uno dei motivi fondamentali fosse la presenza di questi benedetti laboratori di bioterrorismo sparsi in tutta l'Ucraina: io ho in mano i contratti stipulati dal Pentagono con loro. Ma mi chiedo perché i russi non abbiano compiuto delle operazioni con le teste di cuoio. Probabilmente cullavano anche il sogno di arrivare a riprendersi un corridoio verso il mare. Tuttavia, a livello strategico hanno commesso degli errori, sopravvalutando l'ipotesi di una sollevazione immediata del popolo ucraino per abbracciarli. Invece è sorta la resistenza. Sulla quale vorrei dire una cosa.
Prego.
Qualunque atrocità viene attribuita ai russi, mentre si leggono reportage che raccontano tutt'altro. Ad esempio il fatto che i civili vengono obbligati a cedere i propri appartamenti, dove vengono poste delle mitragliere. Non credo che l'esercito russo, di propria volontà, voglia distruggere le città, ma se da diverse finestre di un palazzo si vedono sparare addosso, di conseguenza rispondono con le granate. Ogni giorno leggiamo il numero di civili uccisi: ma se la resistenza ha messo loro le armi in mano, allora non erano più civili. In questo racconto c'è già una falsità giornalistica.
In televisione non è rara la manipolazione, anche delle stesse immagini.
Se facciamo attenzione, le scene sono quasi sempre le stesse. A volte mandano in onda pezzi di film, o di altre guerre. O peggio, come è successo da Formigli, addirittura un'immagine dei sotterranei presa da un videogioco mai uscito. Qui c'è qualcosa che non torna, indubbiamente.
La grande informazione è tutta schierata con gli Usa.
Mentre una guerra, come ha detto bene il Papa, produce conseguenze tremende sia su chi vince, sia su chi perde. Sottolineando tre volte, «tutti».
Del presidente ucraino Zelensky che cosa pensa?
Gli hanno fatto girare una fiction miliardaria con il titolo «Servitore del popolo». Poi gli hanno messo sul tavolo cinque miliardi per fare una campagna elettorale strepitosa, che aveva lo stesso slogan della fiction. In termini tecnici potremmo dire che la fiction era il pre-marketing e la campagna il marketing vero e proprio. Dicono che il 72% della popolazione ha votato per lui, ma non è vero: al primo turno lo ha votato il 30%, al ballottaggio il 72% del 40% dei votanti. Quindi siamo sempre intorno a un terzo della popolazione. E i racconti dei cittadini ucraini svelano che, una volta salito al potere, non ha cambiato assolutamente nulla. Mentre è vero che l'Ucraina, da molti anni, oltre ad avere massacrato e bombardato i separatisti, ad esempio incendiando il palazzo dei sindacati con dentro uomini, donne e bambini. Quando si raccontano questi fatti, si viene bollati di benaltrismo.
La violenza viene condannata solo quando arriva da una delle due parti.
E le cinquanta guerre in giro per il mondo che ha fatto la Nato senza chiedere il permesso a nessuno, provocando milioni di morti, inclusa quella in Iraq con le balle sulle armi di distruzione di massa? Qualche giorno fa Erdogan ha bombardato alcune zone dell'Iraq dove ci sono i curdi e nessuno ha detto una parola. E lui dovrebbe fare addirittura da paciere? Altro esempio: non dovremmo più comprare il gas dai russi, mandandoci tutti alla rovina, però compriamo il petrolio da una serie di Paesi che sono autocrazie e dittature. Questa è tutta scena.
Lei ha rivolto un appello al presidente Mattarella, chiedendogli una politica estera e militare più autonoma rispetto alla Nato.
Io ho suggerito di rendere l'Italia neutrale: sarebbe una bella soluzione. Mi domando: a cosa è servita la Nato? Potrà essere servita durante la Guerra fredda, ma da quando è caduto il muro di Berlino? Alcuni osservatori la definiscono l'estrema difesa del petrodollaro. Da un mese, diverse nazioni pretendono di essere pagate con la propria valuta e non in dollari. Probabilmente ci avviamo verso la fine del petrodollaro, che per l'America sarebbe un disastro totale. Il loro impero è fondato sulla carta, quella emessa dalla loro banca centrale. E così alzano il livello dello scontro. Come è sempre successo nella storia, quando hai problemi in casa tua, vai a fare la guerra con il tuo vicino.
Allo stesso tipo di narrazione si è assistito con la pandemia, quando chiunque ponesse dubbi rispetto alla versione ufficiale veniva deriso o addirittura criminalizzato.
Io ero critico su alcuni aspetti, per via delle mie competenze nel mondo della comunicazione sanitaria. Adesso mi dicono che io ero no-vax e adesso sono filo-Putin. Io li diffido dal dirlo: in verità, esercitavo il mio senso critico prima e lo esercito anche oggi. Un conto è criticare quello che fa la Russia, un altro è voler demonizzare e distruggere il popolo, farlo sparire dalla faccia della terra. Dimenticando che, se ammazzassero Putin, verrebbero fuori due suoi aspiranti successori, uno di destra e l'altro di sinistra, che sono molto peggio.
- 19/11/2022 Mosca accusa l'Ucraina di aver giustiziato 10 soldati russi disarmati
- 04/11/2022 Alfredo Mantici: «Tra Russia e Ucraina si arriverà alla pace, ma i tempi saranno lunghi»
- 25/10/2022 Zelensky: «Berlusconi? Lo vota solo l'8 per cento degli italiani, confortante»
- 17/10/2022 Droni russi kamikaze su Kiev: cosa sono e come funzionano