18 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Un nuovo team principal in arrivo?

Il boss Ferrari rischia il posto. E c'è già il sostituto

Sergio Marchionne, che ora oltre a presidente è anche ad, ha perso la pazienza. E, se la Rossa non vince, il primo imputato è Maurizio Arrivabene. Secondo voci di paddock, potrebbe prendere il suo posto un grande ex

Maurizio Arrivabene al muretto box Ferrari
Maurizio Arrivabene al muretto box Ferrari Foto: Ferrari

ROMA – Il team principal della Ferrari Maurizio Arrivabene, come tutti i bresciani purosangue, non è un uomo di chiacchiere, ma di concretezza e pragmatismo, con i piedi ben piantati a terra. Per questo, di fronte a questo balbettante inizio di stagione della sua Scuderia, non cerca scuse, e non ama parlare di sfortuna: «Abbiamo spinto come dei pazzi e abbiamo rischiato molto – ha ammesso domenica, dopo la prestazione agrodolce nel Gran Premio di Russia, ai microfoni di Sky Italia – Forse troppo, e la colpa è mia». Il numero uno della Gestione sportiva, insomma, fa mea culpa: «La volta scorsa abbiamo avuto problemi al software con Sebastian e al turbo con Kimi – ha aggiunto più tardi alla stampa italiana – Ma non penso che sia solo sfortuna, perché lì nei paraggi c'è sempre un errore umano. Preferisco subire questo tipo di problemi ora che più avanti nel corso della stagione. Ma dobbiamo assicurarci che non accadano più».

Un uomo solo al comando
Forse non è un caso che Arrivabene abbia deciso proprio ora di farsi pubblicamente un esame di coscienza. Proprio ieri, infatti, in casa Ferrari si è registrato un altro, importante, avvicendamento al vertice: dopo ventisei anni di onorato servizio, l'amministratore delegato Amedeo Felisa ha rassegnato le dimissioni, lasciando spazio a Sergio Marchionne. Non solo, dunque, il presidente occuperà anche una seconda poltrona (la terza con quella che ricopre in Fiat), ancor più operativa di quella attuale, ma dopo Luca di Montezemolo, Marco Mattiacci e una serie innumerevole di tecnici si è liberato anche dell'ultimo rappresentante del vecchio corso del Cavallino rampante. Ora, a decidere è rimasto solo lui. E il «killer col maglione», come lo hanno ribattezzato i giornalisti inglesi, è un capo che pretende risultati, specialmente sul fronte sportivo: «Vedere soffrire così la Ferrari mi rompe l'anima», ha già messo in chiaro ieri stesso con una frase ad effetto finita sulle pagine di tutti i quotidiani.

Ritorno di fiamma
Inevitabile che il primo a finire sul banco degli imputati sia stato proprio Maurizio Arrivabene. Che lo stesso Marchionne, appena arrivato a Maranello, volle fortemente strappare allo storico sponsor Marlboro per mettergli in mano le redini della Rossa. E che in oltre un anno di lavoro è certamente riuscito a risollevare il team dalla crisi profonda in cui era sprofondato nel 2014, ma ancora non a lottare ad armi pari con la Mercedes per il titolo mondiale: ovvero l'obiettivo categorico che lo stesso Marchionne gli aveva fissato a inizio stagione. «Non siamo una squadra a cui piace vincere facile – ha scherzato ancora il team principal – Ma per il campionato non ci arrendiamo. Metteremo tutte le nostre energie nelle 17 gare che mancano. Non è finita». Arrivabene sa di non avere altre chance: o vincerà oppure rischierà il posto. E le voci di paddock iniziate a girare dopo l'ultima gara si spingono anche oltre, addirittura ad ipotizzare i possibili sostituti che già circolano nella mente del presidente. C'è chi immagina di rubare alla Red Bull Christian Horner, per ricostituire la coppia con Sebastian Vettel che vinse quattro campionati consecutivi. Ma la pista più probabile, nonché più affascinante, è quella che porta ad un nome ad effetto: Ross Brawn. Colui che, da direttore tecnico, fu l'artefice insieme a Jean Todt dei cinque Mondiali di Michael Schumacher, e che poi da team principal portò al titolo la sua Brawn Gp e gettò le basi per la Mercedes che trionfa oggi. Una garanzia, insomma, pur se lontano dalle corse ormai dal 2013. Chissà che il corteggiamento di Marchionne, la pazza idea di tornare nella sua Maranello e la pila di milioni che sicuramente verranno messi sul piatto non potrebbero convincerlo davvero a rientrare. E chissà se è solo un caso che il presidente, ieri, abbia buttato lì anche un'altra frase: «Ero abituato a veder vincere la Ferrari di Schumacher». Quando al muretto rosso c'era seduto Ross Brawn, appunto.