25 aprile 2024
Aggiornato 06:00
Genova

Si fanno chiamare imprenditori, ma sono parassiti del denaro pubblico

In un post sul suo blog, Beppe Grillo spiega perché questi non sono imprenditori, ma parassiti con i nostri soldi

La copertina della Domenica del Corriere del 1 marzo 1964 realizzata per la posa dei piloni del ponte Morandi crollato a Genova
La copertina della Domenica del Corriere del 1 marzo 1964 realizzata per la posa dei piloni del ponte Morandi crollato a Genova Foto: ANSA

GENOVA - Antonio Di Pietro, tra le tante cose anche ex ministro delle Infrastrutture, si affanna a mostrare il contratto di concessione fra lo Stato ed Autostrade per l’Italia, quasi sorridendo mentre sottolinea quanto sarà difficile revocare quella concessione ai Benetton. Così, come se nulla fosse, e a prescindere dai risultati, come scritto in quello stesso contratto. Non è passato inosservato Di Pietro, soprattutto a uno come Beppe Grillo, che ne ha subito scritto sul suo blog. «Come moltissime persone per bene - attacca il fondatore del M5s - Di Pietro sembrava essersi completamente dimenticato del concetto economico/finanziario di 'cresta'. Quando lo stato dà in concessione la gestione di un certo servizio, spesso di vitale importanza, è forse logico che non si preoccupi di quale percentuale dei profitti verrà reinvestita nell’interesse pubblico e quanto resterà nelle mani del privato?», si chiede Grillo. «Oramai la gente neppure si chiede come sia possibile che i gestori privati dell’interesse pubblico diventino proprietari di mass media, aeroporti, si quotino in Borsa con società incredibili e acquistino squadre di calcio».

«Parassiti del denaro pubblico»
Se lo Stato, in un Paese davvero civile, concede (perché così si chiamano: concessioni) la gestione della salute, dell’acqua e delle sue infrastrutture, non dovrebbe limitarsi a scrivere montagne di carte su controlli e altra burocrazia, osserva Grillo, che in Italia non viene tradizionalmente mai ottemperata. Lo Stato deve, anche e soprattutto, decidere quale percentuale dei profitti è giusto che rimanga nelle tasche di quel privato. «I controlli saranno molto più semplici e la selezione del futuro concessionario quasi automaticamente virtuosa. Per quale ragione, con i nostri soldi, questa gente deve comprarsi aeroporti in Francia o gli stessi giornali che ci accusano di essere noi i colpevoli dei disastri? Sono imprenditori oppure parassiti del denaro pubblico? A questa gente è stato concesso il privilegio di gestire il benessere e la vita dei cittadini ma non gli viene imposto di rispettare un guadagno etico».

Lo Stato non è capace, i privati invece...
Prosegue Grillo: «Costruirai per nostro conto quell’aeroporto e lo gestirai, ma non potrai tenere per te più del 10%. Se, invece, ti tieni in tasca il 30% oppure il 50% al cittadino non interessa che li usi per comprarci dei giornali! Perché quella è semplicemente una mega-cresta legalizzata. Se una fetta molto grossa dei soldi che i cittadini ti danno, pagando tasse e pedaggi, rimane nelle tue tasche… qual’è la differenza con il caro vecchio spreco pubblico?». I più giovani forse non ricordano la premessa «filosofica» della gigantesca opera di privatizzazioni che ci ha portati a questo punto. Si diceva «lo Stato non sa gestire i soldi mentre gli imprenditori si, quindi conviene dare in concessione a loro i servizi perché non sprecano e sono efficienti». E' diventato un mantra.

Imprese virtuose con i loro soldi, non con i nostri
E invece, la verità è ben diversa: la libera impresa non spreca quando i soldi sono i suoi. Quando sono regalati, invece, è tutta un'altra storia: è sotto gli occhi di tutti - fa notare ancora Grillo - il successo economico e finanziario di questi gestori di galline dalle uova d’oro pubbliche. Senza prima fissare un limite etico al profitto dei concessionari è impossibile controllare ogni loro mossa, "ma nel nostro paese sembra fantascienza». Avverte Grillo: «Cambiare questo andazzo vergognoso non sarà facile, i pettegoli pagati da questi signori sono già scatenati a proteggerli. Ma fosse pure uno stuzzicadenti pubblico, da ora in poi dovrà essere valutato e concesso solo a condizioni vantaggiose per i cittadini. E’ per questo che in casi come questi il percorso politico e quello della giustizia devono essere diversi».

Gli sciacalli volano sulla Superba
Nel giorno dopo la tragedia il comico genovese ha raccontato la sua città spaccata a metà: «La Superba è tagliata in due, in cielo volano gli elicotteri dei Vigili del Fuoco e del 118, che stanno operando in condizioni estremamente difficili e pericolose. La rapidità del loro intervento è fondamentale. Ancora più rapidi, per natura, gli sciacalli già volteggiavano nel cielo delle parole. Parole nauseanti, al 90% inutili. E’ difficilissimo rispondere a questa gente, che nel tempo ha trasformato in pettegolezzo macabro un mestiere (informare) che era nobile. Spesso richiedeva un grande coraggio. Gli sciacalli sono animali veloci e senza alcuna forma di rispetto, la natura non li ha neppure forgiati belli nel corso dell’evoluzione. A loro non serve essere prestanti per razzolare in mezzo alla morte ed approfittarne. Non c’è grande opera pubblica che mancherà di essere rivalutata! Non c’è pettegolezzo che possa essere ascoltato se non da un altro pettegolo. IO AMO GENOVA, e questo schifo di tirapiedi in cerca d’autore mi ha infastidito nel profondo».
«Proprio quel viadotto e tutta l’infinita serie di revisioni a costi esorbitanti, esitato comunque nel crollo, nella tragedia: un pugno nello stomaco al futuro della città. Proprio quello stesso viadotto era una grande opera pubblica. Era malata alla nascita, e proprio mentre siamo sgomenti a contemplare il suo disastro, esito triste e muto di una gestione dissennata, gli sciacalli colpiscono esattamente lì» ha detto Grillo.

«Rivedremo tutti questi progetti»
Che rilancia: la motivazione a rivalutare tutti questi mostri potenziali è ancora più forte oggi. Revisionare queste mangiatoie, rivalutare anche quei gioielli che verranno costruiti con i soldi della gente e che alla gente devono restare. «Non sono uso a rispondere agli schiavi dei rapaci, ma questa volta non posso evitarlo. Noi rivedremo tutti questi 'progetti'. Che da anni e decenni stanno lì, come se fossero scritti con l’inchiostro simpatico. Destinati, dopo l’opportuna spartitoria stagionatura politica, ad essere costruiti male e di fretta. Oppure con infinita lentezza come la SA-RC. Insomma, sento che devo rispondere agli sciacalli, devo rispolverare un’ascia di guerra che non avrei mai pensato di riconsiderare: noi rivedremo quei progetti dissennati, fermeremo questa ininterrotta serie di obbrobri pericolosi e, agli sciacalli, non resta che un vaffanculo a mille decibel. Contemplando questo orrore sono ancora più convinto che le grandi opere pubbliche dalla carta al mondo reale devono essere riviste: tutte. La concessione a operatori così dissennati della nostra viabilità va revocata e restituita allo Stato».