28 marzo 2024
Aggiornato 20:30
Lega

La Lega, i 49 milioni e le querele: storia dell'inchiesta che ha portato al sequestro

Ripercorriamo le tappe che hanno portato alla decisione della Cassazione di procedere al sequestro dei beni della Lega Nord, «ovunque essi siano»

Matteo Salvini ospite del programma 'In onda' su La7 a Roma, 3 luglio 2018
Matteo Salvini ospite del programma 'In onda' su La7 a Roma, 3 luglio 2018 Foto: ANSA/MASSIMO PERCOSSI ANSA

GENOVA - L'attuale Lega, che Lega Nord non si chiama più, promette querele nei confronti di tutti coloro che hanno parlato o parleranno di «soldi rubati». In fondo, tutta l'operazione creata da Matteo Salvini e dai suoi fedelissimi, Gian Carlo Giorgetti, Gian Marco Centinaio e Giulio Centemero, oggi amministratore del Carroccio, è partita proprio dall'inchiesta sui 49 milioni con l'obiettivo di 'fare pulizia'. Uno dei primi 'vip' che saranno chiamati a confrontarsi con i legali del Carroccio davanti a un giudice, c'è da scommetterci, sarà Roberto Saviano, che si è detto pronto alla 'sfida': «Un ministro che querela uno scrittore per aver manifestato liberamente il suo pensiero è un altro passo verso la Russia di Putin. Spero vivamente che Salvini mi quereli sul serio, non vedo l’ora di trovarmi con lui davanti a un giudice: avrebbe l’obbligo di dire la verità, per lui un’esperienza nuova. Quanto ai 50 milioni rubati dalla Lega, invece di manipolare l’ingenuità dei suoi elettori, il Ministro della Mala Vita Salvini potrebbe sfruttare qualche linea di credito già aperta con lo zar Vladimir. Un giorno non lontano gli italiani capiranno chi è il vero traditore della patria». Chi vincerà in tribunale? O meglio - è la vera domanda - si può dire che la Lega ha «rubato» 49 milioni di euro?

Chi sono i «colpevoli» in questa storia
I nomi di Matteo Salvini e della 'nuova' Lega, ovviamente, non compaiono nelle carte giudiziarie. La vicenda è circoscritta soprattutto a tre esponenti pesanti del Carroccio che fu: il fondatore della Lega Nord, Umberto Bossi; il figlio Renzo Bossi e l'ex tesoriere Francesco Belsito. Tutto ha inizio nel 2012 con le inchieste partite praticamente nello stesso momento da Milano, Napoli e Reggio Calabria. Tre diversi magistrati, da tre diverse parti d'Italia, accendono i fari sulla gestione dei soldi della Lega.

L'inchiesta e la cartellina 'The Family'
Sotto la lente dei magistrati i rimborsi elettorali ricevuti dalla Lega Nord tra il 2008 e il 2010 e che, secondo le accuse, sarebbero stati utilizzati per spese personali o trasferiti all'estero e poi investiti in varie attività, tra cui il famoso acquisto dei diamanti. Ogni movimento dei e per i Bossi è stato annotato in una cartellina - la famosa 'The Family - dal tesoriere di allora: all'interno assegni per l'operazione di rinoplastica per il figlio Sirio, il pagamento delle multe di Renzo, addirittura le spese per la ristrutturazione della casa di famiglia a Gemonio. Ed è qui che uscirono fuori i documenti dell'Università Kriistal di Tirana, dove quello che per tutti è ormai 'il Trota' ha conseguito il diploma di primo livello in Gestone aziendale dietro una 'retta' di 77 mila euro. Umberto Bossi si dimette da segretario; il figlio Renzi lascia il posto di consigliere in Regione Lombardia. Entrambi riceveranno un avviso di garanzia per «truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita». Con loro sarà messo sotto inchiesta anche l'altro figlio, Riccardo. I due - Riccardo e Renzo - avrebbero usato «per fini personali» 303 mila euro di soldi pubblici.

Il sequestro dei soldi
Ed eccoci alla questione tornata alla ribalta nelle ultime ore: nel settembre del 2017 il tribunale di Genova decise di procedere alla confisca al partito di 48 milioni, 969 mila e 717 euro a titolo di risarcimento quale «somma corrispondente al profitto, da tale ente percepito, dai reati per i quali vi era stata condanna». Ma di questi soldi nessuna traccia: sui conti correnti del Carroccio solo 2 milioni di euro. Da qui la richiesta della procura di estendere l’esecuzione del sequestro anche alle somme che sarebbero arrivate in futuro alla Lega fino al raggiungimento della somma stabilita, ma il tribunale del Riesame respinse la richiesta.

Il ricorso
Per questo i pm di Genova presentarono ricorso in Cassazione. E il 12 aprile è arrivata la decisione della Corte suprema, le cui motivazioni sono state depositate ieri. Ricorso accolto con conseguente annullamento - con rinvio al Riesame - dell'ordinanza con cui era stato stoppato il sequestro delle somme future. Ora la palla torna quindi al Riesame che dovrà emettere un nuovo provvedimento tenendo presente le indicazioni e le motivazioni, vincolanti, della Cassazione. I soldi mancanti dovranno essere ripresi tutti, «ovunque essi siano». Il problema, però, è che la Lega Nord non esiste più. Il partito si chiama 'Lega per Salvini premier', ha un proprio statuto ed è a tutti gli effetti da considerare una forza politica diversa. Quindi, teoricamente, la procura non potrebbe rivalersi sui conti e sui beni intestati alla forza politica di Matteo Salvini.

Cosa rischia Matteo Salvini
In questa inchiesta, quindi, Matteo Salvini e la 'nuova' Lega non rischiano niente. Ma il ministro dell'Interno e la sua creatura non sono del tutto al sicuro: sempre a Genova, infatti, è stata aperta un'indagine per «riciclaggio a carico d’ignoti sui soldi spariti»: l’ipotesi è che la Lega 'post Bossi' abbia cercato di nascondere parte dei propri soldi - circa 3 milioni di euro - per evitare che venissero sequestrati, trasferendoli in Lussemburgo per poi farli rientrare in Italia. Un'inchiesta 'segnalata' dallo stesso Lussemburgo alle autorità antiriciclaggio italiane: per la procura tutto sarebbe stato fatto tramite la Sparkasse, la Cassa di Risparmio di Bolzano.