20 aprile 2024
Aggiornato 00:00
Immigrazione

Corte Ue conferma Dublino: richieste d'asilo nel Paese d'arrivo. Macigno sull'Italia

I giudici europei hanno confermato il regolamento di Dublino, ribadendo che è il Paese d'arrivo dei migranti quello competente a valutare una richiesta d'asilo e fornire accoglienza. Un macigno per l'Italia

Sbarco di migranti in un porto italiano
Sbarco di migranti in un porto italiano Foto: ANSA/ETTORE FERRARI ANSA

BRUXELLES - Se ancora nutriste qualche speranza a proposito di una revisione positiva per l'Italia del regolamento di Dublino, quello che obbliga i migranti a fare richiesta d'asilo nel primo Paese sicuro raggiunto, è il tempo di abbandonarla. Non solo perché l'Ue, nonostante le promesse in tal senso, non sta facendo nulla per modificare l'attuale sistema e alleggerire il peso degli sbarchi e della prima accoglienza che pesa sull'Italia, ma anche perché l'impianto di Dublino è stato appena confermato dalla Corte di giustizia europea. Il principio che considera competente per valutrare la richiesta d'asilo il primo Stato raggiunto dai richiedenti per i giudici europei è infatti valido anche in casi di emergenza.  

La causa
Il tentativo di far saltare Dublino è legato alla causa intentata da un cittadino siriano e da due famiglie afghane che, nel 2015, entrarono senza visto in Croazia, territorio Ue, passando per la Serbia. Così, le autorità di Zagabria li portarono al confine con la Slovenia per permettere loro di andare in altri Paesi dell'Unione. I migranti – venendo da due Paesi a rischio e dunque potenzialmente in grado di ottenere l'asilo – hanno quindi fatto richiesta di protezione internazionale proprio in Slovenia e in Austria, ma i due Paesi hanno sostenuto, citando proprio Dublino, che spettasse alla Croazia prendersi carico delle pratiche.

Il primo Paese d'arrivo
Gli stessi migranti hanno però ribattuto che, dal momento che il loro ingresso in Croazia era illegale, le loro domande sarebbero dovute essere prese in carico da Vienna e Lubiana, gli Stati a cui sono state presentate. Così, le corti supreme si sono rivolte ai giudici europei, per i quali l'aver portato i migranti al confine sloveno non equivale al rilascio di un visto, neppure in condizioni di emergenza com'era nel 2015, quando la rotta balcanica era interessata da un flusso continuo e ininterrotto di profughi. Non solo: secondo la Corte, l'ingresso in territorio Ue senza i requisiti è necessariamente un attraversamento illegale della frontiera e dunque la gestione della eventuale richiesta di asilo spetta allo Stato di primo arrivo. E i motivi umanitari per cui può rimanere in territorio europeo potranno essere individuati solo da quest'ultimo.

Una sentenza macigno per Roma
Una sentenza destinata a pesare come un macigno sulla sorte dell'Italia, a cui non rimane che la speranza che sia la Commissione Ue a riformare Dublino a suo vantaggio - prospettiva alquanto improbabile -. Oltretutto, bisognerà certamente attendere le elezioni tedesche del 24 settembre per poterne riparlare, visto che Angela Merkel non intende affrontare la delicatissima questione in campagna elettorale. A Roma ora non resta che attendere la riforma di Dublino proposta dalla Commissione europea che prevede un meccanismo di distribuzione automatica ed obbligatoria dei richiedenti asilo tra i Ventisette nel caso di flussi straordinari. Riforma che però non passerà prima delle elezioni tedesche del 24 settembre visto che il governo Merkel non intende toccare il tema in campagna elettorale.

Relocation
L'unica eccezione che dovrebbe essere accettata dalla Corte riguarda le relocation, rifiutate da diversi Paesi dell'Europa dell'Est. L'avvocato generale Ue ha proposto ai giudici di respingere i ricorsi presentati da Slovacchia e Ungheria contro il ricollocamento dei migranti. Un parere non vincolante, ma che normalmente viene seguito dalla Corte. Proprio oggi, la Commissione europea darà un mese di tempo a Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria per effettuare le loro quote di relocation, pena le sanzioni promesse. Se giugno è stato un mese record per i ricollocamenti dei migranti in Ue, con oltre duemila persone trasferite dalla Grecia e quasi mille dall'Italia, la Commissione Ue invita i Paesi membri ad accelerare i trasferimenti dall'Italia, che si trova "sotto enorme pressione" per gli arrivi dal Mediterraneo. Lo ha affermato il commissario alle migrazioni Dimitris Avramopoulos che ha presentato il 14esimo rapporto sui progressi della relocation. Il ritmo dei ricollocamenti è in continuo aumento negli ultimi mesi, da novembre 2016 e al 24 luglio le relocation dall'Italia sono state 7.873, 16.803 dalla Grecia. «Sulla base dei risultati raggiunti finora emerge una cosa molto chiara: i ricollocamenti funzionano se c'è la volontà politica. Occorre un ultimo sforzo per ricollocare la grande maggioranza dei richiedenti asilo presenti e idonei in Grecia e Italia entro settembre» ha detto Avramopoulos. «In particolare l'Italia è sotto enorme pressione e invito tutti gli Stati membri ad accelerare i ricollocamenti dall'Italia.» ha detto il Commissario.