29 marzo 2024
Aggiornato 08:30
Ministri concordi: soluzione è politica, non isolare la Russia

Dal G7 no a nuove sanzioni alla Russia. L'aut aut Usa: Putin scelga, noi o Assad

I ministri degli Esteri del G7 riuniti a Lucca hanno concordato una posizione comune sulla Siria e sui rapporti con la Russia, alla vigilia del viaggio a Mosca di Rex Tillerson

Angelino Alfano al G7 di Lucca.
Angelino Alfano al G7 di Lucca. Foto: ANSA/RICCARDO DALLE LUCHE ANSA

LUCCA - «Non c'è alcun consenso su nuove sanzioni» contro la Russia. Angelino Alfano lo dice forte e chiaro, al termine dei lavori del G7 a Lucca. Due giorni di incontri faticosi, impiegati a smussare gli angoli, limare le spigolature di britannici e americani, mediare - con il contributo di Berlino - le posizioni oltranziste di Londra e Washington, con quelle più morbide di Canada, Giappone, Italia e in parte Francia. Perché se «sensibilità diverse» sono state espresse, alla fine non hanno fatto la differenza. E non poteva essere altrimenti, vista l'assenza della Russia, convitato di pietra con cui fare i conti, principale alleato di Assad e destinatario finale degli strali di Boris Johnson.

Soluzione politica
Ma la «linea prevalente» - ha ammesso Alfano - alla fine è stata quella di coinvolgere la Russia nella ricerca di una soluzione politica. Con qualche distinguo, quello fatto dal segretario di Stato Usa Rex Tillerson. Se infatti in modo «significativamente unito», è stato concordato che «la Russia non vada isolata, ma nei limiti del possibile coinvolta nel processo di transizione politica», il capo della diplomazia di Washington ha fatto precedere la sua partenza per Mosca da un messaggio fin troppo chiaro: «la Russia deve scegliere tra allinearsi agli Stati Uniti e ai Paesi che la pensano allo stesso modo oppure ad Assad, all'Iran e a Hezbollah».

La strada per uscire dalla crisi siriana (secondo il G7)
La strada per uscire dalla crisi in Siria, secondo i ministri del G7, è segnata: il «processo politico» è «l'unica soluzione», l'opzione militare non esiste. E questo vale anche per gli Usa che - parole del tedesco Sigmar Gabriel - hanno assicurato agli alleati di ricercare «una via non violenta» per finire fuori dal tunnel di una guerra lunga quasi sette anni che, finora, ha prodotto molte chiacchiere, centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati. Tillerson, con il sostegno «convinto» dei colleghi riuniti a Lucca, lo dirà anche al suo omologo di Mosca: l'imperativo è porre fine alla guerra e la Russia può dare una mano ad evitare la prosecuzione del conflitto militare ed avviare «un processo politico basato su una nuova costituzione, che porti ad elezioni». La base di tutto questo, ha però avvertito Alfano, non può che essere «un cessate il fuoco durevole, efficace e sincero», rispettato «da tutte le parti in conflitto».

Il destino di Assad
E questo chiama in causa anche Bashar al Assad. Il presidente siriano è accusato dalla Comunità internazionale di avere compiuto un attacco chimico contro il suo stesso popolo. I ministri del G7 hanno chiesto unanimemente un'esaustiva indagine da parte dell'Opac, l'Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, e delle Nazioni unite, ma hanno dovuto discutere - e parecchio - per limare vedute e intendimenti sul futuro del leader di Damasco.

Nessuna soluzione con Assad al potere
La tradizionale cautela italiana - «è una discussione che sarà affrontata progressivamente, non si decide in un giorno, tocca ai siriani il compito di decidere quale debba essere il proprio destino» - ha fatto da contralare alle spinte più interventiste di Washington, Parigi e Londra. Se il segretario di Stato Usa ha tagliato corto, affermando che «il regno della famiglia Assad sta arrivando alla fine», il capo della diplomazia di Parigi si è spinto oltre: i ministri del G7 ritengono che non ci sia «soluzione» alla crisi siriana «con Assad al potere», ha spiegato. Una fuga in avanti, quella del francese, che a questo proposito ha evocato un consenso non così esplicito (e infatti nella dichiarazione di fine lavori, firmata da tutti i ministri, di Assad e del suo prossimo futuro non si fa alcuna menzione). 

Gli argomenti affrontati
Quanto agli altri temi in discussione, «sono stati almeno 20 gli argomenti affrontati», ha detto Alfano, parlando di «un successo politico». I ministri hanno espresso una condanna unanime per il programma nucleare e missilistico di Pyongyang, definito «una grave e crescente minaccia» alla pace e alla sicurezza «regionale e internazionale», nonché «una evidente violazione del regime di non proliferazione». Un «forte sostegno» è stato assicurato invece al governo di accordo nazionale libico presieduto da Fayez al Sarraj. I ministri hanno evidenziato il loro «impegno a preservare la sovranità, integrità e unità della Libia» e «la ferma opposizione a ogni tentativo di distruggere il processo di stabilizzazione». Sottolineando «l'importanza del sostengo regionale per la Libia e la sua transizione democratica», i capi della diplomazia del G7 hanno inoltre concordato che «non vi è soluzione militare ai problemi» del Paese. «Una soluzione può essere raggiunta solo attraverso un dialogo politico inclusivo e una riconciliazione nazionale», hanno detto nella loro dichiarazione finale.

Discussione più accesa sul Medio Oriente
Una discussione più accesa, secondo alcune fonti diplomatiche a Lucca, è stata necessaria per concordare infine una posizione comune sul Medio oriente. La delegazione statunitense avrebbe spinto infatti per inserire nella dichiarazione finale quella che sarebbe la nuova idea di Donald Trump per uscire dal pantano del conflitto israelo-palestinese, ovvero che la soluzione dei due Stati non può e non deve essere l'unica strada percorribile, altre vie sono possibili, purché concordate e accettate da entrambe le parti in causa. Non tutti, però hanno abbozzato e la dichiarazione finale è stata la sintesi di un'evidente sforzo di mediazione diplomatica: nessuna concessione agli Usa, ma anche nessun cenno di sostegno esplicito alla soluzione dei due Stati. «La ripresa senza ritardi» dei colloqui di pace tra israeliani e palestinesi resta una «priorità», si legge nel testo, che invita le parti a raggiungere una «soluzione negoziata che assicuri pace e stabilità per entrambe», «tenendo conto delle risoluzioni 242, 338 e 1515 del Consiglio di sicurezza» dell'Onu.