Finisce il razionalismo, entra il scena il «renzianismo»: più smart, più cool, più easy, più trendy
Da Platone a Matteo Renzi, passando per Hegel e il secolo dei Lumi. La razionalità era un'illusione, bisogna liberarsene: oggi c'è la renzionalità.
ROMA - Un assedio. Come quello di Stalingrado portato dalle truppe naziste ai sovietici. Oppure l'assedio di Gerusalemme del «feroce Saladino». E’ ovunque, su tutti i canali televisivi, su tutti i giornali, su internet, sulle fiancate dei bus, alla radio. Non è possibile vedere in pace una trasmissione di cucina, o un film, o un quiz che lui, a un certo punto, salta fuori come un Barbapapà. Lui è il «renzionalismo». La prima cosa che insegna questa debordante presenza totale è triste: una nazione può tranquillamente vivere senza un governo. Il presidente del Consiglio da circa due mesi, oltre a partorire una legge di bilancio farlocca che verrà bocciata in ogni caso lunedì 5 dicembre, sta facendo tutto tranne che il suo mestiere. Domanda: essere presidente del Consiglio è un mestiere dove si fa qualcosa? In virtù della sua totale assenza dai problemi del paese, la risposta è semplice: no.
Il «renzionalismo» è progresso
Il razionalismo è una corrente di pensiero molto antica ma poco frequentata in ogn epoca. Fondata sull'assunto che la ragione umana può in principio essere la fonte di ogni conoscenza. Nato nell'antica Grecia, acquista il vigore sepolto nel Rinascimento e trova definitivo sviluppo nel secolo dei lumi. In generale si definiscono razionalisti quei sistemi filosofici in cui la realtà è governata da una serie di leggi e principi che sono perfettamente comprensibili con la ragione umana e che coincidono con il pensiero stesso. Ecco, tutto questo fu un'illusione. La giusta e necessaria evoluzione post moderna, post ideologica, post tutto del razionalismo è il «renzionalismo». Che, badate bene, non è l’irrazionalismo. Il «renzionalismo» è un processo che getta le sue radici nell’ovvietà, ma piega il fusto della pianta a tal punto da giungere a postulati para-reali.
Ovvio e pericoloso
Fondato sul sillogismo aristotelico deformato, se ne distanzia grazie allo spregiudicato utilizzo delle avversative. Il «ma», e il «però» sono una parte per il tutto, una sineddoche ontologica, e ogni ragionamento renzionale ruota intorno ad essi. Il «renzionalismo» è un minestrone di emotività, retorica, dati reali e propaganda. Si parte da un assunto, e qualsiasi tipo di processo logico successivo è volutamente piegato alla sua dimostrazione. Molti analisti derubricano il «renzionalismo» a «frottola», oppure «balla», «retorica», «presa per i fondelli». Disfattisti, non credete a costoro: gufi. Perché il renzionalismo ha il contorno della oggettività entro cui finisce l’imprevedibile. E’ come un profitterol, dentro al quale, al posto della panna montata, trovi la bagna cauda. Il roboante commento dei media, parte fondamentale del renzionalismo sosterrà a spada tratta che nel profitterol non c’è mai stata la panna, perché tutti sanno che da sempre in ogni pizzeria che si rispetti viene servito con la bagna cauda. E’ chiara l'influenza orwelliana in questa realtà, che a questo punto non è nemmeno più tale, perché divenuta una iper realtà. Un esempio del «renzionalismo»: «Io non voglio un senato che costi, ma un senato che valga.» Segue lo sproloquio sui risparmi pari a centinaia di milioni. La parte iniziale, ovvero l'ovvietà, è l’involucro al cioccolato del profitterol: esso è reale e razionale, ed ha la capacità di catturare l’attenzione Il ripieno, ovvero i risparmi pari a 500 milioni di euro è iper realtà, cifre sparate a casaccio, ovvero il ripieno di bagna cauda.
La filosofia del tempo dei social
Oggi il «renzialismo» sta dilagando nel paese, e non è un’esclusiva del presidente del Consiglio, sebbene sia un suo conio. Il dibattito sull’informazione fasulla che dilaga su mezzi di informazione, è il sintomo che tale prassi è divenuta trasversale non solo ai alle organizzazione politiche, ma alla società. Probabilmente ha a che fare con l’affermazione, classista, che fece Umbero Eco, secondo cui i social network aumentano esponenzialmente l’effetto delle chiacchiere post vino che una volta si facevano all’osteria del paese. In questo contesto la realtà tende a comprimersi, e ci si spinge fino alla superstizione più nera. Nel renzianismo, ad esempio, si temono dei oscuri e collerici, che potrebbero punire a suon di spread la ribellione del novello Adamo che vota no. Gli dei hanno nomi anglofoni, e vivono in altissimi templi dove ricevano i sacrifici, anche umani. Sacerdoti professano il loro incontrovertibile volere, oscuro, imprevedibile, connaturato al un dogma: la vita è sofferenza per i più. L’epoca più secolarizzata della storia è in realtà la più fanatica, ma in senso pagano. E la morale cristiana della compassione viene sostituita dalla brutale visione hobbesiana, portata a valore supremo e incontestabile.
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