Referendum, se ora la riforma è «imperfetta» pure per la Boschi
Che la riforma abbia qualche «imperfezione», per gli irriducibili del No, non è una novità (semmai un eufemismo). E ora lo ammette addirittura la sua firmataria e prima sostenitrice Maria Elena Boschi
ROMA - Che la riforma costituzionale abbia qualche «imperfezione», per le opposizioni e per gli irriducibili del «no», non è affatto una novità: semmai è un eufemismo. Ma adesso, ad ammettere che non proprio tutto quadri perfettamente nel testo su cui i cittadini sono chiamati a esprimersi in autunno è addirittura colei che, quel testo, l'ha promosso e firmato: il ministro Maria Elena Boschi. La quale ha ammesso placidamente che sì, qualche criticità può pure esserci. Ma lo ha fatto per sostenere la tesi di sempre, quella strenuamente portata avanti dal Governo, sempre più timoroso che questo referendum si trasformi in un plebiscito contro di lui: ovviamente, che bisogna votare «sì».
Imperfezioni? Un danno collaterale
«Nessuno ha la pretesa di presentare una riforma perfetta», ha affermato il Ministro, in un improvviso slancio di umiltà. «Io per prima sono consapevole di alcune imperfezioni o magari che su alcuni punti si potevano fare scelte diverse. Ci possono per esempio essere posizioni differenti sul Titolo V e in particolare sulle competenze di Stato e Regioni», ha continuato. Ma la sostanza non cambia: un voto per la riforma è sempre un voto per il futuro del Paese. Quelle «imperfezioni» sono solo un danno collaterale del processo di trasformazione messo in atto dal Governo. E chi voterà «no» è chi non vuole cambiare.
L'assist della Cisl
Del resto, dalla sua parte la Boschi ha anche la Cisl, con Anna Maria Furlan che alla riforma darebbe un 7+. Non un 10 e lode, dunque, forse per quelle «imperfezioni» ammesse dallo stesso Ministro, «ma anche 7+ a volte è un buon voto. Sono quarant'anni che aspettiamo questa riforma», ha dichiarato, offrendo di fatto un assist all'esecutivo.
La retorica stringente del Governo
Ad ogni modo, perfetta o no, per il ministro Boschi questa riforma rappresenta un'occasione imperdibile per l'Italia e gli italiani. Perché «le riforme costituzionali sono il pezzo più importante del cambiamento del Paese». Una «tappa di montagna», ha sintetizzato utilizzando il gergo ciclistico, di quelle che «bisogna alzarsi sui pedali». E ha sottolineato il significato a suo avviso più profondo del voto referendario: «Votare sì o no [...] vuol dire votare pro o contro l'idea di cambiamento che abbiamo per il Paese». Cambiamento contro immobilismo, dunque: questo, per il Governo, è il nocciolo della questione; tutto il resto sono i cavilli dei perfezionisti. Ma il Ministro non si ferma qui: perché, a suo avviso, se passa il sì questa sarà la riforma degli italiani, e «saremo tutti madri e padri costituenti». Alla faccia di Calamandrei e compagnia bella, tutti rottamati in un colpo solo.
L'essenziale è 'cambiare'
A chi importa, dunque, delle «imperfezioni»? L'essenziale, per il clan Renzi-Boschi, è cambiare. E chi è convinto che con questa riforma si cambi, ma in peggio, viene automaticamente bollato come un sostenitore dello status quo, un conservatore innamorato di «come stanno le cose», dei soliti privilegi, e - novità delle ultime ore - un pedante perfezionista. Invece, questo esecutivo pare sempre più ispirato dal motto con cui è salito al potere, e con cui il premier martella ogni giorno i suoi fan su Facebook: «cambiare verso». E il rischio che alla fine si prenda il «verso» sbagliato non è assolutamente contemplato.
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