Renzi: Referendum un rischio? Chi ha paura dei rischi non fa politica
Nell'ultima eNews, il presidente del Consiglio affronta il nodo referendum costituzionale e afferma che quello di ottobre è un rischio che bisogna correre per il bene del Paese

ROMA - In molti hanno collegato il referendum britannico a quello italiano di ottobre. Matteo Renzi lo sa e apre così la seconda parte della sua eNews settimanale, in cui commenta i fatti della settimana scorsa e l'appuntamento autunnale alle urne. Tanti «amici» hanno scritto, preoccupati, al premier: «Matteo, attenzione. Il referendum è un rischio!». Renzi sa anche questo, ma non si lascia intimorire: «Ehi, ragazzi, non scherziamo! Certo che è un rischio. Ma chi ha paura dei rischi non può fare politica».
Chi si oppone al referendum non parla del merito
Dal primo giorno l'Esecutivo ha detto che il voto finale delle riforme sarebbe arrivato dai cittadini, qualunque fosse stato il quorum: «Non cambieremo certo idea per paura», spiega il premier. In tanti, secondo Renzi, starebbero cercando di non parlare del merito del referendum: vanno in tv e non parlano del merito, perché sul merito sanno che la riforma non è perfetta ma è un passo in avanti nella direzione attesa da decenni, continua Renzi. «No, loro non parlano di merito. Parlano di me». Chi si sta opponendo al referendum di ottobre se la prende con il premier: «Dicono che io ho sbagliato a dire che se perdo vado a casa: e secondo voi io posso diventare un pollo da batteria che perde e fa finta di nulla? Pensano forse che io possa diventare come loro?».
La paura di perdere la poltrona
Le accuse di personalizzazione del referendum costituzionale arrivano, secondo il premier, perché loro sono preoccupati che in Italia si affermi il principio sacrosanto che chi perde va a casa. «Loro sono preoccupati – anche personalmente – dalla impressionante diminuzione di poltrone», aggiunge: «Loro sono preoccupati del fatto che non ci sarà più spazio per giochi di palazzo. Chi scommette sul fallimento ha tutto da guadagnare dall’ingovernabilità e dalla palude».
Contro la personalizzazione
A chi in buona fede teme che Renzi possa «personalizzi» il referendum, il premier chiede una mano: «volete che non sia un referendum su di me?», domanda, «Ok – risponde – Mettetevi in gioco voi. Per evitare che personalizzino contro di me, personalizzatela voi». Il premier invita a spiegare di cosa si parla quando si parla di referendum, a raccontare la verità sul referendum, perché la verità è fondamentale: «Basta dire la verità e vinceremo questo referendum: la verità è più forte delle bugie, sempre».
Se vince il «sì», se vince il «no»
Poi segue un'approfondita analisi sugli esiti del sì e del no. Se vince il «sì», la fiducia al Governo sarà data solo dalla Camera e dunque sarà più semplice governare, mentre se vince il «no», resterà tutto come adesso: «unici in tutto il mondo a dare due fiducie in due camere diverse». Se vince il «sì», il numero dei parlamentari passerà da 945 a 630, più 100 senatori senza indennità in rappresentanza dei territori. Se vince il «no», resterà tutto come adesso: il parlamento più numeroso e costoso del pianeta. Se vince il «sì», per fare una legge non ci sarà bisogno del tradizionale ping pong tra Camera e Senato, ma ci saranno tempi e procedure più snelle. Se vince il «no», resterà tutto come adesso. Se vince il «sì», i consiglieri regionali non potranno guadagnare più di un sindaco e saranno cancellati i rimborsi ai gruppi regionali. Se vince il «no», resterà tutto come adesso. Se vince il «sì», le Regioni dovranno smettere di fare promozioni turistiche all’estero o legiferare in modo diverso l’una dall’altra sui trasporti o sulle regole ambientali, ma ci saranno regole uguali per tutte, più semplici per i cittadini. Se vince il «no», resterà tutto come adesso. Se vince il «sì», elimineremo enti inutili come il CNEL – previsto in Costituzione – e cancelleremo definitivamente i politici dalle province, con una riduzione di 2.500 poltrone. Se vince il «no», resterà tutto come adesso. Se vince il «sì», sarà più basso il quorum per i referendum e si potranno fare referendum propositivi. Se vince il «no» resterà tutto come adesso.
L'ultima parola spetta al popolo
Poi a concludere, se il referendum di ottobre sarà veramente sul merito avremo un Paese più semplice, che funziona meglio, dice il premier. «Quando dico che abbiamo avuto 63 governi in 70 anni i colleghi stranieri si mettono a ridere», precisa il presidente del Consiglio, che continua: «Vorrei che ridessero un po’ meno davanti a un sistema italiano capace di funzionare meglio, tutto qui», spiega Renzi. «Adesso la parola è al popolo. E noi rispetteremo la volontà del popolo. Mi hanno chiesto: qual è la vostra tattica per il referendum? Risposta: dire la verità e coinvolgere quanto più possibile i cittadini».
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