27 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Parla il segretario dei Radicali

Olimpiadi, Magi: Serve un referendum

I Radicali italiani presentano un dossier sui costi delle Olimpiadi 2024 a Roma. Il rischio che questi superino i benefici è altissimo, è per questo che chiedono la consultazione popolare: siano i cittadini a scegliere

ROMA - Radicali Italiani e Radicali Roma lanciano na campagna per chiedere un referendum sulla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Sul nuovo sito www.referendumroma2024.it i Radicali rendono pubblico l'ampio dossier dal titolo «Roma2024: una sfida molto rischiosa». A parlarne al DiariodelWeb.it è il segretario di Radicali Italiani, Riccardo Magi.

Riprendendo le sue parole, servono davvero le Olimpiadi a Roma?
Noi presentando i dati che sono contenuti nel dossier, dati abbastanza inequivocabili, speriamo che si apra un dibattito su questa questione. È molto stridente il fatto che, nonostante la serie storica di dati ci dica che le edizioni degli ultimi cinquant'anni abbiano prodotto quello che è evidente nel dossier – e cioè un'esplosione di costi, una ricaduta sulla pressione fiscale nei decenni successivi – finora non è stata fornita alcuna informazione sui costi di questa manifestazione. Esattamente un anno fa, a dicembre del 2014, il presidente del Consiglio Matteo Renzi, insieme al presidente del Coni, Giovanni Malagò, lanciarono la candidatura e annunciarono uno studio di fattibilità. Questo studio di fattibilità non è mai arrivato, non c'è mai stato e anche quando Malagò e Montezemolo (che nel frattempo era diventato presidente del Comitato Promotore) vennero in Campidoglio – all'epoca ero ancora consigliere comunale – non portarono alcuna documentazione a sostegno della candidatura né nessuna idea: dissero semplicemente che avevano bisogno della squadra dei consiglieri comunali, testualmente, e che chi era contrario alla candidatura non vuole bene a questa città. Noi crediamo innanzitutto che si debba aprire un dibattito, il che significa fornire delle informazioni, sulla base delle quali date ai cittadini, chiamarli ad esprimersi. Cosa che sta avvenendo sempre più spesso su questi grandi eventi sportivi internazionali, che non è scontato che si debbano tenere.

Di qui la necessità del referendum.
È importante che chi paga queste grandi manifestazioni, chi ne sostiene il disagio o chi ne sfrutta l'opportunità o l'occasione, se si vede in questi giochi un'occasione di sviluppo e rigenerazione urbana, di realizzazione di opere pubbliche, possa esprimersi in questo senso. Ricordiamo che poche settimane fa ad Amburgo si è tenuto un referendum che ha dato esisto negativo. La cancelliera Merkel, inizialmente favorevole alla candidatura della città tedesca, ha riconosciuto l'esito del referendum e ha accettato quella che è stata la volontà dei cittadini; qualche mese fa Boston ha ritirato la candidatura pochi mesi prima che si tenessero dei referendum il cui esisto negativo sembrava abbastanza scontato. Lo stesso è avvenuto per i giochi invernali del 2022, che poi sono andati a Pechino, perché le uniche due città rimaste erano state Pechino e Almaty, la città kazaka. Quindi con una battuta si può dire che le Olimpiadi rischiano di diventare un evento per le dittature, se vengono realizzate con le modalità con cui noi le conosciamo. E in Italia, con la candidatura di Roma, si è partiti esattamente nello stesso modo, e cioè richiamando l'importanza della patria e senza fornire uno straccio di dato o di piano, e soprattutto senza coinvolgere i cittadini.

Lei prima ha parlato di costi: quanto ci costerebbero queste Olimpiadi?
Ad un anno dalla candidatura dell'Italia, non sono stati forniti numeri. Gli unici dati che abbiamo risalgono a quattro anni fa, quando il presidente del Consiglio Monti ritirò la candidatura che il sindaco Alemanno aveva già lanciato. Si parlava di circa nove miliardi di spesa, da dividere, più o meno al 50%, tra investimenti pubblici e investimenti privati. Quello studio di compatibilità economico-finanziaria esprimeva un giudizio moderatamente favorevole sull'opportunità di fare le Olimpiadi, ma il presidente Monti lesse tra le righe quello che di solito è avvenuto nelle edizioni precedenti: questi studi, commissionati dai Comitati promotori, sono un po' «farlocchi» rispetto alle stime. Sistematicamente poi i costi esplodono anche del 700-800%.

Perché si sta spingendo così tanto per la candidatura di Roma? Chi è che ci guadagna davvero? Roma non naviga in ottime acqua, sembra quasi controproducente.
È controproducente per i cittadini, ma non è controproducente per chi ha un guadagno immediato. Il costo pubblico degli investimenti, infatti, va nelle tasche di chi realizza le grandi opere – che poi spesso restano grandi opere mai realizzate o cattedrali nel deserto abbandonate, e ne abbiamo tantissime a Roma e in Italia. Ci sono gruppi di interesse che ci guadagnano. E allora la prima questione che poniamo è che il Comitato promotore – che è un soggetto istituzionale, un soggetto pubblico, perché è emanazione diretta del Coni – non si comporti come un comitato d'affari, ma che si comporti come una istituzione pubblica, un'istituzione democratica.

Riguardo il Comitato, come vede la presidenza di Luca Cordero di Montezemolo? Ricordiamo che guidò il fallimento di Italia 90, con gli strascichi economici che ancora si porta dietro.
La risposta è nella domanda. È normale poi che i cittadini si allarmino ancora di più vedendo che i protagonisti di queste mirabolanti imprese olimpioniche sono gli stessi che abbiamo già visto all'opera, ad esempio, in Italia 90. E ricordiamo che nella Legge di Stabilità appena approvata ci sono ancora i pagamenti delle spese dei mondiali di calcio di Italia 90.

A Giubileo avviato sembra che i numeri non siano proprio quelli prospettati. Anche alla luce di questo flop, quanto fanno davvero bene questi grandi eventi alla città?
Dipende da obiettivi e priorità che ci si dà. Per come li abbiamo conosciuti fino ad ora dobbiamo dire di no. Per come abbiamo conosciuto Italia 90, i mondiali di nuoto del 2009 (con tutti gli strascichi giudiziari che ci sono stati) dobbiamo dire di noi. La migliore garanzia per evitare che sia ancora così attraverso una richiesta di referendum è che tutto avvenga veramente nella massima trasparenza, producendo sin dall'inizio la documentazione relativa al tipo di manifestazione che si intende fare. Un altro aspetto, poi, è anche politico: queste Olimpiadi, per come sono state lanciate dal presidente del Consiglio, sono anche un po' un diversivo elettorale, perché l'aggiudicazione della candidatura avverrà nel 2017, le elezioni amministrative che ci sono nella primavera del 2016 rivestiranno una grossa importanza anche nazionale, aldilà del voto locale, e vedono in grossa difficoltà le principali forze politiche. Questo perché queste forze politiche non hanno il coraggio di affrontare i problemi che andrebbero affrontati a Roma, come il fallimento delle grosse municipalizzate come Atac, grandi opere come la Metro C che non trovano più un progetto, anche lì per un'esplosione dei costi. Le Olimpiadi, quindi, sono un diversivo in cui si ricompatta una serie di interessi sotto il sogno dell'impresa olimpionica.