25 aprile 2024
Aggiornato 23:30
Il ministro degli Esteri risponde ai solleciti dell'Europa

«Sull'immigrazione l'Italia fa quel che deve e molto di più»

La cancelliera Angela Merkel e il presidente francese Francoise Hollande sollecitano Roma ad aprire i centri di registrazione per i migranti «in tempi brevi, entro l'anno», Gentiloni risponde: l'Europa trovi il modo di andare oltre Dublino

ROMA (askanews) - Sull'emergenza immigrati, «l'Italia fa quel che deve» e anche «molto di più, salvando decine di migliaia di vite umane e accogliendo i profughi». Così, in un'intervista al Corriere della Sera, il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni risponde al cancelliere Angela Merkel e al presidente francese Francoise Hollande, che hanno sollecitato Roma ad aprire i centri di registrazione per i migranti «in tempi brevi, entro l'anno».

Ue, bisogna cambiare le regole
«Non la interpreto» come una tirata d'orecchi, spiega il titolare della Farnesina, «Chiedere a Grecia e Italia di fare i compiti a casa sull'immigrazione sarebbe come dire a Paesi colpiti da un alluvione di accelerare la produzione di ombrelli. L'Europa ha bisogno di andare nella direzione esattamente opposta a quella di bacchettare i Paesi alla sua frontiera esterna. E in Francia e Germania vedo piuttosto la consapevolezza della centralità dell'immigrazione». La posizione dell'Italia, analizza Gentiloni, è che «la logica non può essere quella di applicare regole concepite 25 anni fa, parlo della Convenzione di Dublino, mentre il fenomeno è cambiato radicalmente nei numeri, nelle origini, nelle dimensioni per i singoli Paesi. Se si continua a dire che ognuno deve sbrigarsela da solo, il rischio è che questo moltiplicarsi e sovrapporsi di immagini terribili ? da Kos alla Macedonia, dalla Manica alla Sicilia ? alla fine diventi un macigno sul futuro dell'Europa. Il punto è condividere e modificare le regole dell'accoglienza, senza dimenticare il lavoro di medio periodo sulle cause profonde: guerre, povertà, dittature».

Andare oltre Dublino
La convenzione è che le «questioni essenziali» siano tre e la prima sia «l'europeizzazione della gestione dei flussi, cioè un diritto d'asilo europeo, con definizione comune della titolarità e politiche di rimpatrio comuni. Può sembrare ambizioso, ma se guardiamo ai conflitti tra Paesi confinanti o ancora peggio allo scaricabarile su quelli alla frontiera esterna, è l'unica strada da seguire. I migranti arrivano in Europa, non in Italia, Grecia, Germania o Ungheria. Così come funziona adesso, si rischia di mettere in discussione Schengen e tornare alle vecchie frontiere: ma limitare la libera circolazione delle persone significa minare uno dei pilastri dell'Europa». La seconda questione, osserva il capo della diplomazia italiana, «è la creazione di canali di immigrazione legale verso l'Europa nel suo complesso: abbiamo bisogno di immigrati legali, che hanno capacità e talenti. Serve infine un equilibrio negli oneri tra i vari Paesi. Se il diritto d'asilo vale per tutta Europa, l'equa distribuzione impedirà che i flussi si indirizzino tutti verso i Paesi più ricchi e generosi». Tornando ai centri di registrazione, conclude Gentiloni, l'importante è «ragionare su come andare oltre Dublino: l'ha proposto la stessa Commissione nella sua agenda e la Germania proprio ieri ha dato il buon esempio sospendendone l'applicazione e decidendo di esaminare le domande di asilo di tutti i migranti siriani, indipendentemente dal Paese europeo di primo ingresso».