Baroni: «Rems? Una nuova mangiatoia di denaro pubblico»
Cosa si cela dietro la Legge 81/2014, quella che vede la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari e la nascita delle Rems, Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza? Secondo l'analisi del deputato del Movimento 5 Stelle, Massimo Baroni, dietro la gestione delle Rems appalti sospetti e 'malagestione' da parte delle Regioni.
ROMA - «Un altro modo per creare una mangiatoia di denaro pubblico». Massimo Baroni, deputato del Movimento 5 Stelle e portavoce alla Camera, commenta al DiariodelWeb.it le conseguenze della Legge 81/2014, quella secondo la quale a partire dal 31 marzo chiudono i battenti degli Ospedali psichiatrici giudiziari, ma si aprono quelli delle Rems, Residenza per l'esecuzione delle misure di sicurezza. Quanto messo in luce dall'onorevole è la cattiva gestione che si cela dietro le nuove strutture pensate per accogliere i pazienti uscenti dagli Opg, gestione affidata alle Regioni e troppo spesso motivo di spreco di denaro pubblico.
LA QUESTIONE DEGLI APPALTI - Oltre ai problemi legati a questioni di sicurezza – come l'assenza di una Polizia giudiziaria a tutela del personale sanitario che andrebbe a lavorare nelle nuove strutture – esiste, secondo il deputato del Movimento 5 Stelle un problema altrettanto importante, quello degli appalti, da sempre nel nostro Paese causa di enormi sprechi di denaro pubblico o, peggio ancora, macchiati dal cancro della corruzione. «Sembra che una delle Rems nel Lazio sia attenzionata dalla procura in merito all'appalto che è stato assegnato in regime d'urgenza», senza i controlli di routine volti a garantire che le ditte coinvolte siano senza macchia, spiega il deputato Baroni. «Stanno facendo delle gare di appalto multiple», continua l'onorevole: in un primo momento c'è un appalto per la costruzione di una prima struttura temporanea, in piedi per un anno, e all'interno della stessa gara di appalto rientra un secondo progetto per la costruzione della struttura permanente. «La prima struttura temporanea d'urgenza richiede una somma di denaro pubblico notevole per qualcosa di cui si usufruirà solo per un anno e nel frattempo si lavora alla costruzione della struttura permanente», aggiunge il deputato pentastellato. Per Baroni questo modo di procedere è indicativo di un utilizzo sbagliato del denaro pubblico.
NIENTE SICUREZZA PER LE COMUNITÀ - Come Movimento 5 Stelle, si sta cercando di capire il sistema utilizzato per la costruzione e la gestione delle Rems: «Almeno nel Lazio, l'urgenza viene data dal fatto che se non risulterà partire un numero minimo di Rems, queste verranno commissariate», quindi ci sarà l'intervento di un commissario esterno per l'attuazione della messa in opera delle Rems, con la conseguenza diretta che le Regioni non avranno più la libertà di gestione dei fondi messi a disposizione per la creazione delle strutture, somma che, come sostiene il deputato Baroni, si aggirerebbe attorno al milione di euro. «Ci sono appalti molto sospetti, perché è stato fatto tutto in fretta, con pochissime persone a conoscenza delle modalità con cui sono stati affidati gli appalti e con subappalti che potrebbero essere fuorilegge», spiega ancora l'onorevole Baroni. La Rems di Palombara Sabina (Roma), invece, è emblematica di un'altra problematica connessa alle strutture, quella legata alla sicurezza della comunità in cui le residenze vengono assegnate. La Rems di Palombara Sabina, ad esempio, è posizionata in un'ala dell'ospedale, «a 50 metri da una scuola, inserita nel contesto del paese e la comunità si è opposta a questa decisione», a causa delle problematiche inerenti la sicurezza che una struttura del genere comporterebbe all'interno della comunità.
POCA DISCUSSIONE NELLE REGIONI - Non è stato fatto abbastanza, secondo Baroni: la situazione è conosciuta almeno dal 2013, ma in Regione il problema non è stato affrontato con la dovuta serietà. «È dal 2013 che bisognava prevedere anche attraverso una discussione molto più trasparente da parte della politica in Regione – perché la questione è regionale – e quindi molto più partecipata. Invece è stata imposta dall'alto attraverso una filiera di esecutori totalmente occultati alla discussione pubblica. Per cui risultano calati dall'alto questi provvedimenti, addirittura i sindaci hanno visto nascere queste strutture dal nulla, con un grosso onere di spesa riguardo la sicurezza, senza sapere nemmeno quali saranno i regolamenti interni, relativi anche al diritto di uscita di questi soggetti». Come continua ancora il deputato del Movimento 5 Stelle, poca chiarezza è stata fatta finora anche dal punto di vista prettamente medico-psichiatrico: «C'è anche un problema dal punto di vista psichiatrico, perché il sanitario si trova a dover fare la guardia a qualcuno che ha commesso un reato, considerato un pericolo. Perché è vero che un paziente debba essere curato, ma allo stesso tempo non si garantisce la sicurezza dell'operatore sanitario e non si è in grado di garantire la sicurezza nemmeno del territorio circostante, dal momento che non è prevista un'amministrazione penitenziaria che sia sul luogo a lavorare insieme agli stessi sanitari», spiega ancora Baroni.
IL PREZZO DI UN'IDEOLOGIA - Tutto nasce dalle richieste continue avanzate da Stop Opg, il comitato che ha promosso e fortemente voluto la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari. «C'è un problema fortemente ideologico dietro – continua Baroni –. Per seguire un'ideologia molto forte, molto importante del gruppo di Trieste, Stop Opg, stiamo vedendo che, sì, è giusto prevedere delle piccole strutture a misura di uomo, ma c'è esiste il problema del fatto che non è mai stato affrontata la questione, ma le Rems sono state imposte attraverso un provvedimento di legge che non ha visto nessun tipo di discussione». Quindi ad una causa giusta è seguita una gestione disastrosa della vicenda: «Un altro modo per creare una mangiatoia di denaro pubblico. E tutti gli indicatori vanno nella direzione di mettere in luce una filiera di appalti su queste residenze molto torbida», continua il deputato. «Le intenzione sono buone, ma la questione è stata gestita malissimo, perché non si è stati attenti al progetto con cui si voleva deistituzionalizzare questi pazienti, che sono, però, socialmente pericolosi, non solo a loro stessi, ma anche ad altri», conclude il deputato Massimo Baroni.
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