25 aprile 2024
Aggiornato 12:00
La crisi libica

Mogherini: «In Libia rischio guerra civile»

Lo ha affermato il ministro degli esteri, Federica Mogherini, nel corso di un'audizione della Commissione Esteri del Senato. Al di là delle divisioni fra tribù e milizie «la minaccia vera è rappresentata dalla scissione del Paese fra il campo islamista e quello non islamista, che si considera custode della democrazia e della laicità dello Stato».

ROMA - La Libia rischia di scivolare verso una frammentazione che porterà il Paese alla guerra civile: lo ha affermato il Ministro degli Esteri, Federica Mogherini, nel corso di un'audizione della Commissione Esteri del Senato.

Al di là delle divisioni fra tribù e milizie «la minaccia vera è rappresentata dalla scissione del Paese fra il campo islamista e quello non islamista, che si considera custode della democrazia e della laicità dello Stato», ha spiegato Mogherini ricordando i due principali passaggi avvenuti nel corso dell'ultimo mese: le elezioni del nuovo Consiglio dei Rappresentanti, il 25 giugno scorso, in cui i non islamisti hanno ottenuto il 50% delle preferenze contro il 15% egli avversi; e l'azione militare che vede opposte le milizie islamiste di Misurata e quelle non islamiste di Zenten, sia a Tripoli che a Bengasi e che ha provocato centinaia di morti.

La tregua temporanea in vigore da due giorni «non sembra destinata a durare perché innescata da fattori contingenti, ad eccezione del peso della comunità internazionale: L'unico modo di trasformare questa tregua temporanea in una soluzione politica - obbiettivo questo dell'azione diplomatica italiana - è mettere in moto una dinamica incentrata sulla convocazione del nuovo Parlamento», ha proseguito Mogherini.

In linea di principio il Consiglio dovrebbe riunirsi il 4 agosto a Tobruk, anche se è in discussione un'eventuale anticipazione al 2 agosto; fino ad allora tuttavia «è probabile che gli scontri militari proseguano perché entrambe le parti mirano a rafforzare la propria posizione negoziale senza tuttavia voler eliminare la possibilità di una soluzione politica».

DUE SCENARI POSSIBILI - Due quindi, ha proseguito il Ministro, sono gli scenari possibili: «O un muro contro muro in cui il fronte non islamista rivendicherà la vittoria elettorale per non scendere a patti con gloi islamisti, che riprenderebbero l'azione militare, con il rischio di un'implosione del Paese in una guerra civile; oppure, l'accettazione da parte di entrambi i campi di scongiurare il collasso e avviare una riconciliazione nazionale, che potrebbe tradursi in un governo di unità nazionale».

«Lo scontro deve spostarsi dal piano militare al piano politico-istituzionale dentro il Parlamento, con dinamiche libiche ma anche assistenza internazionale», compresa quella italiana; a tale proposito Mogherini ha ringraziato l'Ambasciatore Giuseppe Buccino che sta tenendo degli incontri per evitare un'ulteriore militarizzazione del conflitto e ha ricordato di essere in contatto con gli attori principali della regione: «la crisi ha una dimensione regionale che impone di lavorare non solo a livello di singoli Paesi europei ma dell'Ue in quanto tale», ha ricordato il Ministro: «Abbiamo bisogno di lavorare insieme ai grandi Paesi della regione, ed è bene coordinare gli sforzi per evitare che la situazione degeneri ulteriormente».

L'esito della crisi sarà determinante per quel che riguarda il controllo del territorio e delle frontiere libiche: «Servono un Parlamento e un governo per la gestione dei flussi dei richiedenti asilo e migratori, e serve che le autorità libiche firmino le convezioni internazionali che permettano all'Unhcr di lavorare in territotio libico», condizioni necessarie per «una gestione a lungo termine» del problema immigrazione.

Infine, per quel che riguarda la situazione degli italiani in Libia, al momento sono presenti nel Paese 214 connazionali più 45 italiani fra personale di Ambasciata e altre istituzioni; inoltre, vi sono circa 830 italiani stabilmente residenti, circa l'80% con doppia nazionalità e che nel 2011 è in gran parte rimasta in Libia e quindi presumibilmente non ha intenzione di lasciare il Paese. L'Aeronautica militare ha peraltro già effettuato due voli con a bordo 24 connazionali e la Farnesina è impegnata a contattare gli italiani in Libia per offrire la possibilità di un rimpatrio.