19 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Verso le Consultazioni

Berlusconi e la galera, Bersani «sabota» l'intesa con il PDL. Ma Renzi incalza

Ipotizzare il sì ad una richiesta di arresto per Silvio Berlusconi «se gli atti fossero fondati» è una dichiarazione di guerra per il Pdl, che infatti replica con Angelino Alfano parlando di frasi «inquietanti». Bruciare i ponti col Pdl, spiegano, serve proprio a complicare la vita a chi pensa di far nascere un governo che non sia presieduto dal leader Pd

ROMA - Oggi erano tanti, in Transatlantico, giornalisti e parlamentari, che leggevano le parole di Maurizio Migliavacca su Silvio Berlusconi come una stoccata diretta al Quirinale, che ieri sera ha difeso il diritto di Silvio Berlusconi a «partecipare» alla vita politica. Altri dirigenti Pd, però, offrono una lettura più articolata dell'intervento del braccio destro di Pier Luigi Bersani e la spiegano soprattutto come una mossa diretta a rendere ancora più difficile il 'piano B' di cui tanti parlano, ovvero quel 'governo del presidente' che Giorgio Napolitano dovrebbe provare a varare dopo la certificazione del 'no' di Beppe Grillo. Un'ipotesi che il leader Pd non considera percorribile, perché sarebbe di fatto una riedizione della 'strana maggioranza': «Abbiamo già dato», ripete Bersani a questo riguardo nelle chiacchiere a quattr'occhi.

Migliavacca non è un novellino della politica e tantomeno uno che ama i riflettori: le sue dichiarazioni pubbliche si contano sulla punta delle dita di una mano, parla pochissimo e non dice mai cose che non sono condivise da Bersani. Ipotizzare il sì ad una richiesta di arresto per Silvio Berlusconi «se gli atti fossero fondati» è una dichiarazione di guerra per il Pdl, che infatti replica con Angelino Alfano parlando di frasi «inquietanti». Bruciare i ponti col Pdl, spiegano, serve proprio a complicare la vita a chi pensa di far nascere un governo che non sia presieduto dal leader Pd: anche il 'governo del presidente' che molti descrivono come la vera prima scelta di Napolitano, non potrebbe che partire con una fiducia votata da Pd e Pdl insieme.

Per lo stesso motivo, spiegano diversi deputati Pd, l'orientamento bersaniano è quello di dire sì al nome che i grillini proporranno per la presidenza della Camera, nonostante i tanti dubbi e malumori di diversi dirigenti democratici su questo punto. Dire no adesso a M5S significherebbe certificare che il dialogo con quella forza politica è chiuso e questo renderebbe più debole Bersani di fronte a Napolitano: il segretario Pd vuole chiedere il mandato a formare un governo anche giocando sulla possibile ambiguità di parte del mondo grillino. Peccato che Dario Franceschini, per esempio, fosse da tempo convinto di poter salire sulla poltrona di presidente di Montecitorio e non a caso i suoi dicono che il Pd non dovrebbe dire sì al presidente di M5S se Grillo non offre in cambio aperture sulla fiducia.

Ma sulla strada di Bersani ci sono tanti altri ostacoli. Mario Monti, oggi, ne ha messo un altro, dicendo che non voterebbe un governo Pd-M5S e criticando i famosi 'otto punti' del leader Pd. I centristi sono fautori di un governo del presidente e Monti, raccontano, sta stringendo i rapporti con quel Matteo Renzi che oggi si è ufficialmente proposto come prossimo candidato premier. Tutto si tiene, spiegano, perché Bersani spera non tanto di convincere i grillini a votare per lui ma, più concretamente, di riuscire a presentarsi alle Camere e, seppure senza fiducia, andare a nuove elezioni da premier di un governo di minoranza. Molti spiegano che le cose sono più complicate, l'ex senatore Pd Stefano Ceccanti ricorda che un conto è l'incarico è un'altra cosa la nomina a presidente del Consiglio: Napolitano può dare l'incarico a Bersani, ma poi non nominarlo perché non emerge una maggioranza.

Ecco allora che torna utile la barricata eretta da Migliavacca verso il Pdl: dichiarare guerra a Berlusconi significa complicare la nascita di un governo tecnico. Il mandato di Napolitano dura ancora poche settimane, e a quel punto il Pd potrebbe eleggere, insieme a Monti, un nuovo presidente che scioglie le Camere. Il problema, raccontano, è che anche tra i bersaniani ci sono idee diverse su questo punto: i 'giovani turchi' si stanno muovendo in autonomia, e c'è chi dice che non direbbero no a un governo Finocchiaro, per esempio. Del resto, qualcosa del genere l'ha evocata anche Walter Tocci, sia in direzione che all'assemblea dei parlamentari Pd. Si tratta di vedere se Bersani accetterà il 'passo indietro', ma è un dato di fatto che l'offensiva di Renzi sta spingendo anche parte della sinistra del Pd a riposizionarsi, per cercare un candidato da contrapporre al sindaco di Firenze.