18 aprile 2024
Aggiornato 14:30
Duello Quirinale - Procura di Palermo

Intercettazioni Napolitano-Mancino, attesa per la Sentenza della Consulta

Potrebbe arrivare in serata la decisione della Corte costituzionale sul conflitto fra poteri dello Stato che oppone la Presidenza della Repubblica alla Procura di Palermo. Se la camera di consiglio pomeridiana non fosse sufficiente a trovare una soluzione, la decisione verrebbe rimandata al più tardi a domattina

ROMA - Potrebbe arrivare in serata la decisione della Corte costituzionale sul conflitto fra poteri dello Stato che oppone la Presidenza della Repubblica alla Procura di Palermo. Se la camera di consiglio pomeridiana non fosse sufficiente a trovare una soluzione, la decisione verrebbe rimandata al più tardi a domattina. Relatori sulla controversia sono i giudici Giuseppe Frigo e Gaetano Silvestri, entrambi di nomina parlamentare. Su casi di questa rilevanza è improbabile che esistano giudici che ignorino anche un solo dettaglio del procedimento o che non si siano documentati a fondo su norme e giurisprudenza, eppure, per quanto rituale, l'ora e quaranta di udienza pubblica di stamane, alla quale ha presenziato il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo, è stata teatro di un autentico duello fra le parti.

Il caso è quello delle telefonate fra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino, indagato nel procedimento sulla trattativa Stato-mafia: nel ricorso presentato dall'Avvocatura dello Stato si chiede alla Consulta di dichiarare che «non spettava alla procura omettere l'immediata distruzione» delle conversazioni e che così facendo sono state «violate le prerogative» del Colle. Nella memoria successiva l'Avvocatura ha specificato che la Procura avrebbe dovuto chiedere a un giudice l'immediata distruzione dei file audio e dei relativi verbali, in base all'articolo 271 del codice di procedura penale, che disciplina il trattamento delle intercettazioni illegittime. I pm palermitani hanno giudicato irrilevanti e destinate alla distruzione quelle telefonate, ma legittime le intercettazioni, che vanno quindi affidate a un giudice per le indagini preliminari che può deciderne il destino sentite le parti in causa. E hanno accusato il Quirinale di rivendicare privilegi da regime monarchico.

I giudici delle leggi dovranno pesare le argomentazioni giuridiche ma anche il peso politico non indifferente (anche se forse impari) messo in campo in questi mesi da entrambi i contendenti. Forse per questo, per offrire una via d'uscita onorevole tanto alla Consulta quanto al Quirinale, la difesa della Procura, al termine dell'arringa del costituzionalista Alessandro Pace, ha suggerito il ricorso all'apposizione del segreto di Stato sulle telefonate oggetto del conflitto, provvedimento che Napolitano potrebbe richiedere al presidente del Consiglio, per aggirare il nodo della «immunità», del «surplus di garanzie» che, a suo dire andando ben oltre il dettato costituzionale, l'Avvocatura ha chiesto per il capo dello Stato. Surplus di garanzie che potrebbe essere poi rivendicato a cascata dal premier e dai ministri di fatto bloccando i magistrati in migliaia di ipotetici casi di contatti fra qualsivoglia indagato e le alte cariche istituzionali e di Governo.