Severino: L'amnistia non basta
Per il ministro della Giustizia Paola Severino per risolvere il sovraffollamento nelle carceri l'amnistia da sola non basta perché non risolve problemi strutturali, come la recidiva. Liste pulite? I Partiti possono mettere paletti morali
MILANO - Per il ministro della Giustizia Paola Severino per risolvere il sovraffollamento nelle carceri l'amnistia da sola non basta perché non risolve problemi strutturali, come la recidiva. Intervistata da Fabio Fazio a «Che tempo che fa», il ministro ha replicato alla domanda se è d'accordo con l'introduzione del provvedimento dell'amnistia: ««Dal punto di vista ideale potrei anche essere favorevole» ma «dal punto di vista della strutturalità del rimedio no - ha detto il ministro - Perché se pensiamo solo all'amnistia e non pensiamo a come evitare che le carceri si riempiano di nuovo, cosa che arriverebbe comunque nel giro di qualche anno, e a come evitare la recidiva, che è un fenomeno terribile».
«Per questo pensiamo - ha proseguito il ministro - che una soluzione strutturale passi attraverso il lavoro carcerario, che è veramente fondamentale per ridurre la recidiva a una percentuale bassissima, e a pensiamo anche a misure alternative al carcere, perché il carcere è l'ultima risorsa alla quale si ricorre quando non ce ne sono altre».
Liste pulite? I Partiti possono mettere paletti morali - Sull'incandidabilità dei candidati «mentre il governo deve attenersi alla delega secondo cui l'incandidabilità vale soltanto per le condanne passate in giudicato» i partiti «sono liberi di fissare paletti morali».
«Abbiamo poi un principio costituzionale - ha proseguito il ministro - che è quello della presunzione di innocenza, per cui dal punto di vista dei paletti giuridici dobbiamo mantenere ed osservare questi due limiti. Dal punto di vista dei paletti morali - ha osservato Severino - si potrebbe essere molto più liberi di fare ciò che mi pare è fortemente condiviso dalla collettività».
«Nessuno impedisce ai partiti, per esempio rispetto al tema delle sentenze non definitive, di valutare, in previsione di una possibile futura decadenza, che si possano non candidare persone che sono state già condannate, per esempio in appello - ha concluso il ministro».