Mossa Pdl su legge elettorale. Al summit divisioni su Monti bis
Di fronte al bivio dell'operazione «Monti dopo Monti», la mossa del Pdl di presentare la prossima settimana al Senato un ddl per cambiare il sistema del voto ha il pregio di rispedire la palla nell'altra metà campo e di lasciare aperta ogni opzione
ROMA - Siccome si chiama riforma della legge elettorale, ma porta di fronte al bivio dell'operazione 'Monti dopo Monti', la mossa del Pdl di presentare la prossima settimana al Senato un ddl per cambiare il sistema del voto ha il pregio di rispedire la palla nell'altra metà campo e di lasciare aperta ogni opzione. Perché stamane, nel lungo summit con Berlusconi a Palazzo Grazioli, lo stato maggiore del partito si è nuovamente trovato a discutere dell'ipotesi di voto 'pilotato' a novembre. Anzi, quando Gianni Letta - da sempre in contatto con Napolitano - ha rilanciato su questa possibilità, ha incontrato la ferma resistenza dell'ala ex An. Ma Angelino Alfano, pare, sarebbe stato più morbido. E Berlusconi, pur consapevole dei rischi, non sarebbe stato tranchant.
SCHIFANI BOCCIA IL VOTO ANTICIPATO - La mediazione pidiellina, alla fine, diventa dunque quella di presentare un testo al Senato, cercando di anticipare il Pd (che già aveva ipotizzato questa mossa) e anzi invitando i democratici a fare altrettanto. La prossima settimana, quindi, si annuncia caldissima, perché è chiaro che la proposta elaborata a Grazioli non può essere considerata 'prendere o lasciare', ma solo la sintesi delle varie sensibilità del partito berlusconiano. Sarà anche la risposta del Pd - unita al grado di flessibilità del Pdl - a rendere o meno possibile una rapida approvazione a Palazzo Madama prima dell'estate della riforma. Se invece l'operazione dovesse fallire, o si dovesse ripetere come temono alcune colombe, il blitz già riuscito sul semipresidenzialismo con il concorso della Lega, l'ennesimo slittamento allontanerebbe le urne di novembre. In serata è intervenuto anche il Presidente del Senato. Schifani ha auspicato una larga condivisione sulla riforma, ma ha ricordato che si può votare anche a maggioranza. E ha bocciato con nettezza l'opzione di un voto anticipato.
«MONTI DOPO MONTI» - In fondo, il nodo resta sempre quello del 'Monti dopo Monti'. Perchè il Pd potrebbe anche approvare un consistente premio di maggioranza al partito, magari chiedendo di sacrificare le preferenze. In questo senso, pare che a Grazioli l'ala diplomatica del partito abbia definito «fruttuoso» il pressing del Quirinale sul Pd per far cadere alcune resistenze sul questo nodo. Ma conta la volontà politica e, in quest'ottica, i segnali restano contrastanti. La discussione, ad esempio, si è infiammata quando Letta, non osteggiato da Alfano, ha invitato tutti a giudicare percorribile la strada del voto autunnale. Lì gli ex An avrebbero reagito bruscamente: «Se si va a votare a novembre, deve essere contro Monti, non con Monti», avrebbero sottolineato.
IL PROBLEMA E' BERLUSCONI - Schermaglie, posizioni tattiche in vista della stretta finale. Che, inevitabilmente, sarà condizionata da quanto Berlusconi si sentirà coinvolto nel progetto di nuove, larghe intese. Il Pd per ora evita commenti ufficiali, off the records ci si limita a un «vedremo». Di fatto, spiegano al Nazareno rispendendo la palla dall'altra parte della barricata, la partita è nelle mani di Berlusconi. Un dirigente del Pd spiega: «Il problema è capire se Berlusconi si è convinto o no. Se si siedono si chiude, e se si fa la legge si va a votare. Anche Alfano è per chiudere e andare a votare, mentre Berlusconi non vuole saperne. Verdini martedì aveva dato l'ok sulla bozza Violante, con premio del 15%. Poi si sono rimangiati tutto». Premio al partito o alla coalizione? «Lo diremo solo un minuto prima della chiusura dell'accordo - spiegano le stesse fonti - se diciamo ora sì al premio al partito gli alleati ci uccidono».
LA «BOZZA DI GRAZIOLI» - Al momento si attende dunque la formalizzazione del testo da parte del Pdl e l'eventuale contromossa democratica. La 'bozza di Grazioli' prevede un un premio di maggioranza al partito (10 o 15%), uno sbarramento al 5% con una clausola 'salva Lega' che tutela le forze regionali. E' previsto inoltre che il 30% degli eletti sia individuato da un listino bloccato e il 70% con le preferenze, anche se con un meccanismo che può 'premiare' la quota da assegnare con quest'ultimo meccanismo. Ma il fine settimana è lungo e la linea telefonica Verdini-Migliavacca bollente.
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