9 maggio 2024
Aggiornato 06:30
La replica del Segretario PD alla proposta Berlusconi

Riforme, no di Bersani. Ma nel PD molti vogliono «vedere»

«Non ci sono le condizioni», è stata la reazione immediata del leader democratico al rilancio berlusconiano sul semipresidenzialismo. Non è solo Parisi a temere il rischio di passare per sabotatori delle riforme

ROMA - La risposta di Pier Luigi Bersani a Silvio Berlusconi è un no tondo, il segretario Pd aveva già da ieri preparato la replica all' «annuncio» pidiellino. «Non ci sono le condizioni», è stata la reazione immediata del leader democratico al rilancio berlusconiano sul semipresidenzialismo. Certo, ragiona più di un deputato Pd, «dare l'immagina di un 'inciuco' con Berlusconi sul presidenzialismo è l'ultimo dei desideri di Bersani in questo momento». Il fatto è che la questione è molto più complicata, ci sono altri elementi da valutare e non è il solo Arturo Parisi a ritenere che bisognerebbe andare a 'vedere le carte' del Pdl, se non altro per un'esigenza tattica, evitare che il Pd si assuma la responsabilità di dire no alle riforme.

D'Alema favorevole al semipresidenzialismo - Una riflessione che avrebbero fatto anche dirigenti come Dario Franceschini, Walter Veltroni. Senza contare, fa notare più d'uno, che proprio oggi è uscito in edicola l'Espresso con l'intervista in cui Massimo D'Alema che dice «se venisse proposto il modello francese, il semipresidenzialismo, l'elezione diretta del presidente della Repubblica, non avrei nulla in contrario». Luciano Violante, responsabile riforme, concorda sul fatto che non ci sono i tempi per approvare il semi-presidenzialismo, ma aggiunge anche che «sarebbe un errore chiudere la porta in faccia al Pdl». Secondo l'ex presidente della Camera questa è la risposta che il Pd dovrebbe dare: «Approvare la riforma costituzionale (in discussione al Senato, ndr) con le correzioni necessarie, fare una legge elettorale a doppio turno e, contemporaneamente avviare una riflessione seria tra tutti sul semipresidenzialismo, perché non basta un patto Pd-Pdl e poi questo tema. E la riforma si potrà poi completare nella prossima legislatura».

Franceschini: Bisogna andare a vedere il bluff - Percorso simile a quello che Franceschini ha illustrato ai suoi: bisogna andare a vedere il bluff, ha detto il capogruppo Pd, anche perché la legge elettorale a doppio turno può essere approvata comunque; si fa la legge elettorale alla francese, si avvia il confronto sul semi-presidenzialismo e, se non si riesce, come probabile, a condurre in porto la riforma costituzionale in questi pochi mesi, si può completare il lavoro nella prossima legislatura. Il Pd otterrebbe il doppio turno e, soprattutto, eviterebbe di passare come l'affossatore delle riforme. Altri, come Rosy Bindi, si schierano più sulla linea del segretario: «La proposta di una modifica costituzionale in senso presidenzialista, è l'ennesimo diversivo per far saltare il tavolo delle riforme. Da settimane Berlusconi promette una svolta per far uscire il Pdl dall'empasse in cui si dibatte».

I dubbi nel PD sulla posizione da tenere - Ma se nessuno, tra i democratici, dubita che la mossa di Berlusconi sia una furbata, il dubbio è sulla posizione da tenere. «Se portano l'emendamento in commissione - ragiona un senatore Pd - che facciamo? Votiamo contro? E perché?». Certo, il rischio di apparire 'inciucisti' - di nuovo, dopo l'esperienza della Bicamerale - è un argomento forte e finora ha spinto il leader Pd sulla linea del «non ci sono le condizioni». Con Grillo che imperversa, Di Pietro pronto gridare al complotto, Bersani non vuole prestare il fianco. Ma è anche vero che dire no metterebbe il Pd nella altrettanto scomoda posizione dei «conservatori dello statu quo».