Bagnasco: Chi doveva vigilare sui conti pubblici non l'ha fatto
Il Cardinale all'Assemblea Generale dei Vescovi italiani: Nel dopo-guerra la crescita, poi consumismo e debito fuori controllo. Lo Stato paghi le imprese, appello alle banche. Sportelli amici per evitare il dramma dei suicidi
CITTÀ DEL VATICANO - Dopo la crescita economica che l'Italia ha avviato nell'immediato dopo-guerra («si dovette mangiare pane duro, spesso senza companatico»), «ad un certo punto, poi, la crescita ha iniziato a identificarsi col consumismo, e il consumismo - per definizione inesausto - cominciò a basarsi in misura crescente sul debito, un debito collettivo che diveniva nel frattempo sempre più straripante». E' l'analisi storica del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, che, aprendo l'assemblea generale dei vescovi italiani, ha proseguito: «A volte ci davano fastidio i vicini più poveri che, approfittando dell'esposizione geografica del Paese, varcavano il mare o affrontavano ogni genere di peripezie con l'obiettivo di partecipare in qualche modo al nostro benessere. Noi intanto pensavamo che fosse possibile crescere sempre, in un avanzamento continuo e illimitato. Ogni generazione avrebbe goduto in modo automatico e definitivo dei benefici raggiunti dai padri. Peccato - ha detto Bagnasco - che chi doveva vigilare, non lo fece a sufficienza. Ma anche quando qualcuno segnalava un rischio o l'incongruenza di certi atteggiamenti, veniva facilmente tacciato di disfattismo. Finché non è arrivato il momento della verità. L'equilibrio, rivelatosi più fragile del previsto, non solo si scuoteva come per ogni ciclo economico, ma si rompeva definitivamente. Una fase storica declinava e diventava inevitabile fermarci per fare il punto». E siamo alla crisi di oggi: «Mai come oggi i cittadini sono consapevoli che si è definitivamente interrotto un ciclo economico e sociale, e che il nuovo sarà comunque diverso».
Lo Stato paghi le imprese, appello alle banche - «Stato, Amministrazioni ed Enti pubblici paghino senza ulteriori indugi i debiti contratti con i cittadini e le aziende. E' semplicemente paradossale dover chiudere un'azienda per la mancata corresponsione del dovuto da parte dell'ente pubblico, quando poi è l'ente pubblico che dovrà in altro modo farsi carico degli ulteriori segmenti sociali di disperazione».
«Sappiamo bene - ha detto ancora il presidente della Cei - che gli istituti bancari giudicano ad oggi già pericoloso il livello della loro esposizione creditizia: ma noi non possiamo non far appello al senso civico e al dovere della solidarietà nei confronti delle piccole aziende e delle famiglie. Con grande rispetto - ha aggiunto Bagnasco - invitiamo la classe imprenditoriale a ripensare alla facile strategia delle delocalizzazioni: la genialità che ci è riconosciuta deve trovare esplicazione nel ciclo complessivo della produzione, bilanciando lavoro e redditività, ma anche salvaguardando, pur in una logica non isolazionistica, l'italianità delle industrie e delle relative dirigenze».
Sportelli amici per evitare il dramma dei suicidi - «Il dramma dei suicidi di persone che si sentono schiacciate dalle responsabilità aziendali o familiari, spesso da debiti per i quali non hanno colpa, è un fenomeno che interroga e inquieta. Difficile sottrarsi anche alla percezione che vi possa essere un involontario, perverso effetto emulativo. Nel rispetto assoluto di ogni situazione, noi abbiamo il dovere di ricordare che nulla vale il sacrificio della vita: essa è sacra, nessuno ne può disporre a piacere e neppure a dispiacere. Vanno appurate con diligenza le cause concrete di questi fenomeni, e - ha proposto Bagnasco - vanno approntati 'sportelli amici' a cui possa rivolgersi con fiducia chi è disperato».
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