Legge elettorale, il Pd vuole le mani libere. Sel, prodiani e Bindi contrari
Per Bersani il leader del partito di maggioranza relativa sarà il Premier. La Russa: Cambiarla anche se riforme impossibili. I Verdi al Pdl: No alla bozza, è un problema di Democrazia
ROMA - Basta con le coalizioni forzate: è questo il senso dell'accordo raggiunto dal gruppo dirigente Pd in materia di legge elettorale, un'intesa che soddisfa tanto il segretario Pier Luigi Bersani, quanto l'ala più 'moderata' del partito di Enrico Letta, Walter Veltroni e Giuseppe Fioroni. Un modello «tedesco corretto» che premierebbe i due partiti principali e che permetterebbe al Pd, primo partito italiano secondo i sondaggi, di andare al voto senza essere obbligato a fare alleanze per forza senza subire penalizzazioni in termini di seggi. Uno schema contro il quale sono già mobilitati gli alleati di Sel, ma anche un parte dello stesso Pd, quella che fa riferimento a Rosy Bindi e Arturo Parisi, non a caso gli esponenti più vicini a Romano Prodi. Uno Parlamento come quello che uscirebbe con questa legge elettorale, infatti, renderebbe praticamente un miraggio l'elezione al Quirinale per l'ex presidente del Consiglio.
Le ipotesi sul tavolo - Lo schema su cui i vertici del Pd si sono messi d'accordo è stato illustrato oggi durante una riunione guidata da Luciano Violante e alla quale hanno partecipato gli uffici di presidenza dei gruppi di Camera e Senato. Si tratta di un pacchetto che comprende alcune minime riforme costituzionali e lo schema base della nuova legge elettorale. Per quanto riguarda le modifiche costituzionali, il Pd immagina di introdurre la sfiducia e pensa di farla votare, così come la fiducia, a Camere riunite; si punta poi ad una sforbiciata ai parlamentari: 500 deputati, 250 senatori. Quindi, la legge elettorale: come in Germania metà dei parlamentari eletti in collegi uninominali e metà su liste bloccate «molto corte». I seggi alle liste, però, verrebbero assegnati a livello di circoscrizioni provinciali e non nazionale, come avviene in Germania. Inoltre, ci sarebbe un piccolo premio in seggi da assegnare alle prime due liste più votate, mentre da quantificare è lo sbarramento (4% o 5%) ed eventuale diritto di tribuna.
Tradotto, significa che, con l'assetto attuale, ciascuno andrebbe al voto per conto proprio. Il Pd risulterebbe partito di maggioranza relativa, con un numero di seggi probabilmente non sufficiente a governare: Pier Luigi Bersani sarebbe comunque il premier, in quanto leader del partito più votato, e definirebbe una maggioranza di governo aprendo a Sel e, soprattutto, Terzo polo. Gli uomini del segretario da tempo dicono che il leader del partito è stufo delle scorribande Di Pietro e, con una legge come questa, potrebbe stringere un patto politico con Nichi Vendola anche prima del voto e allargare a Casini un minuto dopo la chiusura delle urne. «In tutti i Paesi europei - è il refrain del segretario con i suoi - il partito di maggioranza relativa esprime il capo del Governo». Schema che la Bindi ha criticato: «Così gli elettori non possono scegliere le coalizioni».
L'enigma del blocco moderato - Veltroni, Letta e gli altri «montiani», d'altro canto, sono convinti che lo scenario cambierà profondamente dopo le amministrative: prevedono un'esplosione del Pdl e la nascita di un grosso blocco moderato - con Casini ma non solo, forse anche Corrado Passera e via dicendo - con il quale il Pd potrebbe allearsi proprio grazie a questa nuova legge elettorale.
La Russa: Cambiarla anche se riforme impossibili - «Nessuno nel Pdl e tantomeno nella delegazione da me guidata che in questi giorni ha incontrato gli altri partiti ha mai sostenuto che l'iter per una nuova legge elettorale debba avviarsi solo dopo che si sia realizzata la riforma istituzionale, su cui pure esistono larghe convergenze». Lo dichiara in una nota il coordinatore nazionale del Pdl Ignazio La Russa.
«Al contrario - prosegue - ho personalmente affermato più volte che i percorsi possano e debbano essere paralleli a patto che vi sia accordo sulle direttrici di entrambe le riforme. Se poi risultasse impossibile cambiare la Costituzione, a mio modo di vedere, in ogni caso occorrerebbe modificare l'attuale legge elettorale almeno nel punto in cui non consente ai cittadini di scegliere i propri deputati e senatori».
I Verdi al Pdl: No alla bozza, è un problema di Democrazia - I Verdi non condividono le linee guida sulla riforma di legge elettorale illustrate da Ignazio La Russa e Gaetano Quagliariello questo pomeriggio in un hotel nei pressi della Camera. Ha sottolineato al termine della riunione il leader ambientalista Angelo Bonelli: «Da quanto ci hanno spiegato, c'è l'intenzione di far partire le riforme costituzionali e subito dopo si può cominciare con la riforma elettorale».
«Non è chiaro però come si possa uscire dal Porcellum e nello stesso momento dare vita ad altre liste bloccate. In questo modo non si tiene conto del milione e duecentomila firme raccolte per il referendum e si continua con il Parlamento di nominati», ha aggiunto Bonelli.
«In questo modo inoltre - ha rilevato Bonelli - si abbatte il bipolarismo: si tratta di una grande sconfitta per la democrazia di questo Paese». Questo, ha riferito Bonelli, secondo gli 'ambasciatori' del Pdl determina anche un altro effetto: «Questo sistema non garantisce la governabilità». E inoltre, secondo i Verdi, «non garantisce il pluralismo e la rappresentanza per 2 o 3 milioni di italiani che non votano i principali partiti: non basta certo la riserva indiana nella quale vogliono confinare queste forze. C'è un problema di democrazia che, se continuassero in questa direzione, noi dovremo porre con forza».
- 03/05/2022 I big del PD rilanciano il proporzionale: «Apriamo confronto con tutti»
- 23/07/2020 Legge elettorale, maggioranza divisa. Italia Viva in commissione vota con il centrodestra
- 17/01/2020 L'ira di Matteo Salvini per il referendum della Lega bocciato dalla Corte Costituzionale
- 13/01/2020 Legge elettorale, Giorgia Meloni pronta alla battaglia: «Mai il proporzionale. Barricate da tutto il centrodestra»