27 aprile 2024
Aggiornato 02:00
Giustizia | Emergenza carceri

Carceri, scintille Polizia-Governo su celle di sicurezza

Il Prefetto Cirillo le boccia: «Il detenuto sta molto meglio in carcere». Seccata la replica del Guardasigilli Severino, che ha ricordato come le norme siano state adottate d'intesa col Viminale

ROMA - Lungi dall'essere risolta, l'emergenza carceri si allarga al Governo, creando qualche imbarazzo ai ministri della Giustizia Paola Severino e dell'Interno Anna Maria Cancellieri. Il caso è esploso in mattinata, con l'audizione informale in commissione Giustizia al Senato del prefetto Francesco Cirillo, vicedirettore generale della Pubblica sicurezza: nell'occasione il numero due della Polizia era anche portavoce dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, ed ha espresso una serie di critiche alle norme sulla custodia degli arrestati in flagranza nelle celle di sicurezza (in luogo del carcere). Seccata la replica del Guardasigilli, che ha ricordato come le norme siano state adottate d'intesa col Viminale; che in serata si è riallineato, con la dichiarazione della Cancellieri a sostegno del decreto e della collega di Governo.

«Il detenuto sta molto meglio in carcere», è stata la cruda sintesi di Cirillo, secondo il quale Polizia e Carabinieri «nascono per stare per la strada e la polizia penitenziaria nasce per stare nelle carceri. Noi non siamo addestrati né organizzati per fare questo tipo di lavoro». Inoltre sono troppo poche e non rispettano «la dignità» dei detenuti le 1057 celle di sicurezza a disposizione di Polizia, Carabinieri e Finanza. Parole un po dissonanti rispetto al documento scritto consegnato da Cirillo ai senatori. Nel quale si riconosce che «gli approfondimenti» fra i tecnici dei due ministeri hanno consentito, prima del varo del decreto, di «conciliare le esigenze di alleggerimento del circuito carcerario con quelle di sicurezza e di carichi di lavoro per il personale delle forze di polizia» escludendo «ipotesi non condivise». Cirillo ha fatto un accenno sferzante anche sul braccialetto elettronico, citato nelle dichiarazioni programmatiche dalla Severino ma per ora fuori dalle proposte del Governo: «Costano cinquemila euro l'uno, fossimo andati da Bulgari avremmo speso di meno..:».

«Le forze di polizia compiranno fino in fondo il loro dovere», ha garantito il prefetto a fine audizione, ma la sua precisazione non ha evitato l'evidente irritazione della Severino, che arrivando al Senato per la seduta pomeridiana della commissione ha ricordato come la norma sia stata «totalmente concordata con il ministero dell'Interno alla presenza dei vertici delle forze di polizia». E a fine riunione ha sottolineato nuovamente che «le Camere di sicurezza sono state giudicate idonee dal ministero dell'Interno». Ma a quel punto dal ministero dell'Interno è giunto l'atteso segnale di chiusura della polemica: le norme del decreto, ha precisato in una nota la titolare del Viminale sono frutto di «una decisione condivisa avvenuta dopo aver valutato sia le condizioni delle infrastrutture sia l'aggravio di lavoro per le Forze di polizia che si sono fatte carico responsabilmente di questo ulteriore compito».