19 aprile 2024
Aggiornato 02:00
L'occasione si era presentata quasi per caso

Sfuma il blitz per le opposizioni: Berlusconi doveva salire al Colle

Difficile immaginare che la Camera dica no al rendiconto-bis del Governo. Anche l'ipotesi dell'Aventino dei parlamentari ha perso parecchio consistenza nel corso della giornata

ROMA - L'occasione si era presentata quasi per caso, come ammettevano ieri diversi deputati Pd, ma dopo la bocciatura del rendiconto erano molti, nell'opposizione, a sperare che fosse la volta buona e c'è parecchia delusione per la soluzione che si sta delineando: difficilmente il Governo entrerà in crisi, palazzo Chigi si appresta a riproporre il rendiconto ex novo e, a meno che la Camera non dichiari inammissibile l'operazione, tutto si concluderà con un nuovo voto di fiducia, «una farsa» secondo il segretario Pd Pier Luigi Bersani.
La speranza diffusa sia ai vertici di Fli, che di Pd e Idv - raccontano parlamentari finiani e democratici, era di vedere Silvio Berlusconi salire al Colle a riferire al capo dello Stato. Una speranza andata delusa.

Su Repubblica di ieri mattina, Dario Franceschini era stato netto: «Le dimissioni sono un atto dovuto». E Marina Sereni spiegava oggi: «Un conto era andare a votare la fiducia con un Berlusconi dimissionario, o comunque reduce da un colloquio al Quirinale. Così si presenta più forte».
Il fatto è che Berlusconi di salire al Colle non ci pensa proprio e la nota diffusa nel pomeriggio da Giorgio Napolitano, dopo il colloquio con Gianfranco Fini, parla chiaro: «Il capo dello Stato ha espresso la convinzione che tocchi al presidente del Consiglio indicare alla Camera nell'annunciato intervento di domani la soluzione che possa correttamente condurre alla dovuta approvazione da parte del Parlamento del rendiconto e dell'assestamento. Sulla sostenibilità di tale soluzione sono competenti a pronunciarsi le Camere e i loro Presidenti». Parole che non lasciano spazio a dubbi interpretativi: tocca al Governo e alle Camere risolvere la questione, che peraltro riguarda un 'atto dovuto'.

Difficile immaginare che la Camera dica no al rendiconto-bis del Governo, anche se ieri Giuseppe Fioroni assicurava che «è inammissibile, in base alle norme, che venga riproposto un atto già bocciato, identico, ad opera dello stesso soggetto promotore», ovvero dello stesso Governo. A meno che le Camere o «i loro presidenti», non sollevino obiezioni, l'iter ripartirà daccapo e basta.

Anche l'ipotesi dell'Aventino dei parlamentari ha perso parecchio consistenza nel corso della giornata. La prima intenzione, sostenuta da Idv ma, secondo alcune fonti dell'Udc, anche da parte dei democratici, parlavano di un boicottaggio di tutti i lavori parlamentari. Dario Franceschini aveva anche dato indicazione ai sui capigruppo nelle commissioni di ritirarsi. Il segretario Pier Luigi Bersani, raccontano, avevano chiamato in Senato per sollecitare anche lì l'abbandono dei lavori, ma la presidente Anna Finocchiaro, spiegano, ha fatto presente che non era possibile questa linea mentre si discuteva della prescrizione breve. Inoltre, l'Udc non era affatto convinta dell'ipotesi di non partecipare al voto e lo stesso valeva per molti dirigenti democratici.
Alla fine, la linea portata da Bersani e Franceschini alla riunione del gruppo, che ha preceduto la riunione dei capigruppo delle opposizioni, è stata di mediazione: uscita dall'Aula al momento del discorso di Berlusconi, e partecipazione al voto. Linea che ha messo tutti d'accordo. Resta il fatto che pochi ormai sperano che i dissidenti del Pdl o i maroniani della Lega votino contro la fiducia: «Se lo fanno, non li ricandida nessuno», era il commento sconsolato di un parlamentare Pd.