19 aprile 2024
Aggiornato 07:30
La crisi dei debiti sovrani

I «Draghi ribelli» a Napolitano: Presidente, non segua la BCE

Mercoledì sit in a Bankitalia e lettera pubblica al Capo dello Stato: la crisi la devono pagare coloro che l'hanno prodotta

ROMA - La crisi economica che sta investendo le economie occidentali e in particolare l'eurozona non si risolve con le politiche di austerity dettate dalla Bce. Invece del pareggio di bilancio da inserire nella Costituzione, bisognerebbe parlare di «welfare universale e reddito di cittadinanza». E ancora: non si esce dalla crisi «togliendo i diritti a chi li aveva conquistati, i genitori», bensì «riconoscendo diritti a chi non li ha, i figli, e per far questo ci vogliono risorse, altrimenti le parole girano a vuoto». E' questo il senso della lettera pubblica che mercoledì prossimo i movimenti facenti capo alla neonata sigla «Draghi ribelli» vorrebbero recapitare al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della sua visita mercoledì in Bankitalia per la conferenza sul tema L'Italia e l'economia globale. 1861-2011. «Con troppa solerzia, caro presidente, l'abbiamo vista affidarsi alle letterine di Trichet e Draghi», scrivono nella missiva facendo riferimento alle «lettere private» arrivate quest'estate al governo italiano dalla Bce.

Il messaggio per il capo dello Stato è che la crisi devono pagarla «coloro che l'hanno prodotta», principio basilare per qualsiasi aspirazione a costruire una «terza Repubblica» dopo quella 'berlusconiana'. Come? La ricetta suggerita è: «tassazione delle rendite finanziarie, delle transazioni, dei patrimoni mobiliari e immobiliari». La lettera insomma è un invito a «riflettere» e - insieme - l'annuncio che lo spirito delle mobilitazioni internazionali - dagli indignados spagnoli alle migliaia che occupano le strade vicine a Wall Street a New York - è arrivato anche in Italia. E quella che comincia oggi sarà una settimana cruciale.

Mercoledì pomeriggio la lettera verrà portata a Napolitano nell'ambito di un sit in convocato per le 16 davanti a Palazzo Koch. E il «Drago» ci sarà, annunciano dal collettivo nato negli ultimi giorni tra Facebook e Twitter. In che forma? Maschere, travestimenti, piccole rappresentazioni in strada per dare l'idea dei 'Draghi ribelli', sigla scelta apposta per giocare col nome del governatore uscente di Bankitalia e presidente designato della Bce, Mario Draghi. In concomitanza con la mobilitazione romana, sono previsti sit in davanti alle sedi di Bankitalia anche a Bologna, Napoli e Milano.

La giornata di mercoledì è in realtà un anticipo delle mobilitazioni previste per sabato prossimo, quando nella capitale arriveranno centinaia di bus da tutta la penisola per quella che è la giornata mondiale dell'indignazione, proclamata da Madrid a New York, passando per Tunisi e Londra. «Il 15 ottobre inizia il 12 ottobre», sottolineano i 'Draghi ribelli' in un loro comunicato che esorta: «Occupiamo Banca d'Italia», come hanno fatto gli americani di Occupy Wall Street o gli spagnoli e le loro acampadas in Plaza del Sol. Certo, non ci sono modelli da esportare. Dopodomani si vedrà con quanti numeri risponde Roma.

Di più certo successo il corteo di sabato, di carattere nazionale: chi si mantiene cauto prevede 100mila presenze. Percorso da piazza Esedra a piazza San Giovanni, partenza alle 14. Due gli striscioni di apertura: People of Europe, Rise up, tradotto in diverse lingue tra cui l'arabo; e poi Cambiamo l'Europa, cambiamo l'Italia. Perchè «resta la vocazione europeista, ma non nel senso monetarista voluto dalla Bce, bensì per cambiare l'Europa e arrivare ad una fiscalità comune, agli eurobond...», spiega Francesco Raparelli di Unicommon, realtà che sta organizzando il 15 ottobre italiano insieme a una miriade di altre sigle, dalla Fiom ai collettivi di studenti e precari, agli artisti che a Roma occupano da mesi il Teatro Valle e l'ex Cinema Palazzo (Sabina Guzzanti, per esempio), fino a partiti come Sel e il resto della sinistra extraparlamentare. Per tutti, la parola d'ordine è 'mobilitazione permanente' contro la crisi. Tra mercoledì e sabato si capirà quale sarà la piega italiana di un concetto ormai internazionale.