2 maggio 2024
Aggiornato 22:30
Intervista a «Porta a porta»

Napolitano: «L'Italia ce la può fare, serve una forte coesione»

Il Presidente della Repubblica: «Come nel passato va costituito un cemento unitario. Ci sono punti forza ma ci trasciniamo ancora problemi irrisolti»

ROMA - L'Italia ce la più fare a superare la crisi, come nel passato «dobbiamo saper ritrovare il modo di costituire un forte cemento unitario, una forte coesione nazionale e sociale nell'interesse del nostro Paese». Lo ha affermato il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in un'intervista a Bruno Vespa per lo speciale di Porta a porta sull'11 settembre che va in onda stasera su Raiuno in prima serata.

«Ci sono punti forza ma ci trasciniamo ancora problemi irrisolti» - Napolitano è dell'avviso che non ci sia una relazione troppo meccanica tra la crisi finanziaria e l'attacco alle Torri gemelle di dieci anni fa: «Non metterei così meccanicamente in relazione la crisi finanziaria con l'attacco alle torri gemelle, cioé - ha spiegato rispondendo a Vespa - con l'esplodere del terrorismo di matrice fondamentalista islamica.
La crisi finanziaria globale é scoppiata, ha preso corpo, tra il 2007 e il 2008. Quello che però é essenziale é quanto é cambiato nel decennio il mondo, dal punto di vista degli equilibri economici e politici mondiali. E si sono fatti passi in avanti molto forti nella via della globalizzazione. Siamo davvero diventati un mondo interconnesso e c'è una interconnessione tra gli aspetti di sicurezza, gli aspetti economici e gli aspetti politici».
«Per l'Europa, per paesi come il nostro - ha osservato ancora il presidente della Repubblica - tutto é cambiato. Sono comparsi nuovi grandi attori sulla scena economica mondiale, la competizione si é fatta estremamente dura, estremamente difficile e di fronte a queste nuove prove, l'Italia ha mostrato e sta mostrando, insieme con i suoi punti di forza che ci sono - e guai a sottovalutarli - anche i punti deboli, i problemi irrisolti che si trascina da troppo tempo dietro».

Importante l'exit strategy dall'Afghanistan - «Che questo tipo di guerra senza precedenti potesse durare a lungo, poteva certamente mettersi nel conto, nessuno era in grado di fare previsioni. Io, come dire, non ritengo che ci sia da meravigliarsi che siamo ancora lì. La cosa importante é aver individuato, così come é stata individuata da tutte le componenti della coalizione che opera in Afganistan, una via d'uscita per quel paese e una via d'uscita anche per quanti hanno inviato lì le loro truppe». Lo dice il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, intervistato da Bruno Vespa per lo speciale di Porta a porta sui dieci anni dell'11 settembre.
Quella in Afghanistan, dice ancora il presidente della Repubblica, «è una guerra più che difficile, é una guerra del tutto inedita perché dall'altra parte c'è un nemico che si prepara nell'ombra, che colpisce in modo inaspettato, che si maschera e che dispone di propri agenti disseminati nel territorio di tanti paesi che naturalmente cercano di suscitare delle adesioni, dei consensi, per lo meno delle condizioni favorevoli per poter sferrare i propri attacchi. Che questa fosse una partita molto difficile credo che non lo compresero solo gli americani. Certo per loro il fatto era senza precedenti: mai una guerra, mai nulla di distruttivo aveva colpito il territorio americano, una città come New York, una città come Washington. Noi europei avevamo vissuto gli attacchi e le distruzioni della seconda guerra mondiale, per non parlare della prima, ma comunque anche per noi era un'altra cosa».
Secondo Napolitano, dopo l'11 settembre ci fu una «presa di coscienza da parte della comunità internazionale di una minaccia e di una sfida inaudite», «stati anche molto diversi e anche non alleati tra loro, voglio dire dagli Stati Uniti e dagli Stati dell'Unione Europea, alla Russia alla Cina, compresero di dover affrontare insieme un nemico comune». Ancora: «Era inevitabile una reazione immediata, cercare di colpire una centrale del terrorismo internazionale di matrice islamica che poteva annidarsi, che sicuramente si annidava, in Afghanistan, Al-Qaeda, e quindi la decisione di portare le armi in Afghanistan per scovare e colpire quella centrale del terrore. Ma questo fu uno solo degli eventi che segnarono e che hanno segnato il decennio. Perché nel corso di quegli stessi 10 anni é cambiato, per tanti aspetti, il mondo».