Casa Scajola, indagato anche Anemone
L'ex Ministro: «Appena torno dalle vacanze, vado in Procura a vedere». La Memoria difensiva di Scajola può evitare l'interrogatorio
ROMA - L'ex ministro Claudio Scajola, intervistato da Il Messaggero, risponde di nuovo sulla vicenda della casa di sua proprietà nei pressi del Colosseo, dopo aver appreso di essere indagato. «Quando l'altro giorno è arrivata la notizia che sono stato indagato, mi sono chiesto: torno dalle vacanze? Parlando con mia moglie, ci siamo detti: no, restiamo qui in pace, ancora per qualche altro giorno. Non dobbiamo rovinarci le vacanze per questa storia, che è sempre la stessa storia. Un vero tormentone».
Al suo rientro, che avverrà «tra pochi giorni», Scajola si recherà subito «in procura» per dare «tutte le spiegazioni» che «finora non ho dato perchè - dice - nessun magistrato me le ha chieste. Non vedo l'ora di poter consultare tutte le carte». Scajola si dice «dispiaciuto e sorpreso. Mi sembra di aver fatto un salto all'indietro nel tempo. Tutto come un anno e mezzo fa. Dimostrerò la mia innocenza - aggiunge ancora l'ex ministro - io non sono un corrotto».
Casa Scajola, indagato anche Diego Anemone - Diego Anemone è indagato nell'ambito dell'inchiesta sulla casa nei pressi del Colosseo dell'ex ministro Claudio Scajola. L'accusa di violazione della legge sul finanziamento dei partiti è contestata all'imprenditore. Secondo gli inquirenti sarebbe stato lui a fornire all'esponente del Pdl la maggior parte dei fondi necessari all'acquisto dell'immobile.
I magistrati della Procura di Roma, in base a quanto ricostruito dalla Guardia di finanza e carabinieri del Ros, ritengono di avere individuato attraverso quali canali sono stati trovati i soldi che furono poi versati dall'architetto Angelo Zampolini alle anziane sorelle che vendettero l'appartamento di via del Fagutale.
Le spiegazioni fornite dal professionista agli inquirenti di Perugia, che hanno poi trasmesso gli atti a Roma, hanno permesso di ricostruire l'episodio che chiama in causa Scajola. I legali di Anemone che sottolineano di non aver ricevuto ancora alcun invito a comparire da parte dell'autorità giudiziaria capitolina, spiegano anche che se sulla vicenda arriverà presto la prescrizione va considerato che «per 19 mesi i magistrati del capoluogo umbro non hanno fatto nulla, anche se avevano gli stessi elementi a disposizione di quelli romani».
La Memoria difensiva di Scajola può evitare l'interrogatorio - Potrebbe saltare l'interrogatorio di Claudio Scajola nell'ambito del procedimento sull'acquisto dell'appartamento nei pressi del Colosseo. Secondo quanto si è appreso a piazzale Clodio l'ex ministro dello sviluppo economico, nei confronti del quale è stato emesso un invito a comparire per il 21 settembre prossimo, attraverso i suoi legali dovrebbe depositare una memoria difensiva. L'annunciato dossier - in base al ragionamento degli inquirenti - sarebbe un modo per rispondere agli interrogativi posti dai pubblici ministeri evitando il passaggio negli uffici della cittadella giudiziaria capitolina.
Nei confronti di Scajola l'atto firmato dai pm Ilaria Calò e Roberto Felici, ed avallato dall'aggiunto Alberto Caperna, si limita alla contestazione della violazione dell'articolo 7 della legge sul finanziamento dei partiti. In particolare si fa riferimento all'«acquisto ed ai successivi lavori di ristrutturazione dell'immobile sito in Roma, via del Fagutale 2», che sarebbe avvenuto - secondo i magistrati - a fronte di una sovvenzione che contravviene quanto previsto dalla norma riguardo il sostegno che si può offrire ad un parlamentare.
L'invito a comparire è stato certamente emesso anche allo scopo di allungare i termini della prescrizione. Il reato contestato a Scajola prevede una perseguibilità a partire fino a sette anni e mezzo dal fatto, se non interviene alcun atto interruttivo. L'acquisto della casa è del 2004 i lavori di ristrutturazione del 2006.
Secondo la Procura di Firenze e poi quella di Perugia, che poi hanno trasmesso gli atti a Roma, l'appartamento di via del Fagutale venne pagato in realtà un milione e 700mila euro e la maggior parte fu messa da Diego Anemone, attraverso l'architetto Angelo Zampolini. Entrambe i soggetti saranno chiamati dagli investigatori della Gdf, così come le sorelle Beatrice e Barbara Papa, che vendettero l'immobile e hanno spiegato agli inquirenti il momento del passaggio di proprietà.