Per Berlusconi il rebus Bankitalia e rimpasto
Premier in Sardegna. Ma guarda alla Lega e all'«indebolimento» del Senatur
ROMA - Un weekend in Sardegna. Per smaltire la settimana di fuoco cominciata con il vertice di maggioranza sulla manovra, proseguita con il varo del provvedimento e della delega fiscale e conclusa con l'acclamazione di Angelino Alfano a segretario del Pdl. Da villa Certosa Silvio Berlusconi valuta gli effetti che la svolta sta imprimendo al partito. Il premier sa che la sfida del suo pupillo non sarà semplice, che prima di tutto gli toccherà cercare di placare il correntismo dilagante e tutto questo senza mai mollare le redini che lui gli ha messo in mano.
Almeno su questo punto comunque, Silvio Berlusconi, mostra di essere sollevato: è convinto che Angelino possa guidare la 'nuova fase' togliendogli almeno in parte l'incombenza di estenuanti riunioni e lunghe mediazioni. Ma restano molte le spine nel fianco del presidente del Consiglio. Quelle giudiziarie, tanto per cominciare, con la sentenza Mondadori che incombe. Ma anche quelle governative: il premier a parole continua a sostenere che la legislatura andrà avanti fino al 2013 ma in cuor suo si chiede se davvero sarà possibile.
C'è da sciogliere il nodo, non di poco conto, della Lega. Il Carroccio, da Pontida in poi, non ha smesso di far sentire la sua voce: sulla manovra, sulle pensioni, sui costi della politica. Quasi sempre in dissenso come dimostra la vicenda del decreto rifiuti e, storia di oggi, il rilancio sulla necessità di riflettere sulla nostra presenza militare all'estero, soprattutto dopo la morte del caporal maggiore Tuccillo in Afghanistan. Ma fonti di maggioranza spiegano che il premier guarda con preoccupazione alla lotta tutta in chiave lumbard tra il cosiddetto 'cerchio magico' e il resto della Lega, Maroni in primis. Certo, a via Bellerio è stata siglata una tregua ma il Senatur appare più indebolito, magari anche stanco, agli occhi del Cavaliere e questo viene considerato un problema visto che Berlusconi ha sempre fondato la forza dell'alleanza tra i due partiti sul rapporto di amicizia che ha personalmente con Umberto Bossi.
Il decreto rifiuti resta dunque un problema per il governo stretto tra l'opposizione del Carroccio, il pressing dei deputati campani e il monito a fare di più giunto dal Colle. Ma ci sono altri due temi su cui il premier è chiamato a prendere una decisione. Il primo è la successione alla guida della Banca d'Italia. Si lavora ancora al dopo-Draghi ma resta da risolvere la questione di Bini Smaghi e del ruolo che andrà a ricoprire una volta che avrà lasciato il board della Bce. Anche su questo fronte il Colle ha fatto sentire la sua voce invitando a mettere da parte veti e 'personalismi'. Al Quirinale piacerebbe di più una soluzione interna (il nome sarebbe sempre quello di Fabrizio Saccomanni) mentre Giulio Tremonti 'sponsorizza' l'attuale direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli.
Berlusconi deve poi trovare una soluzione al rebus rimpastino, rimasto in stand by come ha dimostrato il posticipo dell'addio di Angelino Alfano a viale Arenula. Ed è proprio la questione del nuovo ministro della Giustizia a condizionare l'impasse. Molti i nomi che circolano, da Anna Maria Bernini a Francesco Nitto Palma, mentre il favorito della prima ora Maurizio Lupi avrebbe declinato. Il Quirinale ha chiesto al premier che venga fatta una scelta di alto profilo.
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