28 marzo 2024
Aggiornato 12:00
Umberto Bossi è ancora furioso

La Lega non fa retromarcia, probabile astensione su mozioni

Il leader leghista non ha ancora smaltito la rabbia per l'escalation in Libia. Il timore è l'invio di truppe a terra

ROMA - La rabbia per l'escalation in Libia ancora non l'ha smaltita: chi ha incontrato oggi Umberto Bossi in via Bellerio lo descrive ancora d'umore nero. Per ora, in attesa del comizio del Senatur stasera a Domodossola, l'unica dichiarazione è il lapidario commento di Roberto Calderoli all'avvio dei raid italiani: «Di male in peggio».

Insomma, i tentativi di Silvio Berlusconi, i contatti tra i capigruppo, la mediazione di Giulio Tremonti, ancora non sortiscono effetti su Bossi. E probabilmente, spiega un dirigente leghista, non ne sortiranno. Tanto che in vista del voto della prossima settimana sulle mozioni, l'unica prospettiva che per ora non viene proprio presa in considerazione dai leghisti è la possibilità di arrivare ad un documento comune con il Pdl. L'ipotesi più accreditata è l'astensione su tutte le mozioni che verranno messe ai voti, «per rispetto all'invito di Napolitano». Anche se qualcuno si spinge ad immaginare un voto favorevole al documento dell'Idv che dice no ai bombardamenti. Difficile invece che il Carroccio esca dall'Aula, non partecipando al voto. Piuttosto, dice un altro parlamentare, si potrebbe pensare ad un documento autonomo del Carroccio, che spinga sulla necessità della via politica, che insista sul disimpegno da Kosovo e Libano, e che soprattutto ribadisca nero su bianco l'esclusione della possibilità di inviare truppe a terra.

Perchè il timore principale dei leghisti è proprio che - nonostante i bombardamenti - la situazione sul terreno resti bloccata sulle posizioni attuali, costringendo ad un intervento di terra. Un timore per la Lega ancora più concreto nel momento in cui, dice un esponente delle commissioni parlamentari competenti, si inizia a ragionare sulla «creazione di corridoi umanitari» in Libia, in particolare a Misurata: «E' una prospettiva già presente nella risoluzione Onu - spiega la fonte leghista - e si sta iniziando a studiare concretamente. Sarebbe il primo passo verso la missione di terra». Tuttavia, anche stasera il ministro degli Esteri Franco Frattini ha assicurato con nettezza che non ci sarà l'invio di truppe, e anche dal ministero della Difesa escludono categoricamente che si stia ragionando su una simile ipotesi.

In ogni caso, assicura un dirigente leghista, non è su questo che si arriverà alla rottura: «Si potrebbe rompere solo se si violasse un punto del programma di governo». Ma soprattutto, «in troppe amministrazioni governiamo insieme e ancora dobbiamo finire di portare a casa il federalismo». Certo, «dopo le amministrative, se a Milano ci fosse una battuta d'arresto del centrodestra», l'exit strategy leghista potrebbe iniziare a prendere forma.