28 agosto 2025
Aggiornato 06:00
Caso Ruby

Dal Csm: accuse del Premier «inquietanti», democrazia rischia

Il vicepresidente Vietti rimanda al richiamo di ieri: «Parole gravi e infondate». Borraccetti: «Parole molto violente». Corder: «Basta conflitto infinito»

ROMA - Parole «inquietanti», «molto violente», che mettono «a rischio l'assetto democratico dello Stato». Sono preoccupate le reazioni che si registrano tra i consiglieri del Csm il giorno dopo il nuovo duro attacco del presidente del Consiglio ai pm di Milano che indagano sul caso Ruby. Accuse che piovono proprio mentre a Palazzo dei Marescialli il plenum è bloccato dalla protesta dei laici di centrodestra proprio su una pratica a tutela di un altro pm di Milano finito nel mirino del premier, impasse sbloccata soltanto con il rinvio del voto. Ma le nuove dichiarazioni di Berlusconi sconcertano non poco i rappresentanti dell'organo di autogoverno della magistratura che, seppure con toni diversi, comunque reagiscono.

Rimanda alle sue dichiarazioni di ieri il vicepresidente Michele Vietti, che aveva definito «grave e infondato» accusare i pm di «sovvertire l'ordine democratico». E a chi gli chiede se l'ultimo duro attacco di Berlusconi non richieda l'intervento del presidente della Repubblica, il numero due dell'organo di autogoverno delle toghe risponde: «Il capo dello Stato è presidente del Csm, il vicepresidente non può interloquire su quello che può fare e non fare».

Sono dichiarazioni «ingiuste e inquietanti», a giudizio del laico Guido Calvi (Pd) quelle affidate ieri da Berlusconi al nuovo videomessaggio: «Oggi la pratica a tutela di De Pasquale - osserva - rispetto alle sconvolgenti dichiarazioni di Berlusconi che meriterebbero sicuramente l'apertura di una pratica a tutela ma anche un intervento di censura da parte del Parlamento».

Un giudizio allarmato arriva anche dal togato Vittorio Borraccetti (Md): «Si tratta di dichiarazioni molto violente che si aggiungono ad una lunga serie di dichiarazioni offensive» da parte del premier. «Di ciò si dovrebbero preoccupare i cittadini perché un attacco frontale del presidente del Consiglio contro l'istituzione giudiziaria - prosegue - lede l'equilibrio tra i poteri previsto dalla Costituzione, delegittima la funzione giudiziaria e quindi mette a rischio l'assetto democratico dello Stato. In gioco - avverte ancora l'ex procuratore capo di Venezia - non è il prestigio della magistratura ma l'assetto della democrazia nel nostro Paese».

«Amarezza di fronte ad attacchi che portano ad un conflitto infinito» viene espressa dal togato Paolo Corder (indipendente) che esprime l'auspicio che «tutti, a cominciare da chi per primo attacca, facciano un passo indietro per riportare equilibrio nei rapporti tra le istituzioni». Di fronte però ad «attacchi continui», a giudizio di Corder «non si può lasciare la magistratura scoperta, bisogna tutelare la funzione giudiziaria». Un richiamo ai «rimedi» previsti dalla legge nel caso in cui vengano rilevati errori nel comportamento dei pm viene dal collega Roberto Rossi (Movimento per la giustizia), relatore della pratica a tutela di De Pasquale: «Punire i giudici - dice - non spetta al presidente del Consiglio ma alla sezione disciplinare del Csm se hanno commesso delle irregolarità...». «Inopportuno alimentare ulteriori polemiche politiche e un conflitto tra la politica e la magistratura» è il richiamo di cui si fa interprete il consigliere laico Niccolò Zanon (Pdl), che stigmatizza il comportamento di chi «butta il Csm nella mischia del conflitto».