18 aprile 2024
Aggiornato 16:30
Ddl intercettazioni

Il CSM: con i nuovi limiti problemi nella lotta alla mafia

Relazione al Parlamento sui problemi degli uffici giudiziari al Sud: «Assoluta insufficienza di mezzi»

ROMA - Ridurre la «possibilità di svolgere intercettazioni telefoniche» presenta «evidenti controindicazioni» per i magistrati impegnati nella lotta alla mafia. A lanciare un nuovo allarme sui rischi della riforma all'esame della Camera è il Csm che, nella relazione trasmessa al Parlamento dedicata ai problemi degli uffici giudiziari del Sud, tira le somme di tutte le questioni indicate da capi di Procure e Tribunali nel lungo lavoro preparatorio del corposo documento, una cinquantina di pagine.

L'«ostacolo principale» al funzionamento della giustizia nelle regioni del Sud, ovvero nelle «zone più interessate al fenomeno della criminalità di stampo mafioso», è - avverte il Csm nel documento approvato oggi all'unanimità dal plenum - «l'assoluta insufficienza di mezzi» con cui i magistrati che lavorano in quegli uffici si trovano a fare i conti. Ma ci sono anche «evidenti controindicazioni a talune prospettive di riforma del sistema processuale» avanzate, quali appunto «la riduzione della possibilità di svolgere intercettazioni telefoniche» ma anche «il ridimensionamento del ruolo del pubblico ministero nei suoi rapporti funzionali con la polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari».

Negli uffici del Sud alle prese con le inchieste sulla mafia, osservano ancora i consiglieri dell'organo di autogoverno della magistratura, ci sono problemi «particolari» da affrontare con interventi che diversi da quelli del resto d'Italia. E' qui, infatti, che si concentrano le «maggiori scoperture» negli organici, soprattutto nelle Procure (secondo i dati dello scorso gennaio mancano all'appello 1.128 magistrati, il 14%): «drammatiche» le situazioni in Sicilia (17%) e Calabria (20%), mentre più contenuti sono i vuoti d'organico in Puglia e Campania (10%); e sempre al Sud ci sono «sedi di dimensioni così ridotte da superare ogni razionalità». Il quadro è «grave», con i tempi dei processi che «non accennano a diminuire, anzi tendono talora a dilatarsi ulteriormente», tanto che «alcuni dibattimenti per vicende assai delicate si prolungano per anni con effetti destabilizzanti» anche per la stessa «credibilità dei relativi esiti».

Urgono quindi interventi «specifici» per far fronte alle difficoltà che gravano sui magistrati impegnati nella lotta alla mafia, i quali nonostante tutto sono riusciti a mettere a segno «significativi successi negli ultimi decenni». Ma la mafia ha «una straordinaria capacità di modernizzazione e rinnovamento», avverte ancora il Csm, sottolineando la necessità quindi di «una azione giudiziaria sempre più determinata e con caratteristiche di eccellenza», da realizzare mettendo in campo iniziative per «rinnovare le strutture della giustizia e adeguarle alla situazione da fronteggiare». Iniziative che chiamano in causa «una pluralità di attori: Parlamento, governo e Csm», ai quali spetta risolvere - tra gli altri - i problemi degli organici, quelli degli incentivi per coprire le sedi disagiate con magistrati «motivati ed esperti», e a mettere mano ad una revisione delle circoscrizioni giudiziarie «più irrazionali».