Intercettazioni, Alfano difende il ddl. Prudente Fini
Il Presidente della Camera: «Aspettiamo la conclusione dell'iter parlamentare». Toghe e stampa contro la «stretta». Scoppia caso «ddl corruzione»
ROMA - Gianfranco Fini invita alla prudenza nelle valutazioni sul ddl intercettazioni e suggerisce di aspettare che l'iter parlamentare sia terminato prima di condannarlo. Contemporaneamente, però, Generazione Italia, ennesima entità politica considerata vicina ai finiani, non perde l'occasione offerta dalla vicenda del ministro alla Sviluppo economico Claudio Scajola per pungolare il governo e chiedere dove sia finito il ddl anticorruzione approvato a marzo in Cdm. E questo basta a far parlare dell'ennesima rottura in seno alla maggioranza, con l'Idv da un lato che affonda sulla corruzione («Bene i finiani a chiedere che fine ha fatto il testo» dice il capogruppo idv alla Camera, Massimo Donadi) e con la federazione della Stampa dall'altro che legge nelle parole di Fini un richiamo al governo a lenire ancora la 'stretta sulla pubblicazione' che il ddl imporrà.
FINI «PRUDENTE» - Tutt'altri, invece, erano gli intenti della terza carica dello Stato, che oggi a Varese ha voluto, piuttosto che frenare la corsa del ddl, invitare alla «calma» nel dare giudizi negativi. «E' buona regola - ha detto infatti Fini in mattinata - non giudicare fino a quando non si è scritta l'ultima virgola» di un ddl. «Alcune critiche espresse al testo sulle intercettazioni - ha poi aggiunto la terza carica dello Stato - non hanno più motivo di esistere: il testo uscito dalla Camera è stato modificato in Senato su aspetti non irrilevanti sulla base anche di critiche espresse dall'Anm e da deputati della maggioranza e dell'opposizione. Aspettiamo che il testo esca dal Senato».
Eppure, il sindacato dei giornalisti, la Fnsi, ha letto nelle parole della terza carica dello Stato un «richiamo» al governo a lenire ancora la 'stretta sulla pubblicazione' che il ddl imporrà: il Presidente della Camera Gianfranco Fini, si legge nella nota della Fnsi, «è tornato a chiedere il pieno equilibrio tra diritto all'informazione e diritto alla privacy». In realtà, le parole di Fini erano piuttosto mirate a sottolineare che «non è giusto leggere sui giornali ciò che due persone si dicono al telefono e magari non sono nemmeno indagate, non c'entra nulla con il diritto-dovere della magistratura di appurare i reati e con il diritto dell'informazione».
LA «DIFESA» DI ALFANO - Se il presidente della Camera, quindi, non accusa e non difende, chi prende le parti del ddl intercettazioni è il ministro della Giustizia Angelino Alfano, convinto com'è che il nuovo testo «non sia affatto un bavaglio alla stampa» o una diminutio della 'potenza' dello strumento investigativo. «Le intercettazioni - ha detto Alfano a Effetto Domino, su La7 - ci sono sempre state e ci saranno ancora e la stampa potrà continuare a informare i cittadini sulle inchieste. Ci saranno ancora pubblicate sui giornali le notizie delle inchieste».
«Nessuno si è mai fatto carico di difendere i cittadini - ha sottolineato ancora Alfano - e nessuno segue mai l'articolo 15 della Costituzione, che garantisce la segretezza delle comunicazioni, perchè i cittadini, che sono 60 milioni, non hanno una lobby». Senza contare «quanto costano le intercettazioni senza controllo: secondo i dati in possesso del ministero aggiornati ha oggi - ha annunciato Alfano - abbiamo un debito con le ditte che eseguono le intercettazioni per conto delle procure di 500 milioni di euro».
PALAMARA - Di tutt'altro avviso il segretario dell'Anm, Luca Palamara: «il ministro - è la replica nel faccia a faccia di La7 finito in 'rissa politica' - non mi convince. Per noi quello delle intercettazioni è uno strumento che non va toccato, perchè solo grazie alle intercettazioni si sono fatte grandi indagini». Respinte anche le accuse di abnormità del sistema intercettativo: «solo una piccola parte di soggetti è intercettata: per esempio a Roma su 5 milioni di abitanti ci sono state solo 5mila utenze intercettate». Da Palamara, l'unica mano tesa verso Alfano riguarda proprio l'informazione: «è giusto - ha detto - evitare di divulgare quello che ai fini dell'indagine non è necessario: ovvero, se io intercetto un rapinatore non mi devono interessare i gusti sessuali di quel rapinatore».
DDL ANTI-CORRUZIONE - Se dunque sulle intercettazioni la posizione di Fini non è in contrasto con quella del resto di governo e maggioranza, dai finiani e da 'Generazione Italia' arriva comunque una stilettata all'esecutivo sul ddl anti-corruzione. «Dove è finito questo bellissimo e bipartisan ddl? Nessuno lo sa. Qualcuno lo tiri fuori dai cassetti e lo porti in Parlamento. E sia approvato in tempi rapidissimi, magari con il consenso dell'opposizione». L'affondo è però subito rintuzzato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Andrea Augello: «Il ddl anticorruzione, approvato lo scorso primo marzo dal Governo, è da lunedì alla firma del Presidente della Repubblica».
ASR: «SI UCCIDE IL DIRITTO DI CRONACA» - La Giunta dell'Associazione Stampa Romana ribadisce in un documento «la necessità di una forte mobilitazione contro il Ddl Alfano sulle intercettazioni, che di fatto decreta la morte del diritto di cronaca. In questo senso un primo importante momento è stata la manifestazione indetta dalla Fnsi il 28 aprile davanti al Senato, ma sarà una battaglia lunga e articolata».
«La Giunta dell'Asr - si legge ancora nella nota - chiede alla Fnsi di estendere e intensificare le iniziative a difesa della libertà di informazione e del diritto dei cittadini a essere correttamente informati. Occorre sottolineare e chiarire quale sia la posta in gioco di fronte all'introduzione di norme che si configurano come una vera e propria censura preventiva. Di fronte a questo attacco la Giunta della Asr sta valutando anche la possibilità di promuovere, sostenere e tutelare forme di disobbedienza civile. A breve - conclude il documento dell'organismo dirigente del sindacato dei giornalisti del Lazio - la Giunta esaminerà anche iniziative regionali nelle quali coinvolgere partiti, sindacati, associazioni e singoli cittadini in un fronte comune a difesa di un diritto-dovere costituzionalmente garantito e fondante di una compiuta democrazia».
LI GOTTI (IDV) - «Purtroppo il ministro della Giustizia non conosce il provvedimento oppure non conosce o non riesce a comprendere le modifiche al testo intervenute su proposta di maggioranza e governo. La verità è che il bavaglio è totale sino alla conclusione dell’udienza preliminare». Così il senatore Luigi Li Gotti, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Giustizia, commenta le dichiarazioni del ministro Alfano sul ddl di riforma delle intercettazioni.
«Per quanto riguarda il tema delle spese – aggiunge l’esponente IdV - l’80% dei costi è rappresentato dal noleggio delle apparecchiature per intercettare. Per quali motivi allora il Ministero non recupera i progetti che prevedono l’acquisto di queste apparecchiature? La questione è conosciuta da diversi anni e nella scorsa legislatura erano state avviate delle trattative per affrontare il problema – conclude Li Gotti – ma evidentemente il nuovo governo non è interessato e vuole tenere alti i costi delle intercettazioni solo per poterle abolire». p>
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