Un test «personale» per Berlusconi
Il Premier ci mette la faccia: «Alla fine conterà il numero dei cittadini amministrati»
ROMA - Che non sarebbe stato soltanto un voto regionale ma un «test nazionale», Silvio Berlusconi lo ha messo in chiaro il 16 febbraio, presentando le quattro candidate donna a governatore del Pdl. Doveva essere una delle poche tappe di una campagna elettorale che il premier aveva immaginato un po' più low profile del solito. Ma poi ci si è messo il caos liste (con il conseguente calo dei consensi) e una nuova inchiesta - quella di Trani - per le pressioni anti-Santoro su un commissario Agcom.
TEST PERSONALE - E da allora il presidente del Consiglio ha deciso di metterci la faccia, di fatto trasformando la consultazione in un test personale. Berlusconi ha prima «assolto» i dirigenti romani da ogni accusa di incapacità nella presentazione della lista (alla fine non ammessa) e poi costruito una campagna elettorale giocata sul binomio governo buono-giudici cattivi. Qualche comizio in giro per l'Italia, telefonate durante gli incontri elettorali, interventi televisivi a tappeto e, soprattutto, la manifestazione del 20 marzo a piazza San Giovanni: per ripetere - a più riprese - che i giudici hanno «dettato i tempi della campagna elettorale» e che se la sinistra tornasse al potere «saremmo tutti meno liberi». Ma anche per cercare di 'esorcizzare' quel fantasma dell'astensionismo che negli ultimi tempi ha cominciato ad aleggiare sempre più sulla sua testa.
LE RIFORME - Nel rush finale, tuttavia, Berlusconi ha messo sul piatto anche il tema delle riforme: quella della giustizia, certo, ma anche quella della Costituzione con l'introduzione dell'elezione diretta del premier o del presidente della Repubblica (a discrezione dei gazebo). Il premier ha quindi chiesto ai suoi elettori di dare, con il loro voto alle regionali, un «supporto al governo nazionale per operare nella direzione delle riforme». In pratica ha trasformato la consultazione in una elezione di «midterm», anche perché si tratta dell'ultimo grande test prima della scadenza naturale della legislatura nel 2013.
«CONTERA' IL NUMERO DEI VOTI» - Su come si valuterà la vittoria o meno, Berlusconi ha già messo le mani avanti spiegando che si parte da 11 regioni a 2 a favore della sinistra e che quindi ogni governo in più è una conquista. Poi, sottolineando anche che a contare alla fine sarà «il numero dei cittadini amministrati». In più, il premier ha aperto un fronte diretto con l'Udc che, nelle regioni in cui si presenta sola o con il Pd, rischia di essere decisiva. Ogni voto dato a loro - è il suo ragionamento - è un regalo alla sinistra.
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